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Passione di Cristo. Noi credenti, tra riti e responsabilità

In occasione dell'ultimo concerto della corale "Regesta Cantorum" sul tema della Passione di Cristo, svoltosi nella Cappella del complesso domenicano di San Tommaso d'Aquino a Piedimonte Matese, anche l'intervento del direttore di Clarus, Grazia Biasi

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Uno scandalo la vita terrena di Cristo. Uno scandalo dall’inizio fino alla fine. Fino al momento della Passione: doveva riscattare il popolo, doveva saziare la fame di rivalsa di molti e invece soccombe e si lascia ricoprire di spine e lacerare la carne e sottomettere a un legno e farsi trafiggere le mani e i piedi. Ci hanno detto che si è fatto carico del nostro peccato; che è morto per noi; che gli abbiamo procurato quelle ferite, che ha caricato su di sé il nostro peccato. Davvero povero Dio, da commiserare…

Troppe volte abbiamo lasciato che il Venerdì Santo sia stato e sia solo questo cristallizzato racconto in un contesto di frustate e sangue e pentimenti. Momenti più solenni e fortemente espressivi di questo giorno si sono rivelati nella letteratura e in forme artistiche che sublimemente esprimono il dolore di Dio in terra. Poi c’è la Passione, quella più familiare, che passa per le forme di devozione popolare raccogliendo atteggiamenti contriti e rispettosi; ma anche le sfumature della musica di tromboni e canti di lutto e antiche orazioni di cui la nostra cultura è severa custode.

Cos’è tra tutte queste, veramente, la Passione di Cristo? Dove si esprime meglio? Dove sta Dio nella nostra settimana Santa? Nella sua morte è il nuovo inizio: “Oggi sarai con me in Paradiso”: passione è ricominciare da subito; nella prova di ogni giorno, per noi, è il nuovo inizio, perché creature a immagine e somiglianza di quello stesso Dio finito sulla croce.

Il re nasce povero; il re soccombe per mano di gente (gente per bene nell’immaginario comune) che ha tramato contro di lui, lo ha ripetutamente messo alla prova mentre lui ha ripetutamente scandalizzato, disarmando le loro sicurezze ipocrite: possessori della verità senza praticare la verità; possessori della parola “giustizia”, senza praticare la giustizia; possessori della Legge di Mosè senza la capacità di accogliere la Legge dell’Amore che Dio stesso invia tra gli uomini con suo Figlio. Potenti senza il coraggio di cambiare; senza la forza di mutare davvero la Storia. Siamo noi tra questi, talvolta travestiti da Giuda, delusi dalla vita e meschini con i nostri fratelli; dalle guardie di Pilato, desiderose di rivalsa su qualcuno; o travestiti da Pilato, burocrati in equilibrio; o ancora travestiti da Pietro, convinti di aver capito il Maestro senza invece aver compreso neppure noi stessi.

La passione di Cristo spagina il perbenismo di noi tutti e viene a dirci la sua coerenza, fino alla fine, di essere insieme agli uomini e con gli uomini, deboli ma forti dell’amore; poveri ma ricchi di speranza; soli ma animati dalla fraternità.

Eccola la passione di Cristo in una frase: “….farò la Pasqua con voi”, desiderare di stare con i suoi amici di poter dire loro ancora molto, sapendo che sarebbe stata l’ultima; e da quel momento è un crescendo di intimità e di umanità: una tavola imbandita per tutti, la lavanda dei piedi, la frazione del pane, l’annuncio del tradimento, il canto dell’inno, la preghiera nell’orto e la paura mentre i suoi dormono: eccoli i segni che rivelano il voler amare e il voler amore di Cristo.

Questa è passione. Quel fremito di amore per l’umanità non è questione di “venerdì santo”, ma filo portante di tutta una vita. La passione di Cristo è restare, rimanere e consegnarsi volontariamente; un figlio che si fa erede del Sì di Maria, della Madre, e lo pronuncia andando verso le Croce per ricominciare, per non interrompere la storia di amore tra Dio e il suo popolo. Oggi, 11 aprile 2022, non siamo fuori da quella storia antica…

Cos’è la Passione di Cristo se non il sequel della sua vita di scandali? La passione di Cristo è nella sua normalità di uomo che ci ha insegnato non come essere celebrato o impropriamente citato ma come essere imitato nell’amore gratuito, nell’accoglienza dei poveri e degli emarginati, e delle donne senza nome, senza dignità e senza futuro; imitato nella tensione d’amore verso i lebbrosi-scarto della società; imitato nella amicizia e nella fiducia con discepoli senza istruzione; nell’abbraccio ai bambini e alla povera gente, possibilmente da non scandalizzare, nel donarsi anche ai nemici.

Mi è stata chiesta un’idea della Passione di Cristo: ammirazione, stupore, silenzio; sì godere di quel silenzio tangibile che percorre l’aria nei giorni in cui facciamo memoria di quel dolore, ma con letizia, con la gioia che accompagna la certezza: “è davvero Risorto”. Non giorno di funerali.

È giorno di provocazioni sì e di ricordarci che dalla Croce, Lui, ci ha affidati gli uni agli altri: impegno di grande attualità: “Donna ecco tuo figlio; ecco tua Madre…”.

Non tradiamola questa consegna di responsabilità.

Concludo con un pensiero attualissimo del Card. Carlo Maria Martini, a margine di una delle sue riflessioni sulla Passione di Cristo, considerando l’abitudine di noi uomini ad essere dimentichi del Vangelo: «Occorre ragionare, evidentemente, non soltanto a livello familiare, bensì a livello sociale e politico: la rivalsa dei gruppi, le ripicche, i personalismi entrano in gioco in tutta la conflittualità della vita politica e sociale, nazionale e internazionale, costituendo le forze che incitano gli uni contro gli altri, che spingono alcuni a far valere il proprio orgoglio, magari mascherato da fini umanitari, a ma sempre a scapito degli altri. L’appello di Gesù è alle nazioni, a ogni gruppo sociale, a ogni classe: “Che uso avete fatto della vostra forza, della vostra potenza, dell’affidamento fatto a voi di altre persone, di altri gruppi?”».

Passione è stare nella vita, alla maniera di Cristo.

 

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