La ricerca d’archivio ancora una volta ci restituisce pagine di Storia scritte non per forza nella nostra terra, ma intimamente unita ad essa per via dei personaggi che ne furono protagonisti. Pietro Paolo de’ Medici, vescovo della Diocesi di Alife, sepolto nella Chiesa di Ave Gratia Plena (a Piedimonte) veniva dalla Toscana: il Mugello, le boscose colline, le proprietà di famiglia… La recente ricerca condotta dal ricercatore matesino, prof. Armando Pepe, ci portano agli anni in cui il canonico di Santa Maria del Fiore, poi divenuto vescovo, cresceva e si formava.
Il valore di simili ricerche e letture sta in questo: non considerare mai la Storia dell’Umanità uno spargimento casuale di esperienze e culture, ma l’unico fluire di saperi, incrocio di ricchezze spirituali e morali, innesto di vicende che generano ancora storie, soluzioni, processi e progressi scientifici destinati al bene comune; neppure le geografie sono estranee tra esse.
Grazia Biasi
di Armando Pepe
L’importanza degli archivi
Scavare profondamente negli archivi apporta notizie nuove ed aggiornate, anche se non sono in linea diretta frutto di ricerche pertinenti ad un dato argomento e/o soggetto ma trasversali. In virtù di una documentazione, sia pure frammentaria e di natura prettamente economica, da secoli custodita dalla famiglia Lenzoni de’ Medici presso la villa “La Costaglia”, nel comune di Quarrata, vivace centro in provincia di Pistoia, sappiamo qualcosa in più attorno alla figura di Monsignor Pietro Paolo de’ Medici, vescovo della diocesi di Alife nella prima metà del XVII secolo, morto in Castello d’Alife (ora Castello del Matese), soccorrendo gli appestati. Senso del dovere e rigore morale appaiono lampanti e chiari del pari nelle carte che ci accingiamo a leggere e che delineano un uomo determinato a mantenere fede agli impegni presi.
Il credito nella Firenze medicea
Per far fronte alle spese quotidiane, dovute all’alimentazione, al mantenimento della casa e agli studi dei figli, Orazio de’ Medici, padre di Pietro Paolo, aveva chiesto un prestito sostanzioso al Monte di Pietà di Firenze, istituzione risalente al 1495. Dalle ricevute e altre carte inerenti ai conti degli interessi maturati per il prestito richiesto, e ottenuto, non solo si ricava la situazione debitoria ma anche una rete di nomi che, riuniti e messi in ordine, gettano nuova luce sul quadro familiare che, fino ad ora, appariva indefinito, essendo noti, e da poco, solo i nomi dei genitori e dei nonni materni e paterni di monsignor de’ Medici. I Monti di Pietà, solitamente formati e modulati dalla Chiesa per finalità cattoliche e di carità, non facevano altro che sottrarre coloro che richiedevano prestiti dalle cerchie degli usurai. Nel primo foglio dell’incartamento si legge: «Il detto signor colonnello Orazio accettò dal Monte di Pietà scudi 200 li 4 luglio 1597 a scudi 4 per cento, come per la copia della partita del Monte. Al tempo delle fatte obbligazioni, il detto colonnello possedeva i beni descritti in un foglio, dal numero 1 al 9, e parte del podere di Campiano, che gli era il 1560 per eredità e morte della madre, come per fede. In morte del signor colonnello, nel 1632, passò la sua eredità, di cui fu fatto l’inventario solenne in processo, al signor canonico Pietro Paolo, suo figlio. Anche il podere della Fonte, che rende al netto un anno per l’altro scudi 10, 4, passò al suo figliolo Pietro Paolo, come fondo dotale della madre».
Maggiori informazioni sull’eredità di Orazio de’ Medici
Procedendo oltre si appurano ulteriori notizie in merito non solo ai beni ma soprattutto alla ramificazione della famiglia, poiché sono messi nero su bianco nomi e professioni dei fratelli del prelato, oltre alla certificata situazione finanziaria. Per di più si viene a sapere della precisa ubicazione dei beni immobili, collocati nella zona del Mugello, nei pressi di Firenze, da dove al di là di ogni ragionevole dubbio la famiglia proveniva. Anzi, la villa di Cafaggiolo, una delle residenze estive dei sovrani di Toscana, ristrutturata da Michelozzo per volere di Cosimo il Vecchio, era stata ampliata poiché il granduca Ferdinando de’ Medici aveva acquistato da Orazio de’ Medici l’ampia tenuta della Rugliaccia. Nel dettaglio apprendiamo che: «La casa posta nel popolo di Santa Maria a Campiano [in Barberino di Mugello], detta “La Rugliaccia”, fu già podere grosso delli antenati del colonnello Orazio de’ Medici, il quale ne vendé bona parte all’Eccellentissimo Ferdinando [de’ Medici] per la somma di ducati 500, come dalla fede si può vedere. Gli [al colonnello Orazio de’ Medici] restò il campo, detto “Il Grande”, lungo il fiume della Sieve, che, per essere di cattiva qualità e contiguo a detto fiume non entrò in detta vendita; siccome è di cattiva qualità, in questo [campo] si semina tre quarti di grano e se ne raccoglie dodici; detto campo si può stimare in scudi 12. “La Vignola”, posta in detto popolo e nelle balze di quel poggio, per essere situata in terreno così cattivo e scosceso si è ridotta al niente, come altre vigne della fattoria di Cafagiolo a questa attaccate, tanto che con giusta ragione si può stimare in ducati 20; [La Vignola] non fa più di due barili di vino. La casa è molto grande, che già fu fabbricata per uso di padrone, e non finita, come si vede; non vi si vede altro che due misere stanze, da povero uomo abitate, che per scansare la pigione lavora nei campi della Vignola. La balza ove è posta detta casa è nuda terra incolta, il prato davanti alla porta di detta casa è di braccia 20».
Brevi profili familiari
Orazio de’ Medici, fratello di Giulio, figlio di Marco e di Maria Maddalena de’ Medici, aveva combattuto, sul finire del XVI in Lorena, inquadrato nelle file cattoliche, nelle guerre di religione contro gli ugonotti. Nel 1596 sposò in Firenze Alessandra Carosi, il cui padre era Matteo, benestante uomo d’affari. Orazio e Alessandra ebbero quattro figli: Pietro Paolo (primogenito), Ottaviano Ferdinando, Marcantonio e Giulio Cesare. Ottaviano Ferdinando, a sua volta, ebbe un figlio, di nome Marcantonio, che abbracciò la vita religiosa, divenendo abate. Pietro Paolo, invece, si addottorò in diritto civile e canonico, canonico di Santa Maria del Fiore, in Firenze, e poi vescovo di Alife, morendo, come si è detto poc’anzi, con abnegazione e in odore di santità. Le sue spoglie furono tumulate a Piedimonte d’Alife (ora Piedimonte Matese) nella chiesa di Ave Gratia Plena.
Fonti archivistiche, link e consigli bibliografici
Quarrata (PT), Archivio Lenzoni de’ Medici (ALM), filza 1, inserto 18
Rudolf von Albertini, Firenze dalla repubblica al principato. Storia e coscienza politica, Einaudi, Torino 1982.
Furio Diaz, I Medici, UTET, Torino 1976