Giovanna Corsale – Le immagini che continuano a giungerci da Casamicciola, attraverso la televisione, giornali e social, ritraggono scene che a ragione si possono definire apocalittiche, immagini a cui si associano numeri che spaventano e aprono alla riflessione sul rischio di dissesto idrogeologico, che riguarda quasi il 94% dei comuni italiani, secondo le indagini condotte dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. La frana che, nella notte tra venerdì e sabato scorso, ha sconvolto la popolazione di Casamicciola Terme sull’Isola di Ischia, che, nel cuore della notte, si è vista sommersa dall’enorme colata di fango e detriti vari scesa lungo il versante settentrionale del Monte Epomeo, ma nel contempo richiama l’attenzione di istituzioni e governanti a livello nazionale.
Come purtroppo accade dopo ogni tragedia, mentre i soccorritori continuano a spalare fango, prendono piede gli interrogativi soliti: quali sono le cause? A chi vanno attribuite le responsabilità della tragedia? È un disastro che si poteva evitare? Alla luce di quanto accaduto a Ischia, il Consiglio Nazionale Geologi, in un comunicato diffuso alla stampa sottolinea l’importanza di azioni preventive, per scongiurare rischi futuri, un discorso da estendere all’intero territorio nazionale, dal Nord al Sud isole comprese. Innanzitutto, sconcerta il fatto che, nonostante la vulnerabilità di gran parte del suolo italiano si è continuato a costruire anche là dove le condizioni geologiche e morfologiche non erano confacenti.
La premessa insindacabile che gli esperti suggeriscono è la consapevolezza che, non esistendo in Italia una zona a “rischio zero”, come afferma Arcangelo Francesco Violo, presidente del CNG, bisogna imparare a convivere con il rischio. Partendo da ciò, attuare piani di prevenzione pluriennali, che includano sia interventi strutturali che non strutturali, che prevedano aggiornamenti costanti e sempre più approfonditi. La mutevolezza del clima è all’origine di frane, alluvioni, smottamenti, terremoti, fenomeni che generano situazioni di emergenza, per fronteggiare le quali l’attività della Protezione Civile va supportata attraverso presidi territoriali preposti ad hoc. Tra le prospettive, “delocalizzare le strutture dalle aree a rischio, recentemente in Campania un importante riferimento è la Legge regionale del 10 agosto“, prosegue Violo.
Il monitoraggio dei luoghi mediante gli specifici strumenti, la loro manutenzione e, prima ancora, la promozione di campagne di sensibilizzazione e informazione sui possibili pericoli che ogni luogo può presentare, rivolte alle popolazioni che vi abitano, sono le “armi” da utilizzare per difendersi da possibili disastri e devastazioni, come quella che ha colpito l’isola d’Ischia, l’ennesima di una lunga serie.