Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)
di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Maria Santissima Madre di Dio, circoncisione di Gesù, Anno A
Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
Il tempo…l’inizio di un nuovo anno solare può essere sempre occasione per leggere e rileggere il valore del tempo… il tempo: il grande “contenitore” di tutto ciò che siamo … se ci pensiamo la nostra stessa vita, la vita di ogni uomo è racchiusa tra due indicazioni di tempo, una nascita ed una morte … il “frattempo” tra queste due date è la vita di ciascuno e l’intreccio dei nostri tempi personali crea la grande storia dell’umanità, anche in questo nostro oggi; tutti quelli che sono i viventi interagiscono e “creano” il sapore, il colore, la bellezza, la bruttezza, la luce o le tenebre di ogni oggi!
La data, in fondo convenzionale, del primo di gennaio ci porta a riflettere su un altro tratto di questo tempo comune e personale che è trascorso e di quel tratto di tempo che nuovamente si apre dinanzi a noi; un tempo che ci è donato perché sia “sensato”, perché sia, cioè, gustato come tempo in cui siano intrecciate relazioni veramente umane, in cui accogliersi, in cui anche dire parole critiche su ciò che imbarbarisce e disumanizza, in cui dire parole di edificazione di un mondo realmente più umano… dire parole e compiere atti umani ed umanizzanti…
Il tempo è lo scorrere dei giorni, è il chrónos che tutto divora, è lo scorrere inesorabile della sabbia nella clessidra, è il girare dei giorni del calendario che più non tornano indietro … è quel correre che ci avvicina sempre più a quella seconda data che conclude la nostra vita…il tempo è anche questo chrónos inesorabile. La rivelazione, però, ci annunzia una cosa sorprendente: il chrónos è abitato da Dio, da un Dio che si è voluto far presente nello scorrere del tempo trasformando così il chrónos in kairós luogo di grazia, in kairós, in occasione di vita, di pienezza, di bellezza, di senso.
La prima lettura di oggi è data dalla pagina del Libro dei Numeri che contiene la cosiddetta “Benedizione di Aronne”, la benedizione sacerdotale che il Signore consegna a Mosè per il popolo. Benedire non è un atto scaramantico per una generica protezione, benedire non è un atto teso a rassicurare che tutto vada bene; la benedizione è proclamazione di presenza e promessa certa di presenza; il Signore dice a Mosè che Aronne ed i suoi figli dovranno porre il Nome sugli israeliti; infatti la formula di benedizione contiene la triplice ripetizione del Nome di Dio sul popolo, il Nome che assicura la presenza (Jhwh cioè “Colui che c’è”) è pronunziato tre volte sul popolo donando protezione, luce e sorriso di Dio (è il senso del “far brillare il Volto”) e quindi amicizia ed amore paterno da parte di Dio; una presenza che approda al dono dei doni che è lo shalom, la pace; una presenza capace di trasformare la storia del popolo, una presenza che dona al tempo del popolo di Dio il sapore ed il profumo di Dio!
L’Evangelo ci dice che la benedizione di Dio, la sua presenza, si è fatta carne in Gesù; è Lui la presenza che salva, è Lui la presenza che dona luce, senso, pace … E Lui la possibilità di una nuova umanità.
Lo stesso nome del Figlio di Maria contiene una benedizione; è nome che proviene dall’alto («gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito» …), è un nome che promette salvezza (Jeshù, cioè “Jhwh salva”). Il nome che salva è imposto al Bambino nell’ora della sua circoncisione, nell’ora in cui quel Bambino santissimo è inserito nell’Alleanza per cui il Figlio di Dio, il Figlio di Maria è per sempre figlio della Promessa, figlio del Popolo santo di Israele e perciò può esserne compimento e dunque può essere Figlio di Davide, Messia e Salvatore!
In Gesù si adempiono tutte le promesse della Prima Alleanza e la sua circoncisione è di capitale importanza per questa storia di fedeltà di Dio! È la carne circoncisa di Gesù che lo immette nell’Alleanza dei Padri e che lo rende punto di arrivo e culmine di quella storia di amore e fedeltà del Signore verso il suo popolo santo. Se non fosse circonciso Gesù non sarebbe il Messia di Israele e dunque il Salvatore di tutta l’umanità!
Il tempo degli uomini è riempito da Dio e dalla sua presenza che salva … il Figlio, entrato nella storia, nel tempo, santifica definitivamente il tempo, ne fa luogo santo; tutta la storia è santificata dallo scorrere in essa dei giorni di Gesù di Nazareth… il suo chrónos fa diventare kairós tutta la storia…luogo in cui davvero è possibile incontrare Dio, il suo aver respirato l’aria del mondo ha fatto per sempre del chrónos un kairós; ora tocca a noi cogliere questa grazia e annunziarla, ora tocca a noi fare la nostra parte nello scorrere della storia.
Quale questa nostra parte? Cosa chiedere per noi al Signore all’inizio di questo nuovo anno? L’Evangelo di oggi ci presenta Maria come modello del discepolato; il discepolo, in fondo, è colui che ha colto il kairós e fa dunque del suo tempo un tempo di Dio.
L’Evangelo si è aperto con i pastori che, incredibilmente, annunciano l’Evangelo alla Madre di Dio e a quanti sono lì presso la mangiatoia. I pastori, per Luca, sono i primi evangelizzatori, i primi che, tra gli uomini, portano la buona notizia di Gesù.
E Maria cosa fa? Conserva tutte le parole che le sono state annunziate; il verbo greco è suntéreo che sottolinea la cura con cui Maria conserva dentro di sé quelle parole, non perde nulla, non muta nulla; è, inoltre, una custodia costante, prolungata, che durerà tutta la sua vita; per questo, infatti, Luca usa il perfetto greco che esprime il prolungarsi, la continuità di un’azione; la vita di Maria diviene un custodire la parola; la vita del discepolo nella storia, nel tempo, è custodire la parola che ha ricevuto, un custodire senza perderne pezzi per strada, senza mutamenti, senza addolcimenti o accomodamenti; così il chrónos diviene kairós; riempiendo il chrónos di questa cura che rende presente ed operante la Parola nella vita del discepolo, la Parola stessa diviene benedizione, presenza. Torna il tema della “cura” che coglievamo il giorno di Natale: è il prendersi cura di Dio, e dunque, è il prendersi cura della sua Parola custodendola e difendendola in primo luogo da noi stessi e dalle nostre dimenticanze o, peggio ancora, dai nostri tentativi di addomesticamento e attenuazione.
L’Evangelo, a tal proposito, ci dice chiaro che questa custodia non è un atteggiamento passivo, quasi un sotterrare la parola perché non venga rubata, mutata, dimenticata, addomesticata … no! Maria fa anche un’altra cosa, scrive Luca: al custodire l’evangelista aggiunge un participio sunballuousa; Maria custodisce “meditante”; il verbo sunbállein significa precisamente “confrontare”, “comparare”, “mettere assieme”; insomma Maria collega, confronta, mette assieme le parole che ha ascoltate e che custodisce; Maria è discepola fedele che custodisce la Parola ma che anche fa crescere in sé la Parola cogliendone le profondità e le implicanze, cogliendone l’ampiezza e comprendendo la direzione che quella Parola prende nella sua vita e nella storia tutta. Pensiamoci: Maria ascolta parole di grandezza dai pastori (e ne aveva ascoltate anche da Gabriele!) circa quel Figlio, ma ora lo vede piccolo, fragile, deposto nella greppia ed avvolto in fasce; Maria deve mettere assieme grandezza e piccolezza, povertà e gloria di Dio … Maria è discepola che deve far entrare nella storia l’incredibile paradosso cristiano, quel paradosso che giungerà a proclamare che un crocefisso dà senso a tutta la storia del mondo e trasforma per sempre il chrónos in kairós.
Per questo anno che inizia dobbiamo chiedere al Signore vera capacità di accogliere la benedizione che è Gesù custodendo le sue Parole facendole vivere e crescere nel nostro profondo. Così questo anno 2023 diverrà anno di grazia!