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The Fabelmans: Spielberg a cuore aperto con gli spettatori, ma non nel suo miglior film

Miglior regista e film ai Golden Globes per l’ultima pellicola del regista americano

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Noemi Riccitelli – Poche sono quelle personalità che diventano così rappresentative di una realtà artistica da poter realizzare e, forse, meritare un film sulla propria vita: Steven Spielberg è certamente una di queste.
Il regista americano, autore dei film più iconici della cinematografia contemporanea (E.T., Lo squalo, Jurassic Park, Salvate il soldato Ryan, Schindler’s List), con The Fabelmans ha realizzato un’opera personale che racconta sì la nascita della sua passione per la macchina da presa e il suo avvio al lavoro di regista, ma anche un ritratto delle sue vicende personali, che hanno segnato la sua formazione.
The Fabelmans, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2022, è stato candidato a ben 5 Golden Globes (i premi conferiti dalla stampa estera a film e serie TV dell’anno precedente), tra cui Miglior film, regia, attrice protagonista Michelle Williams, sceneggiatura firmata da Tony Kushner e Steven Spielberg e le musiche di John Williams, vincendone due: quello per Miglior film e Miglior regia.
Il film è in sala dal 22 dicembre e si appresta a proseguire il suo percorso di premi e apprezzamenti probabilmente anche agli Oscar 2023.
Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle) è solo un bambino quando i genitori Burt (Paul Dano) e Mitzi (Michelle Williams) lo portano al cinema per la prima volta: è il film “Il più grande spettacolo del mondo” di Cecil B. DeMille cui assistono.
Sammy rimane affascinato da quelle immagini e quando di lì a poco riceve in regalo la sua prima cinepresa non fa altro che immaginare e realizzare con entusiasmo tanti, piccoli film, coinvolgendo amici e familiari, scoprendo così una passione unica.
Tuttavia, con il passare del tempo, Sammy conosce esperienze non sempre felici: il trasferimento in nuovi ambienti, la distanza dei genitori, la discriminazione per le sue origini ebraiche.
Quando i sentimenti diventano così gravosi, Sammy affida il suo animo alle immagini, riuscendo a superare ed edulcorare anche i momenti più difficili.

Scrivere e dirigere un film ispirato alla propria vita non è da tutti, come già scritto in incipit: a Spielberg, tuttavia, è concessa questa libertà artistica, il privilegio di fare della propria vita un’opera d’arte.
È un regista intragenerazionale e poliedrico, lui, la firma di film che hanno fatto emozionare spettatori di ogni età, riempiendo le sale di tutto il mondo, attraversando i generi, dal fantastico, allo storico, all’avventura.
Steven Spielberg è un capitolo fondamentale della storia del cinema contemporaneo.
Così, dopo quasi 50 anni di carriera e 4 Oscar (su ben 20 candidature), il regista americano realizza un film che parla di sé, discostandosi dalle storie che ha sempre diretto.
Durante il discorso di accettazione dei Golden Globes, il regista ha detto: “Tutti mi vedono come una storia di successo, ma nessuno sa veramente chi siamo finché non siamo abbastanza coraggiosi da dire a tutti chi siamo”.
E così, lo fa: The Fabelmans, infatti, è una confessione personale al pubblico, forse quasi un atto di fiducia nei confronti degli spettatori che il regista si è sentito di fare, proprio per l’affetto e il calore che gli sono stati dimostrati nel corso del tempo.

La sceneggiatura, curata da Spielberg stesso e Tony Kushner, delinea una storia semplice, emozionante, con elementi di umorismo e la giusta tensione nei momenti più intensi.
A dare animo al soggetto ci sono però le brillanti interpretazioni del cast: tra tutti, Michelle Williams, che ricorre alla sua empatia per attraversare le fasi della vita di Mitzi, una donna appassionata, sognatrice, sui generis, una prova di attrice davvero notevole.
Accanto a lei Paul Dano, con un’interpretazione tenera e più dimensionata, ma non meno intensa, e anche il giovane Gabriel LaBelle si fa notare nel suo ruolo di protagonista, alternando i grandi occhi sorridenti delle azioni di gioia, alle espressioni più meste di quelli delicati.

John Williams, storica spalla musicale dei progetti di Spielberg (con il quale ha vinto ben 3 Oscar per la Miglior colonna sonora), è presente anche in questo film con un accompagnamento delicato, non invasivo, che lascia scorrere le immagini con fluidità.

In questo senso, la regia di Spielberg asseconda lo svolgersi della vicenda con leggerezza (le due ore e trenta di film passano senza intaccare la visione), ma curando in modo adeguato ogni dettaglio: belli, in particolare, i focus sulla perizia che Sammy pone nel lavorare alle pellicole, la resa del profilo dei personaggi, specie nel confronto tra la loro apparenza e la loro vera intimità, rivelata proprio dai fotogrammi dei film che Sammy realizza.
Ancora, l’accento sul tema della discriminazione razziale, così come l’attenzione alla cultura ebraica, cari al regista e, che dire del finale, una chicca per gli appassionati cinefili, con un cameo d’eccezione.

Eppure, nel complesso, per quanto bello ed emozionate, The Fabelmans non è il miglior film di Spielberg, quello che la maggior parte della critica in ovazione ha osannato e ha premiato: è un film che, da parte del regista, è una memoria necessaria e per lui dal valore unico, e da parte dei critici, degli estimatori, un riconoscimento quasi dovuto alla sua ispirazione artistica, creatività e carriera di lunga data.

Una visione che appassiona e si lascia guardare, ma da cui non si resta completamente ammaliati.

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