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Politica: serve un voto per costruire, non per distruggere. Verso le elezioni del 25 settembre

Legge elettorale, brevità della campagna elettorale, esito del voto: dopo il 25 settembre "sarà necessario interrogarsi sulla democrazia, sul come radicarla nella coscienza dei nostri concittadini e renderla migliore", così padre Giuseppe Riggio direttore di Aggiornamenti sociali

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Foto Ansa / SIR

Manca un mese al voto per le elezioni politiche. Le liste sono state presentate e la campagna elettorale è entrata nel vivo. Cosa ci si può attendere nelle prossime settimane, quali sono le questioni centrali per il futuro del Paese, cosa gli elettori possono fare per incidere sulle scelte. Lo abbiamo chiesto a p. Giuseppe Riggio, direttore della rivista dei gesuiti Aggiornamenti sociali.

Quella attuale è la peggiore legge elettorale che fino ad ora abbiamo avuto. Se sommiamo gli effetti della riduzione dei parlamentari alle dinamiche della legge elettorale che esito possiamo immaginare per il sistema nel suo complesso?
Il ricorso per una seconda volta alla stessa legge elettorale, di cui si conoscono quindi i meccanismi per l’esperienza passata, e i risultati dei sondaggi di questi giorni hanno guidato i partiti nella composizione delle liste elettorali. In base alle previsioni non sono molti i collegi il cui esito è aperto. Nella maggior parte dei casi, si anticipa già quale sarà l’andamento del voto e per questo si parla di “collegi sicuri” per l’una o l’altra forza politica. Questo genera una specie di svuotamento del valore del voto dei cittadini che non è positivo e che non corrisponde alla realtà, perché non è tutto prevedibile e controllabile. Che impatto potrebbe avere ad esempio un aumento o un calo significativo dell’astensionismo? Vi è un altro elemento di incertezza: la riduzione del numero dei parlamentari, oltre a condizionare le scelte dei partiti sulle candidature, potrebbe portare delle sorprese per l’ampliamento dei collegi elettorali.

E il programma dei diversi partiti peserà invece sulla scelta degli elettori?
Questo dipende da due fattori. Innanzitutto, se noi elettori dedichiamo un po’ di tempo per conoscere meglio i programmi presentanti, anche solo quelli dei partiti che sentiamo più affini alle nostre idee, per capire – al di là delle singole proposte – qual è la visione complessiva che hanno per il futuro dell’Italia. Qui entra in gioco l’informazione – ed è il secondo fattore – e la sua capacità di mettere a disposizione materiali per l’approfondimento e il confronto. I programmi, se conosciuti e se valutati guardando al “sogno” che esprimono per il Paese, possono fare una differenza.

Poi c’è la campagna elettorale molto breve dove i partiti cercheranno di essere incisivi e chiari … Quanto questo può convincere gli indecisi?
Ogni partito cerca di far conoscere la propria proposta, parlando ai propri elettori tradizionali e cercando di attirarne di nuovi: l’efficacia di queste strategie comunicative dipende dalla capacità di intercettare domande e richieste degli elettori, mostrandosi attenti e credibili. Ma sappiamo anche che la campagna elettorale si giocherà, come sempre avviene, negli ultimi giorni. Si sa, infatti, che c’è una parte dell’elettorato che decide a ridosso del voto. Saper interpretare e rispondere ai temi che si imporranno nel dibattito generale in quel periodo sarà determinante per i partiti, ma non sarà facile vista l’attuale fase di incertezza per la guerra in Ucraina e i suoi riflessi a livello economico ed energetico nel nostro Paese.

Nel dibattito pubblico c’è anche la questione sulla qualità della democrazia. Una eventuale vittoria della destra pone degli interrogativi al riguardo oppure è un tema strumentale che appartiene più alla storia che all’attualità?
Interrogarsi sulla qualità della democrazia è molto sano e va fatto sempre perché non è mai acquisita una volta per tutte. Sappiamo che negli ultimi anni si parla della stanchezza della democrazia, riconoscendo che qualcosa non funziona, e che le posizioni delle forze populiste ne hanno messo in tensione alcuni concetti classici. Anche dopo le elezioni, indipendentemente da chi vincerà, sarà necessario interrogarsi sulla democrazia, sul come radicarla nella coscienza dei nostri concittadini e renderla migliore. Il pluralismo politico che è presente nel nostro Paese e la solidità delle istituzioni imparziali e di garanzia previste dalla Costituzione sono ragioni sufficienti per essere fiduciosi.

Le riforme istituzionali rappresentano una questione da presidiare nella prossima legislatura?
La coalizione di destra sta proponendo una riforma in chiave presidenziale della nostra Costituzione: sarebbe un cambio importante, perché significa mettere mano all’attuale assetto di pesi e contrappesi. L’esperienza passata mostra che si tratta di un percorso molto lungo e dall’esito tutt’altro che scontato. In questo momento mi pare che non ci siano molte energie per avviare un’iniziativa di questo tipo.

Nelle elezioni 2022 il cattolicesimo politico avrà ancora un ruolo riconoscibile?
Ci sono state già alcune prese di posizioni pubbliche di varie realtà del mondo cattolico e di sicuro altre ve ne saranno nelle prossime settimane. Un contributo importante che si può dare è sul metodo, sul riportare l’attenzione in modo maturo ai temi, senza drammatizzarli o semplificarli, come spesso accade nel dibattito generale. Impostare così la riflessione in vista del voto – e chiedere ai partiti di fare altrettanto – può essere un modo per rivolgersi a quei cittadini che non votano più perché delusi e disillusi dalla politica ma che non sono disinteressati. Questo è un servizio prezioso per l’intero Paese, al di là dell’appuntamento elettorale di settembre.

Lei cosa si augura per il 25 settembre?
Mi auguro che possiamo arrivare al voto avendo affrontato quanto più possibile i temi veri per il futuro del Paese in un clima di rispetto, con un dibattito serio, sereno, approfondito, non urlato. Ne abbiamo veramente bisogno, così da poter esprimere un voto frutto di una scelta consapevole, in cui ognuno attingerà alla propria coscienza. Abbiamo, infatti, bisogno di un voto che sia per costruire non per distruggere. Se la protesta legittima, incanalata alle volte anche nel voto, non è accompagnata da una proposta, porta solo a un aumento della frustrazione e a uno sfilacciamento ulteriore del tessuto sociale e questo non aiuta nessuno.

Fonte La voce dei Berici

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