Paolo Bustaffa – “La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani”. Parole note del filosofo e teologo danese Søren Kierkegaard. Parole che tornano alla mente nello scorrere una campagna elettorale intrisa di polemiche, promesse, sondaggi. La nave fuori rotta in un mare in tempesta è la metafora del confronto politico a poche settimane delle elezioni del 25 settembre.
Cosa fare allora di fronte all’allarme lanciato ai passeggeri di una nave e ai cittadini di un Paese? La domanda cresce sempre più tra la gente. Le pagine dei giornali e i talkshow poco o nulla hanno inciso per ridurre almeno in parte il 40% di astensionismo. Le previsioni non sono buone.
Un allarme non significa però che tutto è perduto ma dice che ancora è possibile ritrovare la rotta. I passeggeri della nave non potranno a lungo rimanere inerti davanti al cuoco che trasmette il menù e al comandante che tace avendo perso la rotta. Così i cittadini, non sono degli sprovveduti, avvertono la necessità e l’urgenza di pretendere dai politici chiarezza su come intendono gestire il presente e su quale futuro pensano.
È questo il momento di chiedere con severità alla classe politica dirigente quale orizzonte sensato e stimolante abbia rispetto alle singole misure che, come tali, non consentono di capire quale sia il suo sguardo sulla società e sul mondo.
Identica domanda i cittadini devono porre a sé stessi perché il Paese ritrovi la rotta e prosegua il cammino con fiducia.
Non esiste dunque il momento di abbandonare la nave, esiste il momento di mettere il cuoco al posto che gli compete, richiamare il comandante al suo compito.
Le ragioni e la forza per prendere l’iniziativa non mancano.
“Spingendo lo sguardo oltre l’immediato appuntamento elettorale – scrive Giuseppe Riggio direttore di Aggiornamenti Sociali – ci accorgeremo che abbiamo un bagaglio di competenze ed esperienze che può contagiare e rinnovare quanto di stantio ancora c’è nella nostra società e nella politica che da improvvisato teatrino merita di tornare a essere la bussola del Paese”.
In questa analisi e in questa valutazione c’è chi si riconosce. C’è chi non rinuncia al pensiero critico che si forma nello studio, nell’ascolto, nel discernimento, nel dialogo e nell’azione. È la società civile a dare il primo segnale in nome di una storia di ascolto e di accompagnamento dove anche le nuove generazioni sono presenti, attive, pensanti. Si può togliere il megafono al cuoco e sostituire il comandante incapace purché si vada oltre la lamentela e si assuma l’impegno. È un percorso difficile ma possibile, soprattutto se condiviso tra le diverse età della vita. Con l’accento posto dal presidente del Consiglio al Meeting di Rimini: “Ai giovani dico, siete la speranza della politica”.