Noemi Riccitelli – Una delle serie Netflix più viste sulla piattaforma streaming nelle ultime settimane, Anatomia di uno scandalo (Anatomy of a scandal), creata da David E. Kelley e Melissa James Gibson, entrambi autori delle già note e premiate serie Big Little Lies e House of Cards, è tratta dall’omonimo romanzo della giornalista e scrittrice inglese Sarah Vaughan.
In 6 episodi di 40 minuti ciascuno, Anatomia di uno scandalo, titolo eloquente, indaga e riflette sui temi più scottanti e dirimenti della società contemporanea: la violenza sulle donne, il privilegio sociale e il potere.
In una moderna Londra, il ministro James Whitehouse (Rupert Friend) viene accusato di stupro dalla sua collaboratrice Olivia Lytton (Naomi Scott). È scandalo: la moglie Sophie (Siena Miller) viene catapultata in un turbine di eventi e sentimenti contrastanti che fanno vacillare il suo rapporto con il marito, creduto da sempre irreprensibile.
In tribunale a difendere la giovane Olivia c’è Kate Woodcroft (Michelle Dockery), la quale a sua volta sembra nascondere segreti dal passato.
Tra thriller psicologico e crime investigativo, Anatomia di uno scandalo coinvolge e attira lo spettatore in un vortice di tensione e vivo interesse che ogni valida serie di questo genere sa produrre.
Infatti, l’intreccio della trama, con i frequenti riferimenti al passato dei protagonisti, i non detti e le mezze verità di cui ciascun personaggio è depositario, instillano una palpabile suspense che rende chi guarda partecipe delle vicende, in una situazione a volte anche alienante.
Tuttavia, se questo ritmo consente di iniziare e proseguire la visione anche con interesse, nel finale la brillantezza dell’idea originale tende a perdersi e a lasciare insoddisfatti: inoltre, spesso, la messa in scena di alcuni momenti si realizza attraverso espedienti che risultano un po’ sopra le righe e dissonanti rispetto all’atmosfera della narrazione.
La prova del cast è, invece, un successo: le interpretazioni rappresentano la nota più che positiva della serie.
Rupert Friend, Sienna Miller e Michelle Dockery, si distinguono per i loro ruoli centrali nell’intreccio, anche se è la componente femminile che emerge in modo netto.
Sienna Miller riesce a far percepire tutto lo sgomento, la confusione, ma alla fine anche la risoluzione di una donna tradita nel profondo, che sa trovare la sua rivalsa; Michelle Dockery, conosciuta ai più soprattutto per il ruolo di Lady Mary Crawley nella serie televisiva Downton Abbey, regge con maestria il ruolo di un personaggio complesso, che si rivela solo alla fine.
Importanti sono i temi su cui la serie porta a riflettere: primo tra tutti, il tema delle molestie e aggressioni ai danni di donne sui posti di lavoro, connessi in particolare a uomini di potere, il cui privilegio sociale sembra non solo conferire loro l’autorità di disporre di persone e situazioni come vogliono, ma anche proteggerli e attutire l’impatto di queste loro azioni innanzi l’opinione pubblica.
Nel complesso, Anatomia di uno scandalo, nonostante alcuni “nei” nella rappresentazione, è una serie interessante, godibile: la storia unisce riflessioni di spessore all’adrenalinico intrattenimento da thriller.