Stefano De Martis – Dopo un 2020 nel quale la pandemia ha reso sostanzialmente omogenei gli andamenti territoriali nel Centro-Nord e nel Sud, marcando una profonda differenza rispetto ai disallineamenti del passato, nel 2021 il Pil del Centro-Nord si attesterà a +6,8% mentre nel Sud crescerà del 5%. È la previsione contenuta nel Rapporto 2021 della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), presentato il 30 novembre (ndr) a Roma. Il rimbalzo ci sarà per l’intero territorio italiano – si sottolinea nel Rapporto – ma con il Mezzogiorno che resta comunque, pur in un quadro generalizzato di ripresa economica, meno reattivo e pronto a rispondere agli stimoli di una domanda che è legata soprattutto a due fattori: le esportazioni e gli investimenti.
Secondo la Svimez, nell’arco di un quadriennio l’impatto relativamente maggiore delle manovre di finanza pubblica e del Pnrr al Sud rispetto al Centro-Nord, dovrebbe impedire al divario di riaprirsi. Ma la debolezza dei consumi, conseguente alla dinamica salariale “piatta” (15,3% di dipendenti con bassa paga nelle regioni meridionali rispetto a 8,4% in quelle centro-settentrionali), al basso tasso di occupazione e all’eccessiva flessibilità del mercato del lavoro meridionale con il ricorso al tempo determinato per quasi 920 mila lavoratori meridionali (22,3% nel Sud rispetto al 15,1% nel Centro-Nord) e al part time involontario (79,9% al Sud contro il 59,3% al Centro-Nord), frenerebbe la crescita. La Svimez stima che, dopo lo sblocco dei primi licenziamenti da fine giugno, ci siano stati circa 10.000 espulsi dal mercato del lavoro, di cui il 46% concentrato nelle regioni meridionali. Di qui l’indispensabilità di un ruolo attivo della politica economica.
Fonte Agensir