Noemi Riccitelli – Presentato in concorso nella sezione Orizzonti alla 79esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Ti mangio il cuore del regista pugliese Pippo Mezzapesa è liberamente tratto dall’omonimo libro di inchiesta dei giornalisti Carlo Bonini e Giuliano Foschini, i quali hanno indagato e studiato il fenomeno della “Quarta Mafia” che affligge il territorio del Foggiano e del Gargano, soffermandosi sulla storia di Rosa di Fiore, la prima pentita di criminalità organizzata di questa realtà locale.
Mezzapesa ha già rivolto, in passato, la sua attenzione e ispirazione alla propria terra di origine, con cortometraggi e documentari come SettanTA, sull’annosa vicenda dell’Ilva, e La giornata, riguardo la piaga del caporalato.
Ti mangio il cuore, scritto dallo stesso Mezzapesa insieme ad Antonella Gaeta e Davide Serino, è al cinema dal 22 settembre, con una conturbante fotografia in bianco e nero.
Le famiglie Malatesta e Camporeale si contendono da decenni il controllo della zona del promontorio del Gargano: Michele Malatesta (Tommaso Ragno) e Santo Camporeale, latitante, sono i due rispettivi capifamiglia, i cui dissidi sembrano essere sopiti dopo una sanguinosa regolazione di conti e grazie anche agli interventi diplomatici di una terza famiglia locale, i Montanari, guidata da Vincenzo (Michele Placido) e dal figlio Potito (Brenno Placido).
Tuttavia, gli antichi contrasti sono destinanti a riaccendersi quando Andrea (Francesco Patanè), figlio di Michele, e Marilena (Elodie), moglie di Santo, iniziano a frequentarsi intrattenendo una relazione prima clandestina, poi nota a tutti, generando un violento e incontrollato turbine di violenza.
Nell’ultimo decennio, film e serie TV che raccontano la realtà criminale italiana hanno riscontrato un successo crescente, facendo leva sull’irrazionale fascino e interesse dello spettatore verso un’etica sconosciuta e distorta, i cui intrecci coinvolgono ed entusiasmano.
Ti mangio il cuore si confà a questo genere, condividendone una trama oscura e dura, soffermandosi sì sull’efferatezza di certe azioni, ma soprattutto sull’umanità, sull’antropologia della scena, dello spazio.
Ecco che qui si inserisce l’ispirazione shakespeariana: non solo nel suo aspetto più evidente della trama, la relazione tra i due giovani protagonisti appartenenti a famiglie contrapposte, ma specie nell’indagine, nello scrutamento delle pulsioni più intime degli stessi personaggi.
A questo scopo, la scelta e l’uso del bianco e nero appare quanto mai appropriata: il contrasto dei due “non colori” enfatizza i volti dei protagonisti, definendone segni del tempo, smorfie, sorrisi e ghigni, tratteggiando in modo definito il ritratto di ognuno.
Inoltre, questa scelta registica unita alla fotografia (di Michele D’attanasio) mette in evidenza l’unicità, l’ancestralità di luoghi e riti, rendendoli assoluti, mitici, facendo sì che solo lì possano accadere i fatti narrati, astraendoli quasi dalla realtà.
A definire in modo compiuto una vicenda così umana sono, ovviamente, gli interpreti: il cast tutto mostra uno smalto e un carisma che appassionano e che permettono allo spettatore di entrare in empatia con ogni personaggio.
La cantante Elodie, al suo esordio cinematografico, è magnetica: Marilena è una donna sensibile e buona, e nonostante il contesto di morte e distruzione in cui si trova, non smette di credere all’amore, scegliendo l’umanità e la vita.
Francesco Patanè è un giovane MacBeth in lotta con sé stesso, avvinto dalla smania di potere e controllo, si perde nei gangli dell’orgoglio familiare, sollecitato dalla madre Teresa, interpretata da un’inquietante quanto magistrale Lidia Vitale.
Inoltre, lo sguardo di Tommaso Ragno permea lo schermo e la sua presenza rimane forte per tutta la durata della pellicola; si confermano, inoltre, di impatto e decisive anche le presenze di Michele Placido e Francesco Di Leva.
Nel complesso, Ti mangio il cuore è un film bello, crudo, straordinariamente intenso, non solo nel raccontare una storia che in sé ha la bellezza e l’intrigo propri di un romanzo, ma anche nella rappresentazione di un fenomeno complesso e delicato come quello della criminalità, denunciandone la crudeltà, enfatizzando al tempo stesso la storia di una donna che con coraggio ha saputo riscattarsi.
Da vedere.