M. Michela Nicolais – “La vita non è tutta qui, noi siamo ciò che desideriamo”. Nell’omelia della messa dell’Epifania, presieduta nella basilica di San Pietro, il Papa è partito dai magi per svelarci il segreto della vita, in una società dove “ancora oggi, tanti Erode seminano morte e fanno strage di poveri e di innocenti, nell’indifferenza di molti”: “saper desiderare”, per non cadere vittima della “bulimia di comunità che hanno tutto e spesso non sentono più niente nel cuore. Persone chiuse, comunità chiuse, vescovi chiusi, preti chiusi, consacrati chiusi. Comunità tristi, preti tristi, vescovi tristi”. “La mancanza di desiderio porta alla tristezza e all’indifferenza”, il monito di Francesco: “a volte noi viviamo uno spirito di parcheggio, viviamo parcheggiati, senza questo slancio del desiderio che ci porta più avanti”.
Desiderare, invece, “significa tenere vivo il fuoco che arde dentro di noi e ci spinge a cercare oltre l’immediato, oltre il visibile. È accogliere la vita come un mistero che ci supera, come una fessura sempre aperta che invita a guardare oltre, perché la vita non è tutta qui, è anche altrove. È come una tela bianca che ha bisogno di ricevere colore”.
“Proprio un grande pittore, Van Gogh, scriveva che il bisogno di Dio lo spingeva a uscire di notte per dipingere le stelle”, l’esempio scelto del Papa: “Sì, perché Dio ci ha fatti così: impastati di desiderio; orientati, come i magi, verso le stelle.
Noi siamo ciò che desideriamo. Perché sono i desideri ad allargare il nostro sguardo e a spingere la vita oltre: oltre le barriere dell’abitudine, oltre una vita appiattita sul consumo, oltre una fede ripetitiva e stanca, oltre la paura di metterci in gioco, di impegnarci per gli altri e per il bene”.
“La nostra vita è una ginnastica del desiderio”, la frase presa a prestito da Sant’Agostino: “il viaggio della vita e il cammino della fede hanno bisogno di desiderio, di slancio interiore. Ne abbiamo bisogno come Chiesa”.
“La crisi della fede, nella nostra vita e nelle nostre società, ha anche a che fare con la scomparsa del desiderio di Dio”, la tesi di Francesco: “Ha a che fare con il sonno dello spirito, con l’abitudine ad accontentarci di vivere alla giornata, senza interrogarci su che cosa Dio vuole da noi. Ci siamo ripiegati troppo sulle mappe della terra e ci siamo scordati di alzare lo sguardo verso il cielo; siamo sazi di tante cose, ma privi della nostalgia di ciò che ci manca”. “È triste quando una comunità di credenti non desidera più e, stanca, si trascina nel gestire le cose invece che lasciarsi spiazzare da Gesù, dalla gioia dirompente e scomodante del Vangelo”, il monito del Papa: “È triste quando un sacerdote ha chiuso la porta del desiderio; è triste cadere nel funzionalismo clericale, è molto triste”.
“A che punto siamo nel viaggio della fede?”, la domanda da porsi: “Non siamo da troppo tempo bloccati, parcheggiati dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita? Le nostre parole e i nostri riti innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono lingua morta che parla solo di sé stessa e a sé stessa?”.
I magi ci insegnano che “bisogna sempre ripartire ogni giorno, nella vita come nella fede, perché la fede non è un’armatura che ingessa, ma un viaggio affascinante, un movimento continuo e inquieto, sempre alla ricerca di Dio”.
I magi, inoltre, “ci insegnano che abbiamo bisogno di interrogativi, di ascoltare con attenzione le domande del cuore, della coscienza; perché è così che spesso parla Dio, il quale si rivolge a noi più con domande che con risposte”.
“Ma lasciamoci inquietare anche dagli interrogativi dei bambini, dai dubbi, dalle speranze e dai desideri delle persone del nostro tempo”, la proposta di Bergoglio, secondo il quale i magi ci insegnano che “abbiamo bisogno di una fede coraggiosa, profetica, che non abbia paura di sfidare le logiche oscure del potere e diventi seme di giustizia e di fraternità”.
I magi, infine, ritornano “per un’altra strada”, cioè “ci provocano a percorrere strade nuove, per portare il Vangelo al cuore di chi è indifferente, lontano, di chi ha perduto la speranza ma cerca quello che i magi trovarono, una gioia grandissima”.
No alla “dittatura dei bisogni” e alla “tristezza di una vita piatta”, si invece alla preghiera di adorazione: “Lì avremo la certezza, come i magi, che anche nelle notti più oscure brilla una stella. È la stella di Gesù, che viene a prendersi cura della nostra fragile umanità. Mettiamoci in cammino verso di Lui. Non diamo all’apatia e alla rassegnazione il potere di inchiodarci nella tristezza di una vita piatta. Il mondo attende dai credenti uno slancio rinnovato verso il cielo. Come i magi, alziamo il capo, ascoltiamo il desiderio del cuore, seguiamo la stella che Dio fa splendere sopra di noi. Come cercatori inquieti, restiamo aperti alle sorprese di Dio. Sogniamo, cerchiamo, adoriamo. Anche nelle notti più oscure brilla una stella”.