Home Voci d'inverno Storie vere. La vita oltre la “morte” di genitori spezzati

Storie vere. La vita oltre la “morte” di genitori spezzati

Dal Centro diocesano per la famiglia "Mons. Angelo Campagna" ci giungono tre storie di "genitori spezzati", divisi tra un prima e un dopo: sono storie che aprono alla luce di piccole resurrezioni quotidiane in cui la speranza, il nuovo, il cambiamento è dato dal non chiudersi in se stessi, ma dal bene condiviso con il mondo.

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Notte fonda / Senza luna
E un silenzio / Che mi consuma
Il tempo passa in fretta / E tutto se ne va
Preda degli eventi e dell’età / Ma questa paura per te non passa mai
Angelo, prenditi cura di lei / Lei non sa vedere al di là di quello che da
E l’ingenuità è parte di lei / Che è parte di me
 Francesco Renga

di Concetta Riccio

Più volte ho pensato di scrivere di loro, tutte le volte ho interrotto quasi per una forma di rispetto, un timore, eppure loro meritano di essere raccontati, così forti ma “spezzati” in due. Sto parlando dei genitori che vivono una malattia e a volte la perdita dei loro bambini, persone, genitori come noi, che vivono “spezzati (con questo termine identifico lo sforzo) tra il dolore e la vita che continua.

Come si può sopravvivere ai propri figli? È una frase che spesso viene pronunciata senza filtri. Una frase forte ma al contempo inutile. Si vive diversamente, con scopi diversi e nuovi che danno una nuova luce alle esistenze di due individui che hanno sperimentato la maternità e la paternità in tutte le sue sfumature.

Giuliana e Antonio, durante la malattia del loro bambino si erano allontanati, avevano intrapreso la strada della separazione. L’ ansia di Giuliana era vissuta come eccessiva da parte del marito, tanto da convincerla a fare un colloquio con me perché, nonostante il bambino stesse molto meglio lei, invece, continuava a vivere in uno stato di allerta perenne. Durante il colloquio arriviamo ad un punto del racconto dove sento una forte amarezza, capisco che abbiamo subito raggiunto il nodo: i lunghi mesi passati da sola in ospedale, da sola con la sofferenza del figlio senza mai una tregua, lontana da casa, dall’altro figlio ormai adolescente. Giuliana era ferma lì, era ancora dentro quell’ospedale, non era più abituata ad andare dal parrucchiere o a stare senza suo figlio per più di due ore. Questa storia ha un finale inaspettato e duro perché il loro piccolo non c’è più ma loro, sull’orlo della separazione prima, oggi sono una coppia affiatata, impegnati nel sociale, si occupano di bambini sani ma che hanno difficoltà socio-economiche. Vivono diversamente, questo non è sopravvivere.

Poi ci sono Alessandra e Lucio, tanto uniti e combattivi durante la malattia della loro bimba, tanto disorientati da pensare di poter riprendere la loro vita precedente subito “dopo”, perché secondo loro andava fatto per l’altro figlio: un viaggio, una vita sociale da riprendere, perché infondo erano preparati da anni, sapevano…. Alessandra e Lucio si sono separati in meno di un anno e oggi vivono due vite completamente diverse da quella precedente, quasi come se, non vedere l’altro, non fare più lo stesso lavoro, non vivere più nella stessa casa e città potesse proteggerli dal dolore.

Infine ci sono loro, Clarissa e Paolo. Un argomento così delicato, che ho tanto rimandato, merita di chiudersi con un messaggio di speranza, loro sono questo: speranza. Il loro “vivere diversamente” è stato aprirsi, sanno che hanno davanti una vita difficile perché la loro bimba, nata sana, ha dei danni permanenti. Loro hanno deciso di chiedere tutti gli aiuti possibili e di aprire le porte del loro mondo, raccontare agli altri la loro storia, far conoscere la loro bambina e far vivere agli altri bambini un’esperienza unica di inclusione.

Sento di dover ringraziare ognuno di loro, incontrare persone così è un privilegio, colpisce l’attenzione che hanno per l’altro. Nonostante il loro grande dolore, la capacità di ascolto e l’empatia, anche rispetto a problemi lontani dalla gravità dei loro  dimostrano che  la sensibilità non applica misure.

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