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Donne e giovani, il nuovo “volto” della povertà. Il rapporto della Diocesi di Alife-Caiazzo

Dopo i dati diffusi da Caritas italiana il 17 ottobre e quelli resi noti ieri dalla rete delle Caritas della Campania, il dettaglio sulle povertà che emerge nella Diocesi di Alife-Caiazzo

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Il 17 ottobre Caritas Italiana ha pubblicato il Rapporto 2022 su povertà ed esclusione sociale in Italia, ogni mezzo di comunicazione ne ha dato notizia, non senza riflettori sulle novità emerse: “nel 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19” si legge nel documento. “Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente). L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020)”. Dati che si attingono dai quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas distribuiti su tutto il territorio nazionale; tra essi, anche quelli della Diocesi di Alife-Caiazzo. Povertà ereditaria e intergenerazionale è un altro aspetto indagato nel Rapporto da cui emerge che i nuovi poveri sono soprattutto giovani. Sulle politiche di contrasto alla povertà Caritas sollecita gli interventi possibili grazie ai fondi stanziati per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e al programma europeo Next generation EU.

Lunedì 7 novembre il focus si è stretto sulla Campania: a Napoli presso l’Università Suor Orsola Benincasa sono stati presentati i dati regionali del 2021 attinti dalle 16 Diocesi su un totale di 24 che utilizzano il sistema Ospo Web (canale di collegamento con Caritas italiana) per il censimento delle povertà (Alife-Caiazzo è tra esse). Rispetto alla media nazionale, la Campania come altre regioni del Mezzogiorno, presenta una media di povertà decisamente più alta superando infatti il 70% rispetto al 50% italiano.

Qual è la situazione nei 24 comuni della Diocesi di Alife-Caiazzo? Chi sono i poveri del nostro territorio? E cosa chiedono in particolare?
Ne abbiamo parlato con Paolo Carlone, diacono, Direttore della Caritas diocesana.

Che bilancio tracciamo per la Diocesi di Alife-Caiazzo?
Le famiglie in povertà risultano essere 3.285, per un totale di 6.571 persone (il 10% della popolazione residente). Come registrato in tutta Italia, anche da noi sale il numero dei poveri in giovane età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 15% fra minori, al 20% fra giovani di 18-34 anni, al 25% per la classe 35-64 anni e al 40% per gli over 65.

Effetti della pandemia su questi dati?
Tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà è cresciuta più della media per le famiglie con almeno 4 persone, per le famiglie con una persona di riferimento tra i 25 e i 55 anni, per i bambini tra i 4 e i 6 anni, per le famiglie degli stranieri, e per le famiglie con un solo reddito. Nel 2021 nei soli centri di ascolto diocesano e parrocchiali abbiamo incontrato 6.541 persone, con un incremento del 75% del numero di beneficiari supportati: la pandemia di fatto ci aveva impedito forme di incontro e occasioni relazionali…
Prevalgono le donne; nel nostro caso il 64% degli accessi rispetto al 36% di uomini. Bassa la percentuale degli stranieri, pari al 5% di coloro che abbiamo accolto. Un dato su tutti che allarma è l’aumento dei disoccupati o inoccupati passata dai dati precedenti del 61% al 77%; e al contempo crescono gli ambiti dei bisogni.

Quali sono i parametri in base ai quali una famiglia è considerata “povera”? Non parliamo solo di reddito ma anche di condizione sociale in generale; proviamo a tracciare un identikit…
L’identikit ha il volto di donna; sono le mamme, le mogli, che più coraggiosamente si presentano presso il Centro di Ascolto Diocesano portando con sè le esigenze e i bisogni dei nuclei familiari di appartenenza, rivelando le molteplici sfaccettature della povertà: l’esigenza non è mai una sola. Se in generale per povertà intendiamo condizioni di privazione materiale di beni, ineguaglianza dei redditi, ecc., dobbiamo considerare anche altre condizioni da soccorrere come i disagi scaturiti da separazioni coniugali, dalla presenza in famiglia di ammalati o disabili, dalla difficoltà di approccio agli iter burocratici per accedere a determinati servizi… Ma sono anche famiglie con il dramma della disoccupazione o di un lavoro nero e altre situazioni di sfruttamento e mancati diritti. Sono da considerare poi le piaghe sociali dell’alcolismo, del gioco d’azzardo del consumo di droghe con pesanti ripercussioni finanziarie e psicologiche sui singoli o i nuclei familiari.

Cosa chiedono nei vostri centri di ascolto?
La gran parte chiede sussidi economici (circa il 67%) per il pagamento di utenze (energia elettrica, gas, spese di alloggio ecc..); non manca la richiesta per l’acquisto di alimenti; altre esigenze sono per l’acquisto di medicinali, visite mediche e specialistiche, per ad analisi di laboratorio; rispetto al 2020 la richiesta di sussidi per le prestazioni sanitarie è aumentate del 14%, segno che l’assistenza medica – talvolta privata – ha costi inaccessibili per i più indigenti.

In che modo la nostra Caritas soddisfa i bisogni crescenti? E quelle parrocchiali come si muovono?
Riusciamo a coprire le richieste impellenti di generi alimentari che distribuiamo direttamente o tramite l’assegnazione di buoni da spendere nei supermercati; provvediamo altresì alla distribuzione di vestiario attraverso il magazzino solidale “Peter Pan”, in esso abbiamo allestito uno spazio riservato alle molteplici esigenze dei neonati. Difficilmente, invece, riusciamo a soddisfare richieste di lavoro o di alloggio. Le Caritas Parrocchiali seguono e compiono le stesse dinamiche, riuscendo con più regolarità e un’organizzazione più capillare a donare i pacchi di alimenti che distribuisce il Banco Alimentare di Caserta.

Spieghiamo che Caritas non è “un pacco da assegnare…”
L’azione della Caritas è qualcosa di più; uno stile da assumere e un suggerimento perché sia imitato nell’ambito della comunità ecclesiale: cerchiamo di affiancare le famiglie e i singoli che si rivolgono a noi accompagnando, con estrema vicinanza, le situazioni di disagio; carità non consiste tanto nel fare, quanto nel “dare amore, produrre amore, creare solidarietà” come insegnava don Giovanni Nervo, fondatore di Caritas Italiana. Perché non perdiamo di vista questo impegno proseguiamo nella formazione agli operatori delle Caritas Parrocchiali affinché l’attenzione ai bisogni materiali delle persone non prevalga rispetto all’accompagnamento morale ma anche psicologico di cui necessitano; negli ultimi anni – dato diffuso un po’ capillarmente in Italia – l’aumento delle situazioni problematiche ha distolto l’attenzione dagli obiettivi principali quali  l’animazione della comunità e l’ascolto dei bisogni altrui. È bene allora che le Caritas parrocchiali condividano con le comunità parrocchiali/ecclesiali in cui sono inserite la propria missione, coinvolgendosi tutti nell’ascolto e nell’accoglienza degli ultimi…

Quali strade suggerisce in tal senso la Caritas diocesana?
Stiamo progettando un corso di formazione con l’obiettivo di formare e aggiornare sulla nostra mission ma soprattutto per educare i volontari Caritas ad essere animatori nelle Comunità parrocchiali di uno stile che coinvolga tutti i credenti. Il problema dei poveri non deve essere solo delle Caritas ma dell’intera famiglia parrocchiale provocata dalle esigenze di coloro che vivono nel bisogno e quindi pronta ad intervenire, a farsi carico di piccole emergenze.

Quanto conta sui territori la collaborazione tra enti ed istituzioni? E nel nostro caso, come funziona?
È importante il dialogo, il confronto, il suggerimento reciproco dei “casi” e delle soluzioni. Nel nostro caso possiamo dire di essere innestati in una buona rete di collaborazioni con l’ASL Caserta, i patronati e le associazioni del terzo settore. La recente novità riguarda l’attivazione del servizio “INPS per tutti” che agevola l’accesso alle prestazioni erogate dall’Istituto. L’iniziativa si rivolge a coloro che pur avendo potenzialmente diritto ad una o diverse prestazioni socio-esistenziali gestite dall’Inps, non godono della totale fruizione di tali servizi perchè “burocraticamente escluse” e comunque distanti dall’uso dei sistemi informatici di accesso a determinate prestazioni.

In Italia l’età media delle persone in povertà si è abbassata. Un dramma concreto ma anche una speranza diversa: è possibile attivare strategie, occasioni, possibilità di formazione, orientamento, rieducazione sociale a vantaggio di giovani famiglie perché escano dalla condizione con la possibilità di futuro migliore ?  
I nuovi poveri sono per lo più in una fascia giovane: lo 0,9% è formata da under 18, il 22,5% da persone tra i 18 e i 34 anni, il 27,5% da persone fra i 35 e i 44 anni, il 23,1% da persone tra i 45 e i 54 anni, il 18,4% da persone tra i 55 ai 64 anni e solo il 7,6% di persone over 65. Quasi tre giovani su quattro sono costretti a vivere con la famiglia di origine (genitori) che nella maggior parte dei casi è titolare di trattamento pensionistico; stesso tipo di supporto giunge per le giovani famiglie…
La Caritas Italiana in coordinamento con le Caritas Regionali ha in progetto varie attività che mirano alla formazione al mondo del lavoro dei giovani al fine di fornire un orientamento; si stanno inoltre attivando attività di rieducazione sociale. Le attività in progettazione coinvolgono anche la nostra Diocesi che ha aderito al piano nazionale affinché anche il nostro territorio sia toccato da azioni/segni importanti.

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