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Battesimo del Signore, commento al Vangelo. Tra Dio e l’uomo sconfitta ogni distanza

Battesimo del Signore - Anno C

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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Pietro di Cristoforo Vannucci, detto Il Perugino (1448-1523) e aiuti, Battesimo di Cristo, 1482, Cappella sistina, Città del Vaticano

Battesimo del Signore
Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22

Questa domenica conclude, con grandissime prospettive, il Tempo di Natale e ci proietta in quel cammino quotidiano che la liturgia della Chiesa sottolinea come “Tempo ordinario” che non è un tempo “minore”, di minore importanza, ma è la nostra vita appunto “ordinaria” qualcosa, dunque, di grande importanza!

Questa domenica del Battesimo del Signore ci ripresenta, come una grande sinfonia, tutti i temi che, in qualche modo, abbiamo udito e contemplato nei giorni del Natale.

Risentiamo oggi le parole della consolazione per bocca del Profeta Isaia; infatti, la presenza di Gesù, il Figlio eterno fatto carne, vicinanza estrema di Dio, è davvero consolazione per le vie dolorose della storia, è davvero via dritta e spianata per giungere alla nostra piena umanità, come ha scritto Paolo nel bellissimo testo della Lettera a Tito che abbiamo ascoltato anche nella Notte del Natale: «È venuto ad insegnarci a vivere in questo mondo»… è questa la via della rivelazione cristiana per giungere a Dio:la via dell’uomo!

E il Figlio si immerge nelle acque torbide del nostro peccato, uomo tra gli uomini, infinitamente santo, ma in fila con i peccatori, Signore della storia, ma sottomesso alla mano del Battista!

Ora di grazia questa discesa nel Giordano, ora di grazia per noi uomini, ora di grazia per lo stesso Gesù che qui termina il suo percorso, diremmo oggi, di discernimento, nella ricerca della sua identità; ora di grazia per Lui che riceve dal Padre quella parola rivelativa: «Tu sei il mio Figlio, l’amato, in te mi sono compiaciuto».

Finalmente qui Gesù sa pienamente la sua identità di Figlio e la sua missione di salvezza che già il suo stesso solo nome portava. “Gesù” è in ebraico Jeoshuah che vuol dire proprio “Il Signore salva”. Con Gesù dalla nostra parte, in fila con i peccatori fino a diventare egli stesso “peccato” (cf. 2Cor 5,21) appeso alla croce, inizia per noi uomini un tempo nuovo, un tempo di consolazione e di possibilità di vita altra, tempo di compagnia piena e definitiva di Dio. In Gesù si manifesta la vicinanza estrema di Dio alla storia e ad ogni uomo!

Nel passo di Luca che oggi si ascolta è impressionante un contrasto: il Battista, per dichiarare senza mezze misure di non essere lui il Cristo, sottolinea una infinita distanza tra lui stesso e quel Veniente che battezzerà in Spirito Santo e fuoco; dirà, infatti: «Non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali». Dio invece, in quel Figlio sceso nel Giordano, grida la sua vicinanza all’uomo e alla storia!

Al Giordano Dio finalmente si rivela per quello che è: Padre e Figlio e Spirito Santo! Così la terra è raggiunta dalla voce del Padre, dalla carne del Figlio, dalla discesa dello Spirito «in forma corporea»; forte richiamo questo alla corporeità dell’uomo il quale lì, nella sua carne, dovrà dare accesso a Dio, al suo Soffio rinnovatore.

Se il primo Adam si era nascosto da Dio e i cieli si erano chiusi (cf. Gen 3,8.24) quest’ultimo Adam, Cristo Gesù, si spalanca a Dio nella preghiera e i cieli si aprono sulla storia degli uomini! Luca annota con sottigliezza, infatti, che la manifestazione di Dio avviene dopo il Battesimo e mentre Gesù pregava.

“Pregava” … sì, è solo nella preghiera che il nostro essere figli si fa chiaro e può dipanarsi come vita altra, vita di figli e non di schiavi, vita nella storia, vita «in questo mondo»!

La preghiera è l’atmosfera in cui il battezzato può sopravvivere come figlio! Senza questo “respiro” di vita che è la preghiera, pure se “nati” nel Battesimo, si muore soffocati quali figli di Dio!

Gesù di Nazareth nel “respiro” della preghiera scopre il suo vero volto di Figlio ascoltando la voce del Padre; nella preghiera permette ai cieli di aprirsi di nuovo per la storia… il “grido” di Isaia (63,19) riceve finalmente risposta: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».

La teofania del Giordano ci dice che i cieli ormai sono aperti: il Figlio è venuto nella nostra carne, lo Spirito di Dio aleggia di nuovo sulle acque per una nuova creazione (cf. Gen 1,2), la voce del Padre risuona colma di tenerezza e di compiacimento per l’uomo! Ora davvero tutto è possibile all’uomo amato da Dio!

Il Figlio amato sceglierà liberamente e per amore di pagare un prezzo per donarci la santità che è, non stanchiamoci mai di ripeterlo, piena umanità! Il Figlio di Dio, che abbiamo contemplato nella mangiatoia di Betlemme, oggi lo contempliamo “affogato” nelle acque del Giordano sporche del peccato dell’uomo che il Battista immergeva per la conversione, ma lo contempleremo ancora confitto al legno dei maledetti (cf. Gal 3,13) per portare a pieno compimento la sua scelta di essere “con noi”!

Gesù, nel suo amore, ci ha davvero immersi in Spirito Santo e fuoco nel giorno del nostro Battesimo; in quel giorno santo per ognuno di noi ci è stato fatto un grande dono: Dio, in Gesù, ci ha fatti suoi e ha acceso in noi un fuoco che brucia tutto ciò che di Dio non è e ci fa ardere di quell’amore capace di dare la vita! Il solo vero amore perché vero amore è solo quello che dona la vita!

Vivere da battezzati è questo! Essere figli nel Figlio ardenti del fuoco di Dio!
È questo il fuoco che dovrebbe scaldare e rinnovare il mondo.
I santi lo hanno fatto e lo fanno!

 

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