Te ne sei andata in punta di piedi, discretamente così come entravi in ogni evento o a far parte di conversazioni, quasi frenando il tuo bisogno di socialità e di relazioni. Attendevi silenziosamente ma senza tralasciare di mostrarti interessata, vivace, disponibile, curiosa, educata.
Questa mattina alle 12.00 nella Chiesa della Madonna del Carmine a Treglia l’ultimo saluto a Daniela Mone, morta improvvisamente il 28 luglio. Il suo corpo trasferito all’Istituto di Medicina legale di Caserta è stato sottoposto ad autopsia; l’ipotesi è che la donna possa essere stata colpita da malore nel sonno.
Viveva da sola in casa, dividendosi tra i suoi molteplici interessi e la cura per il fratello.
A lei, la Redazione di Clarus e gli amici che l’hanno conosciuta in occasione di momenti e celebrazioni diocesani devono un ricordo particolare ma soprattutto la manifestazione di gratitudine per essere stata presenza costante, suscitando in chi la osservava il perchè del suo “interrogare” la vita, curiosare sul senso delle cose e condividere con pacatezza il suo pensare avvolto sempre da un atteggiamento di fiducia estrema nell’altro. Portava in sé l’immagine di una donna salda nella sua solitudine, ma non per questo schiva e lontana dal mondo.
Di lei, questa mattina, il parroco don Paolo Vitale ha voluto ricordare lo sguardo fisso sul Crocifisso durante le Celebrazioni (era molto legata alla croce custodita nella chiesa di Strangolagalli e oggi conservata a Sasso), e riflettendo sul brano dell’evangelista Giovanni proclamato nella Messa in cui è descritta la morte di Cristo sulla croce, ha indicato Daniela come la donna che sotto la croce, accanto a Maria, contempla il Figlio di Dio riconoscendo in Lui la strada, l’amico, la verità. Uno sguardo, quello di Daniela, che pur distogliendosi da quella croce, era solito posarsi su altre croci, come ha ricordato il parroco, nel fare tanta carità a famiglie della comunità bisognose e sofferenti.
Sentiva forte i legami familiari, le radici a cui era legata la sua storia e quella della sua comunità d’origine: per anni, con costanza e pazienza, ha dedicato gran parte del suo tempo a ricerche nell’Archivio storico diocesano a Caiazzo divenendo presenza familiare in quel luogo, con il capo chino sui documenti, sulle carte che forse per la prima volta dopo decenni ricevevano il tatto delle mani.
Presente alle Assemblee del Sinodo diocesano, intervenendo personalmente sui documenti discussi, contagiata da quello che la Chiesa locale le chiedeva di pensare e rappresentare per conto della sua Parrocchia; e tanto altro desiderio di essere coinvolta esprimevano i suoi occhi e i suoi sorrisi che mai avrebbe voluto interrompere pur di restare, di continuare a dialogare, di sentirsi parte di un contesto che la entusiasmava; amava respirare la novità replicando ad ogni proposta o provocazione con un “grazie” come a sentirsi cresciuta dopo ogni confronto; e sempre accompagnando quell’espressione da un ingenuo sguardo di pace. La pace che ora vive in pienezza.