Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)
di Padre Giampiero Tavolaro
Battesimo del Signore – Anno A
Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17
La festa del Battesimo del Signore chiude il Tempo di Natale e apre al cammino quotidiano che la Chiesa percorre nel cosiddetto Tempo ordinario, invitando ancora una volta la comunità credente a contemplare la vera umanità di Dio in Gesù di Nazareth: in Gesù, Dio si è fatto uomo, assumendo non solo la carne umana, ma anche la grande fatica della libertà e della ricerca della verità.
L’umanità di Gesù non è stata esente dalla fatica propria dell’essere uomo per il fatto di essere l’umanità del Verbo: al contrario, è in questa fatica che Gesù ha imparato a scoprire la propria identità e la propria vocazione, sperimentando lo straordinario e ineffabile incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo.
Per gli Evangeli, il battesimo al Giordano rappresenta, dunque, il compimento di questa fatica di verità in Gesù: è questo il “momento” nel quale finalmente è rivelato a Gesù chi davvero egli sia e, in quell’istante, gli è rivelata la sua missione.
Se a Natale sono gli uomini a stupirsi dinanzi al Dio fatto carne e deposto nella mangiatoia, oggi è l’umanità a contemplare lo stupore di Gesù che sente su di sé la voce del Padre che tuona sulle acque (cf. Sl 29,3), gridando l’amore: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». Con queste parole, il Padre risponde al cammino interiore di Gesù, mettendo un “sigillo” su quanto Gesù stesso ha compreso e scelto alla luce dei lunghi anni di discernimento precedenti il suo ministero pubblico. Gli Evangeli, in realtà, non narrano i tormenti della ricerca di Gesù, ma dicono l’esito straordinario di quel travaglio: al Giordano, infatti, tutti scendevano perché attraverso Giovanni ricevessero la conversione e Gesù sceglie di mettersi assieme a loro, solidale con quella fila di peccatori; ed è nello schierarsi dalla parte dei fragili, dei deboli e dei peccatori, che egli sente su di sé la voce del Padre!
La fatica di comprendere si versa ora in Lui in una consapevolezza in cui il gesto di scendere al Giordano assume a pieno il suo vero sapore e significato: è il Figlio, l’Amato, che comprende e rivela la propria identità profonda nell’assumere l’umanità con tutte le sue fatiche, compresa quella di dover capire, scegliere, scoprire la propria identità e verità.
A quell’umanità, al Giordano, Gesù inizia ad aggiungere il peccato degli uomini suoi fratelli, non compiendo il peccato, ma prendendo su di sé il peccato del mondo: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). La parola d’amore del Padre ha “confermato” Gesù ed è stato su quella parola che egli ha gettato le reti della propria vita, decidendo di amare e condividere, di lottare e soffrire per l’uomo. Quella parola del Padre ha consegnato a Gesù un amore che riguardava la sua carne e che in Lui riguardava ogni carne, per ogni uomo.
È in questa consapevolezza che Gesù affronterà il deserto della tentazione, annunzierà il Regno, vivrà ogni giorno le parole profetiche di Isaia: «non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta… “Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”» (Is 42,3.6-7).
Scendendo nelle acque del Giordano inizia un nuovo esodo verso la patria che è Dio: scendendo nel Giordano, Gesù si fa battezzare (cioè immergere) nel peccato del mondo per poter immergere l’uomo nella santità di Dio!
«Conviene che adempiamo ogni giustizia»: la giustizia di Dio sceglie, in Gesù, una via di salvezza in cui Dio si compromette con la storia fino in fondo, si immerge nella storia di peccato del mondo, ne paga le conseguenze, ama senza sconti e mostra in tal modo il suo vero volto. Il Verbo fatto carne sulle rive del Giordano diviene così primogenito di molti fratelli (cf. Rm 8,29) e lo fa immergendosi nel profondo dell’abisso del peccato, fino alla croce che di questo battesimo è il vero compimento (cf. Mc 10, 38 e Lc 12, 49-50).
Contemplare il mistero del Battesimo di Gesù è, dunque, andare alle radici del rapporto con Cristo. Le acque che furono strumento di morte nel diluvio (cf. Gen 6,17) saranno, per i credenti in Cristo, luogo di nascita dell’uomo nuovo fatto a immagine del Figlio: ma nelle acque bisogna lasciare l’uomo vecchio, immagine del vecchio Adamo. Come per Gesù, anche per ogni uomo non ci sarà “passaggio” senza una offerta, senza una morte.