Noemi Riccitelli – Siamo nel pieno degli anni ’90 quando Andy, il bambino protagonista di Toy Story, riceve il modello giocattolo di Buzz Lightyear, lo space ranger protagonista del suo film preferito: ebbene, Lightyear. La vera storia di Buzz, il nuovo film Disney Pixar in sala dal 15 giugno, è proprio quel film.
Una vera origin story di uno dei personaggi già tanto amati e conosciuti dalla serie di film di Toy Story, in cui i creatori Disney avevano rappresentato e portato il pubblico a confronto con il punto di vista e l’universo parallelo dei giocattoli nella camera di un comune bambino.
Il film è diretto da Angus McLane, egli stesso tra gli animatori della saga originale.
A milioni di anni luce dalla Terra, la comandante Alisha Howthorne (con la voce di Esther Elisha) e il suo collega Buzz Lightyear (con la voce di Alberto Malanchino) sono in missione con un’intera squadra su una navicella spaziale.
Approdano su un pianeta in cerca di risorse, ma dopo essere stati attaccati da strani esseri che vi abitano, mentre cercano di fuggire, la navicella di cui Buzz assume il comando, perde il prezioso cristallo che ne fa da combustibile e tutto l’equipaggio è costretto a rimanere sul pianeta, mentre Buzz, roso dal senso di colpa, cerca una soluzione per riportare tutti a casa.
“Verso l’infinito e oltre”: la frase iconica e dal suono metallico che Andy si divertiva a far pronunciare ripetutamente a Buzz, caricando il meccanismo che lo animava, rappresenta in realtà il motto che lo space ranger condivide con l’inseparabile Alisha, prima di dare inizio ad una nuova missione nello spazio.
Così, prima che da uno scaffale pieno di giocattoli, le avventure di Buzz hanno origine tra stelle e pianeti, sfidando la velocità della luce: tuttavia, non si tratta solo di entusiasmo e adrenalina per la scoperta dell’ignoto. Infatti, il protagonista si trova ad affrontare difficoltà e sfide che vanno ben oltre i limiti dello spazio, perché hanno a che fare con sé stesso, con una parte di sé che non avrebbe mai pensato di poter conoscere.
Angus MacLane, Matthew Aldrich, Jason Headley mettono a punto un soggetto che, come nel classico stile Disney, dice qualcosa in più oltre la superficie più propriamente fantastica. Infatti, nella linea narrativa del film si pone l’accento sull’introspezione psicologica del protagonista: Buzz è descritto come un fiero avventuriero, sicuro di sé e delle proprie capacità, poco incline alla collaborazione e all’aiuto altrui.
Tuttavia, l’incidente che coinvolge lui e tutti gli altri membri della ciurma spaziale cambierà le sue prospettive e il modo di affrontare i problemi, ripensando quelli che sono stati i suoi orizzonti di sempre.
Da incorruttibile scienziato ed esperto avventuriero dello spazio, per il quale non può esistere margine di errore, Buzz Lightyear comprende che anche il fallimento, per quanto duro, è parte della formazione personale e che può essere trasformato in opportunità, specie se supportato da un tenace lavoro di squadra e da fervida solidarietà.
Un messaggio di umanità e consapevolezza di sé, specie se si considera la società contemporanea i cui standard vorrebbero tutti sempre al massimo della propria potenzialità ed efficienza.
Inoltre, Disney-Pixar con Lightyear persegue il suo percorso di inclusione e sensibilizzazione sociale, introducendo personaggi delle cosiddette minoranze etniche, così come caratteri dalla dichiarata omosessualità; il tutto senza clamore o scene di sorta, ma affidandosi alla naturalezza e alla sensibilità del pubblico, sì anche dei più piccoli, i quali spesso dimostrano molta più maturità e serenità degli adulti nell’accogliere ciò che sembra diverso.
In una trama che non si rivela particolarmente entusiasmante, figurano dei personaggi indovinati che, invece, conferiscono colorito al ritmo del racconto: senza dubbio, Sox (cui presta voce Ludovico Tersigni), il gatto-robot che accompagna Buzz, suo imprescindibile alleato e braccio destro, che sa sempre cosa fare e dire, il deus ex machina che riesce a risolvere più di un problema in cui lo space ranger si ritrova; poi, Izzy, nipote della comandante Howthorne, MoMorrinson e Darby Steel,i quali a dispetto della loro apparenza, si dimostrano coraggiosi e pronti a tutto.
L’accuratezza grafica di Disney Pixar ha ormai raggiunto un grado di verosimiglianza unico, che in questo film si accompagna ad un’estetica tutta particolare, i cui riferimenti vanno al filone di film di fantascienza del secolo scorso, tra tutti Star Wars.
Menzione va fatta, infine, al cast di doppiatori, con cui la serie di Toy Story ha un legame sentimentale particolare: infatti, gli appassionati del film originale Disney ricorderanno la celebre coppia Fabrizio Frizzi/Massimo Dapporto che avevano dato voce, rispettivamente, a Woody e Buzz nel primo film, restando impressi nella memoria collettiva; in questo nuova versione, il lavoro di doppiaggio è affidato a giovani attori italiani, tra cui Alberto Malanchino che diventa la voce di Buzz, prendendo il testimone proprio da Massimo Dapporto e affiancando idealmente Chris Evans che, invece, doppia il protagonista nella versione originale del film.
Inoltre, piccolo cameo nel doppiaggio è anche quello di Linda Raimondo, studentessa di fisica aspirante astronauta, la quale è conosciuta per la sua attività di divulgazione scientifica, rivolta soprattutto ai più giovani, sui social e in TV.
Nel complesso, Lightyear è una visione piacevole, stimolante nel porre interrogativi non scontati sull’indole umana e la necessità di abbracciare ciò che solo apparentemente è diversità.