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Commento al Vangelo. La vedova e il giudice iniquo, una parabola che chiede di guardare a noi stessi

Commento al Vangelo di domenica 16 ottobre, XXIX del Tempo ordinario - Anno C

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Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

XXIX Domenica del Tempo ordinario – anno C
Es 17, 8-13; Sal 120; 2Tm 3, 14-4,2; Lc 18, 1-8

Eugène Burnand (1850-1921): “La parabola della vedova e del giudice iniquo” (Litografia per Bibby’s Annual)

Una parabola che, come al solito, ci spiazza e ci invita a cambiare prospettive. Una parabola che, alla fine culmina in una sorta di “colpo di scena” che ci chiede di guardare a noi stessi, alle nostre scelte profonde, alla nostra relazione con Dio. La parabola della vedova e del giudice iniquo è, per dichiarazione esplicita di Luca che, in qualche modo ce ne dà il titolo («Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi»), una parabola sulla preghiera. Gesù già ha detto, in Luca, al capitolo undicesimo, cosa chiedere (nell’insegnamento del Pater, 11,1-4) e poi come chiedere (nella parabola dell’amico importuno, 11,5-13). E qui? Chiediamoci: chi è il protagonista della parabola? Mi pare che non sia la vedova con la sua insistenza, ma sia, in primo luogo, il giudice iniquo.

La parabola, infatti, mi pare voglia parlarci, certo nell’ambito di un discorso sulla preghiera, più di Dio che di altro. Il giudice iniquo serve a Gesù per parlarci, incredibilmente, del Padre suo … è un’esemplarità “per contrario”: è presentato un giudice così iniquo da non temere Dio e non aver riguardo per nessuno, cioè è uno che ha fatto di se stesso il centro dell’universo; infatti non ha rispetto né di chi gli sta sopra (Dio), né di chi gli sta intorno (gli altri); l’unico centro dei suoi interessi è lui stesso. Ora, dice Gesù, se un giudice di tal fatta alla fine risponde alla domanda della donna, quanto più Dio che è Padre e che desidera solo il bene per i suoi figli, farà giustizia a coloro che glielo chiedono, o a quelli la cui situazione di miseria, di oppressione, di vittime grida giustizia al suo cospetto?

La domanda della vedova non è una domanda banale: non chiede una cosa qualsiasi, chiede giustizia! Questa donna è l’emblema dei poveri, degli umiliati senza difesa, senza importanza per il mondo il quale per loro è sempre troppo grande e indaffarato … la donna riceve giustizia da quel giudice iniquo … Gesù a questo punto ha ribadito con la parabola il vero volto di Dio: è un Padre che certamente farà giustizia, non è una controparte che bisogna forzare, una controparte con cui venire a patti con un odioso commercio che diventa “religione”. Passa quindi a ciò che gli sta più a cuore e che è ciò a cui la parabola voleva condurre l’ascoltatore. Posto dunque che Dio farà giustizia e la farà anche prontamente (e su questo, con la parabola, Gesù ha affermato una assoluta certezza!), Gesù porta tutto su un altro registro. Ecco il “colpo di scena!

Né la vedova e la sua insistenza, né il giudice erano il vero centro del racconto: tutto, invece, si concentra sugli ascoltatori, su noi; Gesù pone una domanda che ci trascina all’interno dell’Evangelo: la cosa importante è la fede di chi prega! Dio è giusto e farà giustizia, ma noi ci fidiamo di Lui, della sua giustizia, dei suoi tempi, dei suoi modi? Ecco perché la pagina di oggi si conclude con una domanda che, ad una lettura superficiale, sembra piovere dall’alto e sembra accostata alla parabola con una labile logica. Invece non è così! Ecco la domanda: «Ma il Figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?». Una domanda che, a sorpresa, ci conduce al cuore di noi stessi, delle nostre vite credenti. Appunto: “di credenti” …L’alveo vero della preghiera non è tanto l’insistenza e quella scelta di importunità della vedova (come l’amico che va dall’altro di notte…cf. Lc 11, 5-8), quello che davvero conta è chiedersi se dietro l’insistenza, dietro la perseveranza, ci sia fede vera da parte dell’orante! Il pregare senza stancarsi è allora un’icona della fede che si nutre della certezza della giustizia di Dio e che non si stanca di stare alla presenza di quel Dio che è Padre vero e che altro non desidera che fare giustizia ai suoi santi!

All’inizio della parabola Luca ci ha detto che questa preghiera incessante e senza stancarsi è una necessità. È infatti il segno che il credente è davvero tale ed è davvero uno che ha riconosciuto la verità di Dio, la sua paternità! La pienezza della giustizia Dio la farà con il ritorno del Figlio alla fine della storia…allora ogni giustizia sarà compiuta! Insomma, Gesù con questa parabola ha voluto farci fare chiarezza nei nostri cuori; siamo uomini e donne che vivono la storia nella certezza che Dio è fedele e farà giustizia prontamente, cioè puntualmente? Al suo ritorno il Figlio dell’uomo vuole trovare questa fede; la domanda con cui si conclude questo passo di Luca sia martello esigente nel profondo di ciascuno di noi…è domanda essenziale perché la fede è lo spazio dell’accoglienza della salvezza, è il “luogo” in cui si gioca ogni personale compimento!

Il “frattempo” della storia, quello che si svolgerà fino al suo ritorno, dice Gesù, deve essere riempito dalla preghiera incessante, è tempo di mani levate come quelle di Mosè di cui ci ha narrato il passo di Esodo…tempo di mani levate ad implorare Colui che certamente mostrerà il suo amore che tutto compie e che adempie ogni giustizia; mani levate per accogliere il Regno veniente! Ogni oggi, nutrito della certezza della fedeltà di Dio, può divenire un vivere alla presenza di Dio. Questo si fa, concretamente, giorno dopo giorno in una paziente fedeltà capace d’abbandonarsi alla promessa di Dio.

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