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Commento al Vangelo, IV domenica di Avvento. Maria andò “in fretta” perchè la chiamata di Dio scombina i piani

Commento al Vangelo della IV domenica di Avvento, la visita di Maria ad Elisabetta

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano Clicca per visitare il sito 

IV domenica di Avvento
Mi 5,1-4; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1, 39-48

Dio viene nella piccolezza e nell’insignificanza…chi cerca il venire di Dio nella grandezza e nel trionfalismo non riconoscerà il Veniente! Questa via di Dio è via di speranza perché ci libera dalle nostre attese e dalle nostre prospettive: ci apre ad altro, all’ulteriore!

Maria ci insegna la via della pronta obbedienza e del rimanere: così voleremo alto, fuggiremo la mediocrità e riconosceremo la visita di Dio. Maranathà!

Nutrire la speranza… l’Avvento giunge ai suoi ultimi passi e per nutrire la speranza, per lottare per essa, la liturgia di questa domenica ci offre ancora uno strumento: la capacità di leggere la piccolezza e l’insignificanza mondane delle vie che Dio prende per incontrarci; chi cerca il venire di Dio nella grandezza e nel trionfalismo non riconoscerà il Veniente… la sue venuta non fa rumore per il mondo, come la prima anche quelle quotidiane e chi non si abilita a questo tipo di riconoscimento non si troverà nella verità e nell’umano dinanzi al ritorno del Figlio dell’Uomo, ritorno che è la grande attesa della Chiesa ed è il motivo più vero dell’Avvento… il mondo rimane indifferente dinanzi ad un  Dio che sceglie la via dell’umana insignificanza per parlare agli uomini e per cercare le vie del loro cuore. Questa via della piccolezza incredibile è via di speranza perché ci libera dalle nostre attese e dalle nostre prospettive per metterci in un’altra attesa (direi in un’attesa altra!) ed in un’altra prospettiva che contraddice la mondanità e ci spalanca all’imprevedibilità di Dio, ci spalanca al ritorno del Signore!

Allora si dischiude innanzi a noi tutto un mondo diverso, il mondo di un Dio che non resta imprigionato in schemi precostituiti. il mondo di un Dio che è contraddizione a tutte le immagini sfigurate di Dio che la religione degli uomini ha creato: non un Dio di una potenza smisurata ed inumana, non un Dio dei potenti e dei grandi, non un Dio che tuona minacce sulla storia e sui suoi indubbi peccati!

Ecco che la Santa Scrittura quest’oggi ci mostra la piccola Betlemme (prima lettura), il corpo fragile del Messia che si offre (seconda lettura) la visita del Verbo attraverso l’umile visita di una giovane madre (evangelo). Michea contrappone la piccolezza e l’insignificanza di Betlemme alla grandezza della salvezza che da essa uscirà, la potenza e l’estensione della pace che il Messia porterà alla piccola ed ormai dimenticata Betlemme… per l’evangelo ormai la città di Davide non è più Gerusalemme con la sua potenza e bellezza, ma Betlemme (cf. l’annunzio dell’angelo ai pastori in Lc 2, 4.11), Betlemme la città degli umili inizi di Davide. Nel testo evangelico Elisabetta riconosce la visita di Dio ed esulta di gioia di fronte alla voce della giovane madre di Nazareth che la saluta, in quella voce, in quel grembo incredibilmente gravido, Dio visita il mondo e lo salva riempiendolo di gioia. Così sullo sfondo della nostra ricerca della speranza che scende da Dio, si staglia la piccola e povera Betlemme ed il volto purissimo, ma insignificante per il mondo, della Vergine di Nazareth.

Ecco dove è Dio: non nelle grandiose costruzioni dell’uomo (siano esse pure il Tempio di Gerusalemme!), non nelle persone che contano e guidano la storia nei suoi grandi scenari! L’autore della lettera agli Ebrei ci parla di un corpo (cita il salmo 40 secondo la versione dei Settanta), il corpo di un Messia che scopre tremando che sua vocazione è quell’offerta di sé oscura ma piena, libera e d’amore, un’offerta che santifica, separa, riserva per Dio… il Natale che stiamo per celebrare è l’ora in cui si manifesta la grazia salvifica di Dio (cf. Tt 2,11) ma in una carne umana, in quel corpo di Cristo Gesù che fu offerta a Dio nella libertà e nell’amore.

Quest’ultima tappa dell’Avvento ci fa guardare al Messia che ritorna con una certezza da custodire nel profondo di noi stessi: Dio è vento a visitarci in un’umiltà inimmaginabile per ogni fantasia religiosa… questo Dio sovversivo ci visita così tutti giorni per riaccendere le speranze, anzi la speranza, per riempirci di esultanza, per farci danzare, come il Battista nel grembo di sua madre, una danza di gioia e libertà (gli schiavi non danzano perché devono conservare le forze per ben altro!) … una visita che però ha bisogno di essere riconosciuta in una piccolezza scandalosa!

La meta di questo Avvento ci dà per compagna di viaggio Maria, maestra dell’attesa, della speranza e della pazienza… nella scena della visitazione Maria ci dona due atteggiamenti che diventano essenziali per una vita cristiana di alto profilo, scevra da  mediocrità, per una vita aperta alla visita altra  di Dio: Maria andò in fretta… la chiamata di Dio scombina i programmi personali, provoca  a mettersi in viaggio ed in fretta … chi vuole essere segno di speranza vera in questo mondo che ha solo speranze a breve gittata, ha un’urgenza, quella dell’obbedienza pronta e coraggiosa alla Parola che viene a visitarci … Maria è beata perché ha creduto alla potenza di una Parola che l’aveva cercata, le aveva fatto grandi domande e le aveva proposto una storia nuova che sconvolgeva le sue attese; inoltre Maria restò con Elisabetta circa tre mesi, cioè fino al compiersi della gravidanza di lei … Maria attende il compimento e resta per quel compimento … la sua non è una compromissione limitata, Maria resta … quel “tre mesi” non ci inganni, non è il restare di una stagione, ma il restare per un compimento che si aprirà ad un altro compimento, tornata a Nazareth è pronta di nuovo a mettersi in gioco e parte per Betlemme con il suo sposo e lì si compiranno i giorni del parto …
Obbedienza pronta e coraggio di rimanere;
speranza e pazienza.
Obbedisce chi spera, rimane chi pazienta…

Se quest’anno abbiamo compiuto un cammino d’Avvento secondo le attese di Dio saremo cresciuti nella capacità di attendere da Dio, e solo da Lui, la salvezza, saremo cresciuti nella capacità di smettere di confidare in noi stessi per confidare in un amore che ci previene sempre e che non teme di cercarci nella nostra carne!

Il canto antico del Maranathà ci riempia il cuore e dia fuoco alla speranza: via coraggiosa per attraversare la storia in attesa di Lui!

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