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Giornata del Malato. Cure palliative, una possibilità da rendere concreta. Anche a Piedimonte Matese un reparto

La Giornata del Malato spinge a riflettere sulle cure palliative e sulle terapie del dolore. La Legge 38 ne stabilisce i criteri di erogazione, ma cosa manca perché essa venga messa in pratica?

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Giovanna Corsale – La Giornata mondiale del malato, che ricorre oggi (11 febbraio), è l’occasione per riflettere sull’importanza delle cure palliative, argomento sotto i riflettori dell’opinione pubblica, chiamato in causa da Papa Francesco e dai vescovi italiani e oggetto di provvedimenti introdotti dal Ministero della Salute. Le terapie e le cure finalizzate a garantire accompagnamento e sollievo alle persone all’ultimo stadio della malattia costituiscono il nucleo tematico della Legge 38, che stabilisce i criteri per l’erogazione delle cure palliative e in Italia in vigore da dodici anni. Questa Legge, la cui validità è riconosciuta anche da altri Paesi dell’Unione Europea, ad oggi non ha trovato ancora attuazione nella quotidianità.

L’era della pandemia ha ulteriormente stimolato la discussione intorno alle lacune che la Legge 38 possiede, vuoti che occorre “riempire di contenuti”, come afferma Gino Gobber, presidente della Società italiana di cure palliative. In primis, bisognerebbe completare le reti regionali “costituite oggi secondo una recente ricognizione effettuata dall’Agenas da 307 hospice, di cui 7 pediatrici” e l’emergenza sanitaria è il momento propizio e “irripetibile per dare una svolta”. A cominciare dall’inverno del 2020, da quando le terapie intensive e le rianimazioni lanciavano il loro “grido di allarme”, sia il Governo che le società scientifiche hanno cercato di dare maggiore risalto alle cure palliative. Ricordiamo i due decreti sulla ripartenza, contenenti “dei provvedimenti importantissimi: uno che ha istituito la scuola di specialità e un altro che ha dato mandato alle Regioni di completare le reti“.

A che punto sono le reti nelle Regioni? Le reti necessitano sicuramente di essere completate e, a tal proposito, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali “ha appena effettuato una ricognizione sulle reti regionali e c’è il Ministero della Salute che ha condotto una survey sulla numerosità dei medici e degli infermieri impiegati nelle cure palliative”, prosegue Gobber. Altro problema è quello della carenza di personale, anche per la Scuola di specialità di cure palliative, istituita nel 2020, ma ancora inattiva: “Abbiamo per ora tre cattedratici: Augusto Caraceni, Marco Maltoni e Graziano Onder. Abbiamo bisogno di investire molto nel periodo di pre-laurea e che partano le scuole di specialità. La missione 6 del Pnrr investe 900 borse di studio in più per la scuola di medicina generale per tre anni e in generale tutte le scuole di specializzazione gioveranno dell’aumento mentre noi no. Corriamo il rischio di non essere al passo con le necessità dei tempi, nonostante tutti le abbiano riconosciute”.

Il tema “cure palliative e terapia del dolore”, sebbene in linea generale sia ancora in una fase di start up, da diversi anni viene attenzionato dall’equipe dell’Ospedale civile di Piedimonte Matese. Diversi i momenti di approfondimento e studio relativi al delicato argomento sono stati organizzati negli scorsi anni e l’allestimento di uno spazio riservato all’assistenza dei pazienti che necessitano di trattamenti palliativi del dolore. L’esempio offerto dal Nosocomio matesino è espressione di una sensibilità diffusa in Italia, eppure qualcosa manca ancora, come il ritardo nell’ambito delle cure per i bambini. Da questo punto di vista, a che punto siamo? “Il quadro non può ancora dare soddisfazione ma la situazione è cambiata molto negli ultimi anni”, rassicura il presidente Gobber.

E che dire del suicidio assistito? Il ddl a esso relativo è tornato alla ribalta in Parlamento e il prossimo 15 febbraio la Consulta si esprimerà circa il referendum, un tema che chiama in causa la sfera morale della persona e per il quale, dunque, non è possibile una posizione univoca.

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