Ciò che sta accadendo negli ultimi giorni pochi passi più in là dell’Unione Europea, in Bielorussia, è un vero e proprio incubo per migliaia di profughi afghani. Cosa c’è di più terribile per un essere umano dell’essere respinto, rifiutato? Le immagini della fuga disperata di uomini, donne e bambini dal proprio Paese all’indomani dell’insediamento del governo talebano è rimasta impressa nelle nostre menti, ma ora a sorprendere è l’atteggiamento di chiusura verso queste persone manifestato da diversi Stati europei.
“È sorprendente il divario tra i grandi principi proclamati e il non tener conto della fame e del freddo cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione”, aveva affermato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella pochi giorni fa in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2021-2022 dell’Università degli studi di Siena, facendo riferimento all’ostilità che oggi queste persone stanno vivendo è in contrasto con la filosofia di accoglienza fortemente sostenuta dai padri fondatori dell’Unione europea. E allora, dov’è finita la filosofia dell’accoglienza e della solidarietà sostenuta fortemente dai padri fondatori dell’Unione europea? La scelta compiuta dall’Ateneo di Siena, che oggi ospita alcune studentesse e studenti afghani, è esempio eloquente di apertura all’altro, un atteggiamento che peraltro può solo arricchire.
Maria Chiara Biagioni – “Bloccati per giorni al confine, i migranti non possono andare né avanti verso la Polonia perché ci sono i militari, né tornare indietro verso Minsk perché le autorità bielorusse non lo permettono. I giorni passano, i pochi soldi cominciano a finire e queste persone non hanno più niente da mangiare”. È la mancanza di cibo la grande emergenza che i migranti stanno affrontando al confine orientale della Bielorussia. A raccontarlo al Sir è il direttore della Caritas Bielorussia, don Andrei Aniskevich. Oggi (ndr) da Minsk, la Caritas e la Croce Rossa porteranno ai migranti gli aiuti che domenica scorsa sono stati raccolti in tutte le parrocchie cattoliche del Paese. “La Conferenza episcopale dei vescovi bielorussi – racconta don Andrei – ha lanciato una campagna di solidarietà in tutte le parrocchie del Paese, per raccogliere beni di prima necessità e soldi da devolvere alla Caritas della diocesi di Grodno con l’incarico di aiutare i rifugiati che si trovano al confine con la Polonia”. A causa delle temperature rigide invernali, i migranti hanno bisogno di coperte, vestiti caldi e scarpe. Ma è la mancanza di cibo quello che preoccupa gli operatori sul campo.
“La gente è bloccata e il cibo scarseggia”, dice il direttore Caritas. “Su questo fronte, si sono mobilitati anche i seminaristi di Grodno che, in questi giorni, si sono impegnati a confezionare pacchi con alimenti da portare alle famiglie al confine. Stiamo raccogliendo soprattutto cibo, preferibilmente a lunga conservazione, e prodotti per bambini”. “La risposta della gente all’appello dei vescovi è stata di grande generosità”, racconta ancora don Andrei. “Da diversi giorni è in corso una crisi senza precedenti con i migranti al confine bielorusso-polacco”, scrivevano i presuli, nel messaggio di lancio della campagna di solidarietà. “Le persone sono scappate dal Medio Oriente, compresi bambini e giovani, che si trovano attualmente in campi all’aperto, al confine dello Stato, in una situazione critica perché prive dei mezzi di sussistenza necessari. Soffrono la fame, il freddo, la mancanza di un riparo e di cure mediche di base. Come cristiani non possiamo essere indifferenti alla realtà della sofferenza umana, ricordando sempre le parole di Gesù Cristo: ‘Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Avevo sete e mi avete dato da bere: ero nudo e mi avete vestito. Quello che avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me’ ( Mt 25:35,40 ). È nostro dovere morale unirci alla causa per aiutare i migranti che si trovano attualmente al confine di Stato”.
Fonte Agensir