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Piedimonte Matese. La festa di San Giovanni Bosco, maestro e amico dei giovani

Martedì 31 gennaio la festa in onore di San Giovanni Bosco presso i Salesiani di Piedimonte Matese con la presenza di mons. Giacomo Cirulli

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Comincerà sabato 28 gennaio il Triduo in onore di San Giovanni Bosco, Santo ricordato per il suo impegno nell’educazione dei giovani, soprattutto dei più poveri e sofferenti. La festa presso i Salesiani “Don Bosco” in Piedimonte Matese, animata dalla famiglia dei Cooperatori Salesiani, a partire da sabato prossimo con la preghiera del Triduo. Martedì 31 gennaio, Solennità di San Giovanni Bosco, alle 19.00, il vescovo mons. Giacomo Cirulli presiederà la celebrazione eucaristica.

Un gruppo di giovani in occasione di una precedente festa di San Giovanni Bosco a Piedimonte Matese

Chi è Giovanni Bosco?
Giovanni Bosco nacque in una famiglia contadina ai Becchi, una frazione di Castelnuovo d’Asti (ora Castelnuovo Don Bosco) il 16 agosto 1815. Il padre, Francesco, che aveva sposato in seconde nozze Margherita Occhiena, morì quando lui aveva due anni e in casa non mancarono certo le difficoltà anche perché il fratellastro Antonio era contrario a far studiare il ragazzino che pure dimostrava una intelligenza non comune. A nove anni, Giovanni fece un sogno che gli svelò la missione a cui lo chiamava il Signore: si trovò in mezzo a dei ragazzi che bestemmiavano, urlavano e litigavano e mentre lui si avventava contro di loro con pugni e calci per farli desistere, vide davanti a sé un uomo dal volto luminosissimo che gli si presentò dicendo: «Io sono il Figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno» e aggiunse: «Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a fare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù». Poi apparve una donna di aspetto maestoso, la Vergine Maria che, mostrandogli il campo da lavorare – «capretti, cani e parecchi altri animali» – gli disse: «Renditi umile, forte e robusto» e, posandogli la mano sul capo, concluse: «A suo tempo tutto comprenderai.»

Una storia familiare difficile
Già allora Giovanni alla domenica, dopo i Vespri, riuniva i suoi coetanei sul prato davanti a casa intrattenendoli con giochi vari e con acrobazie che aveva imparato dai saltimbanchi delle fiere, poi ripeteva loro la predica che aveva ascoltato in chiesa e che, essendo dotato di una memoria eccezionale, ricordava perfettamente. Dopo la prima comunione (il 26 marzo 1826) per sottrarsi alle prepotenze del fratellastro, dovette andarsene da casa, lavorando come garzone alla cascina Moglia. Lì, nel novembre 1829, di ritorno da una missione predicata a Buttigliera d’Asti, si imbatté in don Giovanni Calosso, cappellano di Morialdo il quale, saputo da dove veniva, gli chiese di dire qualcosa sulla predica che aveva ascoltato e il ragazzo gliela ripeté interamente. Il sacerdote, stupito, si impegnò ad aiutarlo negli studi dandogli le prime lezioni di latino. Purtroppo il buon prete morì improvvisamente un anno dopo e Giovanni poté riprendere a studiare soltanto nel 1831, terminando a tempi di record in quattro anni le elementari e il ginnasio. Si pagava la scuola facendo ogni sorta di mestieri: sarto, barista, falegname, calzolaio, apprendista fabbro.

L’inizio dell’Apostolato tra i giovani
Il 25 ottobre 1835, a vent’anni entrò nel seminario di Chieri rimanendovi sei anni e il 5 giugno 1841 era ordinato sacerdote. Subito dopo, su consiglio di san Giuseppe Cafasso, passò al Convitto Ecclesiastico di Torino per perfezionarsi in teologia morale e prepararsi al ministero. E nell’attigua chiesa di san Francesco d’Assisi l’8 dicembre di quello stesso anno cominciò il suo apostolato facendo amicizia con un giovane muratore, Bartolomeo Garelli, che era stato maltrattato dal sacrista perché non sapeva servire la messa. Don Bosco gli fece recitare un’Ave Maria e lo invitò a tornare da lui con i suoi amici. Nacque così l’oratorio. Inizialmente, le riunioni avvenivano nell’Ospedaletto di santa Filomena per bambine disabili, che si stava costruendo a Valdocco per iniziativa della Serva di Dio Giulia Colbert, marchesa di Barolo, perché don Bosco era stato assunto dalla marchesa come secondo cappellano del “Rifugio”, una struttura realizzata da lei per favorire il reinserimento nella società di ex detenute e per salvare dalla strada le ragazze a rischio. Una stanza dell’Ospedaletto fu trasformata in cappella e dedicata a san Francesco di Sales, di cui la marchesa aveva fatto dipingere l’immagine su una parete. L’oratorio, superate diverse traversie, trovò poi la sua sede definitiva a poche centinaia di metri, sempre a Valdocco, nell’aprile 1846: ad esso col tempo si sarebbe aggiunto un internato per studenti e artigiani, mentre nel 1852 sarebbe stata benedetta la chiesa dedicata a san Francesco di Sales. Qualche anno dopo sarebbe nata la Congregazione Salesiana al servizio della gioventù, che avrebbe raggiunto uno sviluppo incredibile in Italia e all’estero.

Fonte Famiglia Cristiana

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