Prosegue la riflessione sulle aree interne del nostro Paese; e in questi giorni tocca anche alla Chiesa Cattolica Italiana che si è data appuntamento a Benevento (30 e 31 agosto, centro La Pace) per ritornare su temi dibattuti già dal 2019 tra i vescovi del Sannio e dell’Irpinia ma che da un anno coinvolgono da vicino i Pastori di più regioni italiane le cui Diocesi includono vaste aree non ancora metropolizzate, economicamente e socialmente più emarginate rispetto allo sviluppo dei centri maggiori d’Italia, con il dramma sempre crescente dello spopolamento e delle emigrazioni delle giovani generazioni.
Un dibattito che nel Paese, ormai da un decennio, vede il mondo accademico protagonista di una corposa letteratura frutto di studi, indagini, raccolte di dati e di testimonianze tratte dai luoghi/paesi che esprimono quotidianamente la causa-effetto della marginalità delle aree interne: a fare sintesi di tutto, si pone con autorevolezza l’Università del Molise con la voce di studenti e docenti tra cui il professore Rossano Pazzagli (curriculum) autore di riflessioni e pagine, offrendo all’agenda politica (e perché no anche ecclesiale) un valoroso contributo a scelte e strategie – da quelle politiche a quelle ecclesiali – per la cura delle aree interne, che egli ama definire “spina dorsale, ossatura, struttura portante” dell’intera Italia: e non si tratta solo di un Sud che per forzata vocazione arranca rispetto alla corsa del Nord (economia, infrastrutture, proposte culturali, servizi sociali…), ma di ogni piccola area decentralizzata rispetto alle metropoli che questa recente riflessione chiede di rimettere al centro del dibattito e delle scelte, in quanto fucina di storia, valori, tradizioni, potenziale umano da far rivivere e non penalizzare con un commiserato giudizio: ad una facile e immediata analisi secondo cui “misuriamo i paesi per quello che non hanno – spiega Pazzagli – mi mi sono spinto a raccontarli per quello che hanno. È possibile partire da quello che c’è invece che continuare ad insistere su quello che manca”. Riflessione che in una logica poco laica, si chiama speranza (non illusione!) e che raccoglie, nel senso che prende per mano, la vita di piccole e medie comunità/paesi che sanno ancora esprimere (grazie al maturo senso civico di cittadini e amministratori) identità, ricreare modelli di sviluppo/progresso, far maturare coscienze al punto che la partenza di un giovane per motivi di studio si traduca anche nella possibilità di un ritorno arricchito dalla formazione ricevuta e poi messa a disposizione del luogo natìo.
A fronte di questa consapevolezza che tocca l’intero Paese, l’incontro dei Vescovi in questi due giorni riunisce le realtà di Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte: una estesa rappresentanza di Pastori che decidono di pensare “una pastorale ad hoc” cioè proposte di formazione pastorale e spirituale che tengano conto delle esigenze della popolazione, delle domande, delle attese dei più giovani. Non è nuova la Chiesa alla riflessione sul potenziale interno (superando l’idea che considera solo il “problema) quando metteva in cantiere il Progetto Policoro nell’ormai lontano 1995 circostanziando la riflessione al tema “lavoro” dei giovani al Sud per creare nei paesi di nascita e residenza – grazie al supporto economico e motivazionale delle Diocesi – opportunità occupazionali secondo “una nuova cultura del lavoro, promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile in un’ottica di sussidiarietà, solidarietà e legalità, secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa” (clicca).
Diverse e molteplici le buone esperienze imprenditoriali maturate in quel contesto; una piccolissima goccia nel mare delle agitate esigenze sociali di allora e (crescenti) di oggi.
La Diocesi di Alife-Caiazzo ne parla in maniera “scientifica” dal 2019 riunendo le voci dei giovani e degli esperti nell’evento estivo “Dal Matese al Mondo” (la pandemia non ha mai fermato l’iniziativa; clicca per uno degli articoli) a cura della Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino, in cui i giovani emigrati con eccellenti risultati di studio e lavoro all’estero hanno contribuito alla speranza che tornare e far crescere il paese natìo è uno sforzo possibile; che non tornare ma esportare dal paese natìo valori e forza è esperienza imprescindibile; che contribuire anche a distanza con l’esempio o proposte è una sfida resa possibile dai vantaggi della globalizzazione; che l’associazionismo delle piccole realtà interne, quelle saldate da amicizia e traguardi comuni, sono il primo laboratorio di buone prassi e buona politica; che il “piccolo è bello” è espressione valida e meritevole di rispetto; che la spinta al rispetto della natura e dell’ambiente nella sua totalità e della fratellanza umana che Papa Francesco grida è impegno su cui si costruisce il futuro a partire da ogni angolo remoto del Mondo (anche nelle aree interne).
L’incontro dei Vescovi questa mattina, dopo il saluto del padrone di casa S. E. Mons. Felice Accrocca, vescovo di Benevento, si è aperto proprio con le parole del Santo Padre che ha inviato una lettera ai Vescovi presenti; in essa oltre ed esprimere gratitudine per questo lavoro in “comunione” è forte l’appello a “raggiungere tutti, affinchè nessuno sia escluso dall’annuncio del Vangelo”; via i campanilismi ma sforzo massimo per l’incontro con tutti ed ogni realtà emarginata, famiglie, anziani, e giovani in attesa di un incontro: “non stancatevi di porre gesti di attenzione alla vita umana”; gesti chiede Papa Francesco, l’umanità dei Pastori incrociata a quella della gente, progetti ad hoc che si incarnino…
Scarica la Lettera di Papa Francesco.