Dal Tribunale Ecclesiastico interdiocesano delle Diocesi di Alife-Caiazzo, Teano-Calvi e Sessa Aurunca (TEI), giunge un nuovo contributo per comprendere meglio i servizi pastorali e giuridici da esso offerti in risposta alla riforma dei processi di nullità matrimoniale voluta da Papa Francesco (scarica la Lettera Apostolica).
Dopo la pubblicazione dell’articolo “Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano, impegno continuo e promozione della famiglia” (23 novembre 2021), il Vicario giudiziale Mons. Francesco Leone e Cancelliere del TEI don Francesco Pinelli si soffermano sui motivi che hanno portato la Chiesa ad affrontare in maniera nuova il tema dei processi matrimoniali, sulle fasi di un processo e sul fondamentale ruolo di accompagnamento alle coppie che rivestono i vescovi diocesani.
Il 3 febbraio 2022 a San Potito Sannitico sarà inaugurato il VI Anno giudiziario del TEI.
Il TEI di Teano (Ce), in questo primo quinquennio, ha continuato a prendere atto, a studiare, a considerare approfonditamente e ad attuare la legislazione di Papa Francesco, in ordine alle cause di nullità matrimoniali, che rappresentano l’onere processuale più esteso e più grave sostenuto dai Tribunali ecclesiastici.
Motivi ed esigenza di riforma
Sono ben risapute, anche presso il pubblico meno attento ai fatti ecclesiali, le motivazioni che restano alla base della necessità di dare nuova attuazione alla normativa già sapientemente espressa nel Codice del 1983.
La prima e più importante motivazione rimane sempre quella del bene dei fedeli, in quanto è stata “la preoccupazione della salvezza delle anime, che – oggi come ieri – rimane il fine supremo delle istituzioni, delle leggi, del diritto, a spingere il Vescovo di Roma ad offrire ai Vescovi questo documento di riforma [m. p. Mitis Iudex Dominus Iesus], in quanto essi condividono con lui il compito della Chiesa, di tutelare cioè l’unità nella fede e nella disciplina riguardo al matrimonio, cardine ed origine della famiglia cristiana” (proemio).
Papa Francesco inoltre fa notare che la spinta alla riforma delle norme processuali relative alle cause di nullità matrimoniale è alimentata soprattutto dal grande numero di credenti che desiderano dare serenità e certezza alla propria coscienza, in ordine al matrimonio da essi celebrato, ma troppo spesso nel passato venivano scoraggiati dall’accedere agli uffici giuridici ecclesiastici sia perché molto distanti dalla sede del Tribunale sia perché non sempre la giustizia della Chiesa dimostrava quella agilità e legittima celerità nella trattazione delle procedure canoniche, a cui si aggiungeva anche la fatale diceria, più o meno smentita dai fatti, delle enormi spese che bisognava affrontare per ottenere una congrua ed adeguata difesa di parte.
A sfatare tale diceria hanno provveduto, da circa 30 anni a questa parte, gli importanti interventi della CEI, attraverso sagge ed adeguate norme amministrative, calibrate su ragioni di giustizia, che danno a ciascuno il suo.
Le sollecitazioni sinodali
Già i due Sinodi sulla famiglia, celebrati negli anni 2014 e 2016, avevano messo in evidenza e richiesto la possibilità di adottare procedure più flessibili, al fine di impostare processi più agili e anche più semplici, senza nulla togliere al dovuto rispetto ed adempimento del fondamentale diritto alla difesa, che non deve mai essere sorvolato o trascurato dall’organo giudicante, per motivi di ordine naturale e anche teologico.
Proprio in risposta a tali sollecitazioni dei Pastori delle Chiese particolari, il supremo Legislatore ha deciso, tra l’uno e l’altro Sinodo, di dare nuove disposizioni e norme, per favorire “non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio” (ibidem).
Da non dimenticare che il Papa ha confermato la via giudiziale per la trattazione delle cause matrimoniali, lasciando alla via amministrativa soltanto i processi di dispensa e quelli previsti dalla normativa codiciale e interna ai vari organismi giurisdizionali della Chiesa.
Il TEI tratta sia i processi matrimoniali secondo la procedura ordinaria sia quelli inviati alla trattazione breviore, lasciando così – per questo secondo tipo di procedura – piena facoltà ai Vescovi diocesani di poter svolgere il compito e l’ufficio giudiziale, che ad essi spetta per diritto divino, e perciò per diritto nativo della stessa potestà episcopale, che si esprime non solo in ordine a quella legislativa ed esecutiva, ma nella forma più grave ed impegnativa della potestà giudiziale della Chiesa, che è tenuta a prendere decisioni sia per quanto riguarda i diritti delle persone fisiche e giuridiche sia circa fatti particolari da dichiarare, fino all’ultimo intervento in ordine a delitti che richiedono l’applicazione o la statuizione di pene peculiari (can. 1400 CIC).
Sono gli stessi Vescovi ad essere giudici delle cause che vengono deferite al foro ecclesiastico di loro competenza.
Infatti il Papa desidera, in ottemperanza della dottrina conciliare sull’ufficio pastorale del Vescovo, che risulti evidente come il pastore e il capo della Chiesa locale è allo stesso tempo anche il naturale giudice della comunità dei credenti, che è stata a lui affidata.
A tale scopo, sia nelle diocesi più estese e numerose di fedeli che in quelle più piccole, si chiede ai Vescovi di offrire dei segni tangibili di “conversione” degli uffici curiali e delle strutture ecclesiali, che devono essere in grado di svolgere, sotto la guida e alla luce delle disposizioni episcopali, i vari compiti relativi alla funzione giudicante.
Il processo breviore
Si ribadisce che ciò vale soprattutto per il processo più breve, che va svolto direttamente nella propria diocesi o anche in quelle viciniori, dotate di Tribunale proprio o anche interdiocesano.
È stata formulata una procedura più agile per il processo matrimoniale, detto “processo breviore”, quasi sul tipo di quello documentale, già previsto dal codice vigente.
Detta procedura dev’essere applicata in casi particolari, dai quali si evince in modo quasi lampante ed evidente che il matrimonio ha avuto un inizio poco chiaro, dubbioso e traballante, per cui con argomenti prossimi e di facile dimostrazione è possibile raggiungere la certezza morale della nullità del matrimonio, di cui si rende interprete e garante il Vescovo diocesano che è stato direttamente chiamato in causa, perché non venga ad essere messo in pericolo il principio e la proprietà fondamentale dell’indissolubilità del vincolo, sia quello naturale e ancora di più quello sacramentale, che i fedeli assumono attraverso il consenso espresso alla presenza del parroco o di un suo delegato, nella forma solenne di un atto giuridico liberamente voluto dalle parti e di seguito anche avallato dalla trascrizione civile, come da particolari intese pattizie e secondo altri usi e costumanze.
Il Vescovo deve essere, insieme con il Papa, il migliore e maggiore garante della fede del Popolo di Dio, riguardo ai sacramenti e all’osservanza della disciplina che regola la liturgia della Chiesa, in particolare quella relativa alla celebrazione nuziale.
Il diritto di appello
L’attuale normativa ha evidenziato anche l’importanza della sede metropolitana e della persona stessa del Metropolita, che riceve gli appelli a lui presentati dalle parti interessate, a tutela dei propri diritti, che si ritengono non essere stati del tutto esauditi nel primo grado di giurisdizione.
Senza pregiudicare l’appello alla Rota Romana, nel secondo grado di giudizio, le cause vengono perciò trasmesse a Napoli, centro della provincia ecclesiastica e sede del Metropolita.
Con ciò si è voluto rivalutare e ripristinare non soltanto l’ufficio giudiziale di chi sta a capo di detta provincia, ma anche il principio che il cammino della Chiesa procede sempre in forma unitaria, comunitaria e propriamente sinodale.
Da quanto fin qui esposto discende, quasi per via naturale, che le Conferenze episcopali, e per noi quella campana, spinte “dall’ansia apostolica di raggiungere i fedeli dispersi, avvertano fortemente il dovere di condividere la predetta conversione, e rispettino assolutamente il diritto dei Vescovi di organizzare la potestà giudiziale nella propria Chiesa particolare.
Il ripristino della vicinanza tra il giudice e i fedeli, infatti, non avrà successo se dalle Conferenze non verrà ai singoli Vescovi lo stimolo e insieme l’aiuto a mettere in pratica la riforma del processo matrimoniale” (proemio, VI).
Esse devono perciò curare e sostenere non solo la prossimità del giudice ai fedeli che si rivolgono ai vari Tribunali ecclesiastici, ma anche la giusta e dignitosa retribuzione dei loro ministri.
Infine, alle Conferenze dei Vescovi spetta anche assicurare “la gratuità delle procedure, perché la Chiesa mostrandosi ai fedeli madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza delle anime, manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati” (ibidem).
Tali sono state le motivazioni principali che hanno guidato il Papa e i Vescovi a dare un nuovo corso processuale alla problematica matrimoniale, antica e sempre nuova, che chiama in causa la Chiesa, sia perché di natura sacra, religiosa e teologica, ma anche perché fragile e oggi insidiata da nuove sorprendenti pretese.
Il TEI di Teano si premura di rivolgere cordiali e santi auguri natalizi agli Ecc.mi Vescovi di Sessa Aurunca e Teano – Calvi, come pure a tutti i parroci delle tre Diocesi, ai confratelli, ai diaconi permanenti, ai religiosi e alle religiose, nonché a tutte le persone consacrate, ai Consultori e Uffici di pastorale familiare diocesani, che zelano nelle loro attività una particolare attenzione al bene e alla santità della famiglia.
Su tutti, una particolare benedizione dalla Regina della Famiglia, Specchio di Giustizia e Aiuto dei cristiani.
Mons. Don Francesco Leone, Don Francesco Pinelli