Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)
I domenica di Quaresima – Anno C
Dt 26, 4-10; Sal 90; Rm 10, 8-13; Lc 4, 1-13
Al principio della Quaresima i passi della Santa Scrittura che ci vengono proclamati in questa domenica sono di grande consolazione; sono davvero pane di fortezza per il cammino che abbiamo appena intrapreso da qualche giorno anche in questo anno: il testo tratto dal Deuteronomio, mentre ci ricorda la nostra condizione di schiavitù, quella da cui proveniamo, ci ricorda anche che ne siamo stati liberati; già oggi la Scrittura ci canta quell’Esodo verso la libertà che Cristo Gesù ha iniziato per noi e con noi nella sua Pasqua. È come se la Scrittura oggi volesse rassicurarci sull’esito del nostro percorso: una terra di vera libertà! Come Israele anche noi siamo invitati a presentare a Dio le primizie di quella terra di libertà: la giustizia, la condivisione, la pace, l’amore vicendevole, in una parola, l’uomo nuovo, quello creato in Cristo Gesù.
Paolo nel brano della Lettera ai cristiani di Roma che oggi passa nella liturgia ci proclama anch’egli con forza che chi aderisce a Cristo non resterà deluso; Cristo con la sua parola ci è davvero vicino in questa lotta per l’uomo nuovo!
Il racconto delle tentazioni è ancora narrazione di una vittoria di Cristo, vittoria per noi, vittoria anche per quelle volte che nella lotta restiamo a terra sconfitti; in quei giorni cattivi di lotta perduta, in cui la tentazione l’avrà vinta su di noi, è necessario che non rimaniamo prostrati nella polvere ma che alziamo il nostro sguardo su Gesù che ha vinto anche per noi, anche per quei giorni cattivi.
L’Evangelo oggi ci invita appunto a tenere «fisso lo sguardo su Gesù» (Eb 12,2), sulla sua vera umanità senza sconti, quell’umanità che ha subito ogni nostra tentazione (cfr Eb 4,15): spinto nel deserto da quello Spirito nel quale aveva udito la voce del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l’amato!» (Lc 3,22), Gesù va nel deserto, in una solitudine in cui ci sia solo lui e Dio, ma scopre abitata anche dalle dominanti mondane che emergono pure in lui e che vorrebbero dividerlo dal Padre. Il divisore (non a caso Luca definisce così il nemico: il diavolo, appunto il divisore) cerca di insinuare in Gesù il dubbio sulla sua filialità divina e lo sfida a cercare delle prove, lo sfida ad uscire dalla fede per nutrirsi di pretese evidenze. Gesù però si riconduce sempre ad una fede che si nutre della Parola, senza pretese di visioni o di prove; l’unica prova che Gesù accoglie è per se stesso: la prova della fedeltà totale al Padre, costi quel che costi.
La tentazione di divisione percorre prima le strade brutali dei bisogni elementari: la fame; la risposta di Gesù proclama che c’è altro che sazia la fame dell’uomo: la Parola di Dio; poi la tentazione imbocca la strada del possesso che rassicura ma a prezzo di una avvilente idolatria; e Gesù non si prostra davanti a Satana: il Figlio amato dal Padre, in modo stupefacente, si inginocchierà solo dinanzi a poveri uomini da amare e a cui laverà i piedi in un dono d’amore fino all’estremo (cf. Lc 22,27 da cui certamente deriva la scena della lavanda dei piedi in Gv 13,1 e ss.).
Il divisore infine imbocca la strada della tentazione la più sottile, quella della religione; il culmine delle tentazioni per Luca è questa tentazione che è ambientata nientedimeno che nel Tempio, il luogo santo per eccellenza! Gesù è tentato di disumanizzarsi e dividersi dal Padre attraverso le vie perverse di una religione del meraviglioso, del dominio sugli uomini che salta la libertà della fede e li costringe in una adorazione piena di paura perché nata dalla paura. Gesù al divisore grida il suo no. Non si deve tentare Dio per usarlo per i propri scopi! Per Luca il luogo culmine di ogni tentazione è proprio la religione!
A Gesù, che nel battesimo al Giordano, ha scoperto la vertigine della sua identità (è il Figlio amato!), la tentazione chiede di saltare l’umano, di farne a meno; se è il Figlio può saltare la fatica di essere uomo e può fare pane dalle pietre; se è Figlio di Dio può saltare i limiti dell’umano e possedere tutto; se è Figlio di Dio può usare i poteri di Dio e sottomettere con la paura del miracolo tutti gli uomini! La tentazione contrasta così lo straordinario dell’incredibile via che Dio ha scelto: quella dell’incarnazione! Se Gesù saltasse l’umano vanificherebbe l’incarnazione! Se saltasse l’umano non immetterebbe nell’umano, in ogni uomo, questa possibilità di lotta e di vittoria!
Gesù resta sottomesso nell’amore al Padre…è veramente il Figlio in cui il Padre può deporre ogni gioia e compiacimento… si appresta a percorrere la strada di obbedienza, di libertà ed amore con cui potrà narrare nella sua carne il Padre tenerissimo, la sua misericordia, il suo primato.
Il divisore promette di tornare, e lo farà fino alla croce usando, usando la voce degli astanti; lì ancora cercherà di insinuare nel Crocifisso il dubbio sulla sua vocazione e identità: «Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto!» (Lc 23,35). Ecco che Luca ci narra l’ultima vittoria di Gesù sull’ultima, estrema tentazione ponendo, come ultime parole sulle labbra del Crocifisso, una citazione del salmo 31 ma con un vocativo assente nel salmo: Padre. «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!» (Lc 23, 46). Così il Crocifisso confessa ancora umilmente la sua qualità di Figlio, rimane nella fede consegnandosi, al buio, in mani paterne che non pretende di vedere.
La vittoria di Gesù sulla tentazione, vittoria che è costata il suo sangue, immette nella nostra fragilità una vittoria che ormai ci appartiene; non è una vittoria moralisticamente esemplare, è una vittoria per noi, una vittoria che ci dà la forza di lottare, certamente in modo costoso, ma con piena fiducia in un esito che ci sarà donato al di là di ciò in cui davvero vinceremo.
L’ultima domanda del Padre nostro è allora fondata non su una vaga speranza ma su una speranza certa: nella tentazione possiamo davvero essere liberati dal male (cf. Mt 6,13).
Coraggio per la lotta e buona Quaresima!