Betlemme rivela segni ed esperienze puramente umane e povere, quanto di più vero e autentico possa parlare ad ogni popolo, ieri come oggi: Dio si fa uomo in mezzo agli uomini, prende posto nella Storia e parla una lingua universale, quella della fragilità, mai venuta meno all’esperienza del mondo.
Non c’è Presepe al mondo che non sia raccontato in questo modo; grandi o modeste rappresentazioni, popolate o scarne scene, hanno tutte un unico punto di gravità in cui si concentra la forza del messaggio: il Bambino, il corpo più piccolo di tutta la scena.
La soluzione ad una vita di marginalizzazione (quella dei pastori destinatari dell’annuncio degli angeli) è nella loro stessa vita: la povertà è scelta per essere lo stile del Figlio di Dio, quel bambino che una volta cresciuto confermerà nei suoi gesti, nelle parole, nei segni, nella Croce, che la salvezza è degli ultimi e di chi si fa ultimo e servo; quindi strade spianate per tutti…
Il racconto scenico iniziato con San Francesco d’Assisi ha percorso le strade del mondo e ha trovato spazio in ogni angolo della Terra, ad ogni latitudine: il più piccolo è quello su cui si concentrano gli occhi: il Bimbo, povero e fragile, chiede ad ogni tradizione di piegare il capo per cercarne l’immagine nella folla di pastori che popolano le nostre rappresentazioni “napoletane”: la più minuta e nascosta forma concentra la più solida e duratura verità: Dio sta dalla parte di chi si intravede appena… Il Principe della Pace ha le sembianze di un neonato: poche chances, diremmo oggi, a fronte dei neonati nati in povertà.
Ma la pace si fa con esattamente con quel poco! Con segni impercettibili, con gesti a cui abbiamo smesso di dare importanza; si concretizza con delicatezza e parole essenziali, anche appena sussurrate e compiendo scelte in controtendenza che sorprendono, con la mossa d’amore che un nemico in guerra non si aspetterebbe. Quante guerre quotidiane, piccole, grandi, silenti o rumorose: lo sono i conflitti internazionali (per i quali si programma il termine in base al calendario o alle scorte di munizioni che restano); lo sono i conflitti politici nei nostri paesi e quartieri combattuti con l’arma della superbia e dell’arroganza; lo sono quelli familiari combattuti con l’arma del possesso (di beni o di corpi o della volontà altrui); sono conflitti quelli nei contesti lavorativi sottoposti all’arma della competizione, delle pretese prestazioni; lo sono anche quelli nei diversi contesti sociali e aggregativi soggiogate dall’arma dell’egocentrismo.
Eppure il Presepe ci piace! Il Presepe, il contrario della nostra esperienza quotidiana, ci piace e lo invochiamo indipendentemente dalla sua forma artistica.
Lorenzo ha circa 8 anni e vive ad Alife. È un bambino vivace e curioso, pieno di domande fin da piccolissimo, ma anche di risposte; e come tanti della sua età non è estraneo alle gioie e alle difficoltà della vita (perché ogni età ti riserva una prova da superare per crescere). Frequenta la Parrocchia di Santa Maria Assunta perché la famiglia lo educa a questa esperienza e lo accompagna nella crescita della fede; gli piace cantare così come da sempre piace alla sua mamma… Nell’ultima domenica di Avvento, in occasione della benedizione dei Bambinelli, alla domanda “perché il Presepe è bello?”, la sua risposta è stata d’istinto, come di chi l’ha capito da sempre e non conta pensare poeticamente o teologicamente per rispondere, seppur le sue parole riassumono entrambi gli stili: “Perché sul Presepe nessuno litiga”.
La concitazione delle scene, il pullulare di suoni, movimenti, azioni, espressioni ridenti e indaffarate; i mendicanti e i ricchi, gli zampognari, i lunghi cortei dei magi, venditori, locandieri, lavandaie, lavoratori di passaggio, curiosi intorno alla Natività… Nessun segno espressivo sa di guerra. C’è la vita sul Presepe: “Era notte e pareva miezo juorno” come scrisse Sant’Alfonso Maria de’ Liguori in Quanno nascette Ninno; c’è la luce e la vita di mezzogiorno davanti alla grotta e intorno ad essa, proprio come nel momento più intenso e luminoso della giornata quando il Sole è nel punto più alto.
Sia mezzogiorno in ogni notte: questo l’augurio; sia mezzogiorno di luce in ogni angolo di cuore e di città senza pace; sia un mezzogiorno indaffarato di buone azioni, di segni che restituiscono pace e dignità ad ognuno.
Grazie Lorenzo!