Andrea Zaghi – “Conosco bene gli ucraini e conosco bene anche i russi. E posso dire che entrambi questi popoli stanno soffrendo per la guerra. Ma posso anche dire che questa guerra ha cambiato molto l’Ucraina”. Teresa Matyja, suora salesiana di Maria Ausiliatrice, parla al telefono da Odessa con una voce dolce ma ferma e precisa, e racconta di una città assediata dove la speranza di vincere non è stata cancellata. “Viviamo nel centro di Odessa – dice -, siamo in tre: due polacche e una slovacca. Siamo rimaste perché ci è parso doveroso fare così: la gente qui ha bisogno di noi, di una presenza della Chiesa. Parlo dei civili ma anche dei militari”.
Le suore svolgono così in città compiti di assistenza e soccorso. “Aiutiamo gli ospedali, le famiglie, i soldati, gli orfanotrofi. Due di noi svolgono anche un servizio di volontariato presso la Caritas. Ogni giorno andiamo nella nostra chiesa parrocchiale, anche se è nella zona più pericolosa, quella vicino al porto”. Le suore, poi, ospitano ancora due giovani studentesse che lavorano di giorno negli ospedali. “Uno dei nostri compiti – dice suor Teresa -, è quello di raccogliere i viveri e gli aiuti che ci arrivano per poterli poi redistribuire”. Odessa, infatti, dopo i primi giorni che pare siano stati i più difficili, beneficia comunque ancora di un flusso quasi continuo di rifornimenti dalla Polonia, dalla Moldavia e dalla Romania. “Certo – spiega – è sempre più difficile far arrivare gli aiuti, ma siamo sostenute dalla Chiesa polacca oltre che dalle organizzazioni umanitarie”. Attorno alla presenza della Chiesa e dei salesiani in particolare, in città ruota un’organizzazione di civili che si dedicano in particolare al lavoro negli ospedali e per l’infanzia.
Ma come si vive in città? “Odessa – spiega suor Teresa -, è ben preparata. La città per ora non è stata distrutta dai bombardamenti. Molte persone sono andate via, ma la gran maggioranza degli abitanti è ancora qui. Certo, si sentono spari ed esplosioni. Gli allarmi notturni sono numerosi. Non credo comunque che i russi possano arrivare dal mare, piuttosto forse da due strade via terra”. La guerra comunque incombe sul lavoro della Chiesa e dei civili. “Ci è stato chiesto – racconta – ancora recentemente, e anche dalla nostra Madre Generale, se abbiamo paura e se desideriamo andare via. Certo che abbiamo paura, ma riteniamo che il nostro posto sia qui”. C’è comunque l’incognita di un’eventuale conquista della città da parte dell’esercito russo. “È un’eventualità che non abbiamo preso in considerazione. Non sappiamo cosa faremo”, spiega suor Teresa che aggiunge: “In città, comunque tutti sono convinti che l’Ucraina vincerà”. Proprio la guerra e il cambiamento repentino che ha provocato, spinge però suor Teresa a considerazioni che vanno oltre la cronaca di questi giorni. “È tanti anni che lavoro con i paesi dell’ex Unione Sovietica -, spiega -.
La mia prima destinazione, dal 1993 al 2003, è stata proprio Odessa; poi sono stata in Polonia, poi dopo un periodo di studio in Italia, sono andata in Georgia dove sono arrivata nei giorni della guerra, da lì nel 2014 sono andata a Mosca e nel 2018 sono tornata qui a Odessa”. Suor Teresa quindi precisa: “Odessa è sempre stata una città multiculturale, dove la lingua più diffusa era il russo. Questo almeno fino alla guerra. Adesso, invece, quasi tutti parlano ucraino. I giovani soprattutto oggi sentono che questa terra è la loro terra, è la loro patria. Negli anni Novanta e fino a poco tempo fa non era così”. Poi ancora un accenno ai due popoli: “Io conosco sia gli ucraini che i russi. E capisco che molti di loro da entrambe le parti stanno troppo male per questa guerra ma non possono fare nulla. E questo è drammatico”.
Fonte Agensir