Matese tra moderno e contemporaneo
Religiosità. Piedimonte tra medioevo ed età moderna è l’ultimo lavoro di ricerca a cura di Armando Pepe, docente presso il Liceo Statale Galileo Galilei attualmente impegnato con il Dottorato di ricerca in Storia Moderna presso l’Università di Grenoble Alpes (in co-tutela con l’Università degli Studi di Salerno). Il volumetto, 95 maneggevoli pagine, sarà presentato il 20 maggio alle 19.00 presso la sede dell’Associazione Storica del Matese (via Sorgente) in Piedimonte Matese, con la partecipazione dell’autore e gli interventi di Don Emilio Salvatore parroco di Ave Gratia Plena e Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale; Giuseppe Castrillo Dirigente scolastico in congedo; Pasquale Simonelli, presidente dell’Associazione Storica.
Quella che segue è una recensione del libro, a cura del giornalista matesino Guglielmo Ferrazzano che attraversa gli oltre tre secoli di storia descritti da Pepe per farne sintesi e ‘urgente’ proposta di lettura.
di Guglielmo Ferrazzano
I doni dei piedimontesi ai frati domenicani
Denaro e terre per messe cantate e preghiere. Questa l’estrema sintesi dei doni fatti dai piedimontesi ai frati domenicani che hanno avuto un loro monastero in quello che oggi è il complesso San Tommaso d’Aquino, dove risiede il museo civico Raffaele Marrocco e la chiesa annessa.
Una estrema sintesi che fotografa gli anni dal 1419 al 1768, passaggio dal medioevo all’età moderna.
La domanda di fondo è: perché esplorare un elenco di testamenti e doni fatti dai piedimontesi a un ordine religioso?
La lettura dell’ultimo libro del professore Armando Pepe, storico e docente al Liceo Galileo Galilei di Piedimonte Matese, può spiazzare. Non è un romanzo, né un saggio ma una guida per orientarsi in un mare di numeri e nomi di famiglie matesine.
Una ricerca compiuta incrociando documenti e visitando archivi. Un viaggio a ritroso in un registro che negli anni è esistito in varie forme: da pergamene disordinate a libri rovinati, fino a un librone corposo dal Settecento in poi, tutt’oggi incompleto.
Tutto parte dalla nobiltà
Nel 1399, a Piedimonte Matese, spunta dal nulla un ospedale con chiesa annessa in quello che è oggi il quartiere di San Domenico.
Lo ha fatto costruire la nobile Sveva Sanseverino, pronipote di San Tommaso d’Aquino e moglie in seconde nozze di Giacomo Gaetani. Mossa da compassione, spirito da mecenate e intimamente religiosa, la Sanseverino fece una donazione all’ Ordine dei Frati Predicatori, cioè i domenicani e cedette l’ospedale e la chiesa. Fino al 1809 il complesso è stato la sede dei Frati Predicatori, fin quando il convento fu soppresso dal governo.
Nel corso degli anni i domenicani (e non solo) hanno avuto un ruolo fondamentale sia come guide spirituali che come educatori di religiosi e laici. Le famiglie nobili sono state altrettanto guide preziose per i cittadini che vedevano in loro imprenditori, commercianti, artisti e, più in generale, esempi da seguire. Ecco che sulla scia delle donazioni fatte dalla nobilita arrivano quelle delle persone di vari ceti. Perdipiù si tratta di denaro (ducati) e appezzamenti di terreno. Il tutto per prendersi cura dell’anima dopo la morte.
Una cittadina distrutta dalla pestilenza
Interessante il periodo del 1656, caratterizzato dalla pestilenza che ha dimezzato di 4mila anime la cittadina di Piedimonte Matese, che passò da 9060 a 4645 abitanti. Tale precarietà è ben rappresentata da alcuni testamenti presi in esame nel testo di Pepe che, attraverso parole soppesate, fanno comprendere ai lettori quanto fosse forte il legame con la religione.
Così com’è interessante esplorare i ragionamenti del professore Pepe sulle caratteristiche del tessuto cittadino dell’epoca, la sua struttura commerciale e le caste che hanno sempre contraddistinto uno dei comuni più floridi dell’Alto casertano.
Più in generale, passare in rassegna i 124 testamenti presi in esame nel libro “Fede e devozione a Piedimonte Matese tra medioevo ed età moderna”, edito da Teleion, traccia le caratteristiche principali di una città che oggi fa fatica a rinnovarsi per affrontare i tempi futuri. Una città, Piedimonte, ancorata alla nostalgia dei tempi in cui è stata definita la “piccola Svizzera”.
Una città che, come sappiamo, è stata al centro nella produzione di lana e dal 1812 di cotone (con l’arrivo di Gian Giacomo Egg dalla Svizzera). Una città ricca di acqua, prati verde e aria salubre. Lontana dal caos dei grandi centri urbani come Caserta e Napoli e ricca di cultura, arte e tradizioni con le sue casate nobiliari e ospiti che hanno frequentato per anni il Palazzo ducale.
Un testo da conservare in biblioteca
Tirando le somme, il lavoro di Pepe va oltre un semplice elenco e fornisce un sottotesto ricco di riflessioni per gli occhi che sanno andare oltre le righe. Un lavoro non fine a sé stesso e che può stuzzicare un’ulteriore ricerca di fonti per ricostruire i passaggi storici oggi lasciati oscuri per varie ragioni, in primis la mancanza di nuovi studiosi di storia locale. Va detto, però, questo libricino di 95 pagine deve far parte della biblioteca di un matesino ma può non rivelarsi subito utile. Fa parte di quei libri che un po’ tutti abbiamo nei cassetti e che all’improvviso tornano utili e, a volte, per occasioni inaspettate.