Domenica 26 giugno, in prossimità della festa dei Santi Pietro e Paolo, in tutte le Chiese del Mondo torna l’appuntamento con l’Obolo di San Pietro, una raccolta straordinaria di offerte che confluisce in un’altra raccolta (sempre attiva) che il Papa offre come aiuto e sostegno alle diocesi povere, agli istituti religiosi e ai fedeli in gravi difficoltà. Poveri, bambini, anziani, emarginati, vittime di guerre e disastri naturali, profughi e migranti vengono raggiunti tramite i diversi enti che si occupano della carità del Papa allungando le sue mani in soccorso di quanti vivono in stato di emergenza o di coloro che improvvisamente (la pandemia e la recente guerra in Ucraina lo dimostrano) sono costretti a fare i conti con la fame e la povertà e l’assenza di risorse energetiche e di cure (altre offerte destinate al Papa sono quella della Giornata Missionaria Mondiale che si celebra la penultima domenica di ottobre; e la Colletta per la Terra Santa il Venerdì Santo)
La Chiesa Cattolica Italiana, attraverso i suoi mezzi di comunicazione (come la nostra esperienza di Clarus) in questa circostanza dedica un particolare spazio alla promozione dell’Obolo che non è un’iniziativa di recente istituzione ma un servizio di carità nato nella primissima Chiesa, seppur in queste forme sia consolidato nel VII secolo.
L’Obolo che i fedeli affidano al Papa è il segno della adesione alla sollecitudine del Successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per portare il segno della carità verso le periferie e le situazioni di marginalità sociale. Esso si manifesta in due modi: finanziare le tante attività di servizio svolte dalla Curia (formazione del clero, comunicazione, promozione dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della giustizia, etc.) e nel contribuire alle numerose opere di assistenza materiale diretta ai più bisognosi. Sotto l’Obolo per tanto si riuniscono esigenze pastorali, educative ì, di giustizia, di attività diplomatiche, di comunicazione, di aiuti materiali in caso di disastri umanitari di ogni tipo, o aiuti particolari ai vescovi delle Diocesi più remote; o ancora per migranti e rifugiati.
Storia e attualità dell’Obolo di San Pietro
Come donazione al successore di Pietro, l’Obolo prese forma stabile nel VII secolo, con la conversione degli Anglosassoni, in collegamento con la festa dell’apostolo a cui Gesù ha affidato la sua Chiesa. È poi cresciuto nei secoli successivi con l’adesione al cristianesimo degli altri popoli europei, sempre come un contributo di riconoscenza e attenzione al Papa, quale espressione di unità e di corresponsabilità ecclesiale. Sono stati poi i vescovi di tutto il mondo, riuniti nel Concilio Vaticano II agli inizi degli anni ‘60, a riassumere ed illuminare il significato dei beni materiali per la Chiesa. Attraverso le donazioni all’Obolo vengono garantite non solo le attività dei Dicasteri della Curia romana che assistono ogni giorno il Papa nell’esercizio del suo ministero, ma anche numerosi progetti di solidarietà in favore dei più bisognosi. A questo riguardo, in seguito alla pandemia da Covid 19, Papa Francesco ha richiamato l’attenzione sulle nuove forme di povertà che si sono aggiunte alle precedenti, specialmente tra tante famiglie che si sono trovate dall’oggi al domani in ristrettezze economiche. A questa situazione eccezionale “non si può dare una risposta usuale – ha detto il Santo Padre –, ma è richiesta una reazione nuova, differente. Per fare questo è necessario avere un cuore che sappia ‘vedere’ le ferite della società e mani creative nella carità operosa. Cuore che veda e mani che facciano. Questi due elementi sono importanti affinché un’azione caritativa possa essere sempre feconda”.