Noemi Riccitelli – “Mi interessano i poveri, i nomadi, i circhi, i pazzi”: così afferma Letizia Battaglia di fronte al direttore de L’Ora, giornale con il quale inizia la sua carriera da fotoreporter, in una delle battute iconiche della miniserie in due puntate a lei dedicata.
In onda su Rai 1 domenica 22 e lunedì 23 maggio, ora disponibile anche su Rai Play, in una produzione di Rai Fiction e Bibi Film.
Venuta tristemente a mancare lo scorso 13 aprile, Letizia Battaglia stessa ha collaborato alla definizione di questa sua personale narrazione (comparendo anche in un cameo), professionale e biografica, insieme al regista Roberto Andò, ideatore e sceneggiatore, nonché amico della fotografa.
Non un caso che la messa in onda della serie sia coincisa con la celebrazione dei 30 anni dalla strage di Capaci, la Giornata della Legalità: infatti, la storia di Letizia Battaglia è parallela ad una fase delicatissima della vita civile italiana, le stragi, i crimini commessi dalla mafia che ha reciso brutalmente l’esistenza delle menti più brillanti e coraggiose impegnate nella lotta a Cosa Nostra.
Protagonisti delle sue fotografie sono stati, proprio per questo, mafiosi, comuni cittadini rimasti coinvolti in tragici incidenti, grandi personalità della vita culturale e politica italiana come lo stesso Giovanni Falcone, Boris Giuliano, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia.
Sin da bambina, Letizia Battaglia (Isabella Ragonese) mostra un’inclinazione ribelle e creativa, refrattaria agli ordini; ad appena 16 anni, contravviene alle imposizioni familiari e sposa Franco Stagnitta (Paolo Briguglia) di cui si era innamorata.
Con lui ha tre figlie, ma il matrimonio, dopo qualche anno, comincia a rappresentare più una gabbia che un sogno d’amore e uno spazio di conforto e confronto soprattutto, e Letizia accusa il tempo sottratto precocemente alla sua gioventù, in particolare, alle sue passioni e interessi culturali.
L’incontro con Marilù (Roberta Caronia) le permette di conoscere una vita fatta non solo di famiglia, doveri e limiti, ma anche di studio, piacere e nuove possibilità.
È così, infatti, che Letizia scopre l’amore per l’obiettivo, che la porta a vivere una nuova, eccitante, impegnata fase della sua esistenza.
Un omaggio vivo e commovente, una storia di passione e libertà: quel libro di Piccole donne nascosto sin da bambina nelle pieghe dei vestiti era già simbolo di idee innovative e controcorrente, un racconto scritto da una donna con protagoniste giovani e curiose ragazze pronte a farsi strada nelle loro vite, assecondando i loro desideri.
Il regista Andò, infatti, restituisce un’immagine di Letizia Battaglia seguendo proprio questa linea: uno spirito passionario, tenace e audace.
Del resto, la nota fotografa è stata unica donna in un ambiente lavorativo di soli uomini, dovendosi confrontare quotidianamente con il pregiudizio e la diffidenza.
Non solo, nella vita privata, Letizia ha strenuamente lottato per la sua indipendenza, in un tempo e in un contesto, il Sud Italia, in cui i diritti delle donne vacillavano o erano del tutto inesistenti.
Le due parti in cui è divisa la serie definiscono due momenti differenti della personale esperienza di Letizia: la prima racconta la vita personale, l’infanzia e la giovane età, in cui la protagonista cresce e, a poco a poco, comprende meglio sé stessa e cosa desidera realmente nella vita.
In questa fase, tutto è per lei una continua progressione entusiasmante, una sfida da affrontare con determinazione.
La seconda parte, invece, è un focus sulla sua professione e il suo costante impegno nel sociale: la camera oscura di Letizia si riempie degli scatti dei tragici avvenimenti nella Palermo degli anni ’70-’80 ad opera della mafia. Mestamente iconico lo scatto dell’omicidio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, il cui corpo esanime è immortalato nelle braccia del fratello Sergio.
La fotografia come denuncia sociale, non una bella e muta immagine, ma al pari della parola scritta, un documento unico che possa essere testimonianza nel tempo: a questo principio si rifanno i lavori più prettamente “politici” di Letizia Battaglia.
Tuttavia, il suo sguardo ha portato anche empatia, comprensione, rispetto nella realtà spesso invadente della cronaca: le sue fotografie sono momenti condivisi con i soggetti, non brutali istantanee prive di sentimento e reciprocità.
L’interpretazione di Isabella Ragonese è profonda, coinvolgente: l’attrice ha colto gli sguardi e il piglio originale, i sentimenti della fotoreporter, permettendo al pubblico di avere una prospettiva intima sul personaggio.
Accanto a lei, anche gli interpreti maschili dei compagni di vita di Letizia Battaglia, hanno proposto personificazioni a tutto tondo, efficaci: Paolo Briguglia, nelle vesti del marito Franco, Enrico Inserra e Federico Brugnone in quelle, rispettivamente, di Santi Caleca e Franco Zecchin, entrambi fotografi attivi ancora oggi.
Da segnalare, inoltre, la partecipazione di Anna Bonaiuto che interpreta la giornalista Giuliana Saladino, nota per le sue inchieste sull’Ora riguardo la condizione femminile in Sicilia, la mafia, gli emigrati: sebbene non protagonista, Bonaiuto colpisce sempre con la sua efficace intensità.
Nel 2017 inserita dal New York Times nella classifica delle donne più rappresentative del pianeta, Letizia Battaglia è un esempio per altre donne e giovani ragazze, incarnando la possibilità di poter ricominciare e vivere pienamente, con convinzione e coraggio, ma anche uno dei fulgidi punti di riferimento dell’impegno morale e civile italiano.