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House of the Dragon: “le donne, l’arme, i cavalier” (e i draghi) in un racconto fantasy unico

Il prequel di Game of Thrones, conclusosi lo scorso lunedì e prodotto da HBO, è disponibile su Sky e Now TV

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Noemi Riccitelli – Ludovico Ariosto perdonerà l’audace citazione dell’incipit della sua più celebre opera, ma essa non risulta tanto impropria per enucleare quelli che sono i temi principali della serie che ha inaugurato la nuova stagione televisiva dell’anno: House of the Dragon.
La serie, tratta dal romanzo fantasy Fire and Blood di George R.R. Martin, nonché prequel (antefatto) della più celebre e ormai già cult Game of Thrones (a sua volta ispirata al ciclo di romanzi dello stesso genere intitolato A song of ice and fire, sempre dalla penna dello sceneggiatore e produttore americano Martin), è ambientata in un mondo immaginario, Westeros, caratterizzato da una società di tipo feudale, in cui gli uomini convivono con incredibili creature magiche, come i draghi, e le lotte sono all’ordine del giorno.
Dieci episodi di circa 50 minuti ciascuno, andati in onda a partire dal 22 agosto, ogni lunedì, su Sky e Now TV, conclusisi da qualche giorno con un finale di stagione che ha fatto registrare all’emittente e casa produttrice statunitense HBO il numero più alto di spettatori per un episodio conclusivo di serie dal 2019.

La narrazione della serie prende avvio ben 200 anni prima degli eventi che il pubblico ha visto e seguito in Game of Thrones: la famiglia Targaryen regna su Westeros e tiene ben saldo il potere con re Viserys (Paddy Considine) seduto sul Trono di Spade.

Non avendo eredi maschi, il re decide di nominare sua erede la primogenita Rhaenyra (Milly Alcock/Emma d’Arcy), mettendo da parte nella successione l’irascibile fratello Daemon (Matt Smith).
Tuttavia, dopo la morte di sua moglie, il re sposa in seconde nozze Alicent Hightower (Emily Carey/Olivia Cooke), figlia del suo consigliere e primo cavaliere Otto Hightower (Rhys Ifans), dalla quale ha un primogenito maschio.
Da questo momento in poi intrighi e losche relazioni infiammano la famiglia Targaryen, in un animato e bellicoso vortice che coinvolge tutti intorno a loro.

Si diceva di “donne, armi e cavalieri”: in questo, House of the Dragon riprende la linea narrativa che aveva già caratterizzato Game of Thrones, con un’attenzione particolare all’ambientazione storica, che si fa particolarmente vivida con dettagli e riferimenti diretti alla violenza e una certa componente sensuale, tratti principali che qualificano la scrittura di Martin rispetto ad altri esempi del genere fantasy.

Nella nuova serie, tuttavia, risulta spiccato proprio il ruolo delle donne, trattando un tema quanto mai attuale e, di conseguenza, veicolando un messaggio contemporaneo: il valore e il potere femminile nelle relazioni sociali e in campo politico.
La serie precedente aveva già posto i prodromi di una trattazione di questo tipo, enfatizzando la posizione dei personaggi femminili, ma la riflessione è rimasta a margine di una trama densa che si è fatta via via più complessa.
House of the Dragon, invece, innesta il suo nucleo narrativo proprio su questo: il casus belli è il re in carica che designa come sua succeditrice la figlia, contravvenendo alle rigide regole della successione dinastica.
Un passaggio importante, che riporta a precedenti storici concreti, si pensi alla regina Elisabetta I che successe al padre Enrico VIII, fino a giungere ai più recenti e virtuosi casi di cariche istituzionali ricoperte da donne in tutto il mondo, sebbene ancora limitate.

La serie, così, si carica di attualità: i profili femminili presenti sono eterogenei, ma tutte le protagoniste pur consapevoli della condizione di inferiorità in cui sono poste, si fanno tenaci nella definizione del loro ruolo, diventando essenziali nei giochi di potere.
Non solo la personalità, ma anche il corpo femminile ha un focus specifico: più volte le donne sono rappresentate nel momento del parto, culmine della loro forza, ma anche principio di quella che diventa la loro più grande debolezza: i figli.
Sono proprio i legami con la prole a generare il conflitto in House of the Dragon.

Il lustro della serie si deve, tuttavia, non solo alla trama e ai temi, ma anche ad un cast quanto mai brillante e talentuoso: ogni singolo interprete muove un’emozione e un coinvolgimento nello spettatore che non ha eguali.
Paddy Considine, Matt Smith, Olivia Cooke, Rhys Ifans, Emma d’Arcy, Milly Alcock, riescono ad interpretare i loro alter ego con intensità, conferendo a ciascuno un’impronta personale unica.
Personalità che risaltano grazie anche ad una sceneggiatura di spessore, con dialoghi che muovono riflessioni pungenti e profonde: lo stesso Martin, insieme a Ryan Condal, Sara Hess e Charmaine De Grate hanno realizzato un ottimo lavoro, pur sostituendo gli storici autori di Game of Thrones, D.B. Weiss e David Benioff.

Infine, House of the Dragon presenta una scenografia curata ed elegante: risaltano, in particolare, le fini scelte cromatiche, con una fotografia che pur prediligendo tonalità scure, riesce a distinguersi con colori che avvolgono, come velluto, personaggi e messa in scena.

In 10 coinvolgenti episodi, che hanno trattenuto alla TV anche i più scettici spettatori, amareggiati da un finale della precedente Game of Thrones ritenuto deludente, House of Dragon ha superato le aspettative, entrando di diritto tra le serie più belle adesso in streaming.

La seconda stagione, di un progetto che ne prevede ben quattro, è già in fase di produzione, con le riprese che dovrebbero iniziare già nei primi mesi del 2023: gli spettatori attendono con ansia, ma il 2024 sembra davvero troppo lontano.

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