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Niente di nuovo sul fronte occidentale: la trasposizione del romanzo di Remarque in corsa per 9 premi Oscar

Il film del regista tedesco Edward Berger è disponibile da ottobre su Netflix

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Noemi Riccitelli – Presentato in anteprima lo scorso settembre al Toronto Film Festival, Niente di nuovo sul fronte Occidentale (Im Westen nichts Neues) è liberamente tratto dall’omonimo romanzo, un classico della narrativa europea del Novecento, dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque.
Il film, a firma del regista Edward Berger, si annovera tra le pellicole che hanno ottenuto il numero maggiore di candidature agli Oscar 2023: ben 9, Miglior film, Miglior film internazionale, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior colonna sonora, Migliori effetti speciali, Miglior fotografia, Miglior scenografia, Miglior trucco e acconciatura, Miglior sonoro.
Tra queste, colpisce che l’Academy abbia annoverato il film rappresentante la Germania non solo tra le cinque migliori pellicole internazionali (categoria dedicata, appunto, ai film di lingua non inglese) ma anche nella cinquina dei Migliori film della stagione.
Niente di nuovo sul fronte occidentale è disponibile su Netflix dal 28 ottobre.

1916. La Prima Guerra Mondiale imperversa: in Germania, un gruppo di giovani studenti, Paul (Felix Kammerer), Albert (Aaron Hilmer) e Franz (Moritz Klaus) decidono di arruolarsi nell’esercito imperiale tedesco, affascinati dall’idea di rendersi partecipi della propagandata e preannunciata vittoria della loro patria.
Destinati al fronte occidentale, tra Francia, Belgio e Alsazia, il gruppo di compagni si scontra presto con la dura e cruenta realtà della guerra di trincea, dove incontrano due più anziani commilitoni, Kat (Albrecht Schuch) e Tjaden (Edin Hasanovic).
Mentre il conflitto decima l’esercito tedesco, il diplomatico Matthias Erzberger (Daniel Brühl) lavora per i trattati di pace.

“Questo libro non vuol essere né un atto d’accusa né una confessione. Esso non è che il tentativo di raccontare di una generazione la quale – anche se sfuggì alle granate – venne distrutta dalla guerra.”
Così l’incipit del romanzo di Remarque, una presentazione composta, dignitosa, ma lapidaria sull’esperienza della Grande Guerra.
Berger, regista e sceneggiatore (insieme a Ian Stokell e Lesley Paterson) di questa seconda trasposizione dell’opera letteraria (la prima, infatti, risale al 1930, di Lewis Milestone), ma la prima ad essere realizzata nella lingua originaria del testo, il tedesco, pur non seguendo pedissequamente la narrazione dell’autore, ne conserva l’ispirazione dura e asciutta.
Infatti, Niente di nuovo sul fronte occidentale non presenta gli afflati sensazionalistici, l’aura di coraggio e determinazione di eroi-protagonisti che altri film dello stesso genere possiedono, no: fotogramma dopo fotogramma, la guerra si erge terribile e pervasiva non solo nelle trincee, sporche, fredde, ostili, ma soprattutto nello sguardo dei giovani protagonisti.
I sorrisi eccitati e il febbrile entusiasmo sui volti puliti di studenti corrotti dal cieco nazionalismo si volgono velocemente nelle espressioni vacue e spaventate, attonite, che sigillano per sempre l’esistenza di soldati imboniti e sfruttati.

Proprio così. Berger, dunque, dà spazio alla tragedia e dissacra il concetto di conflitto soffermandosi sugli uomini coinvolti: promotori e istigatori nutriti di effimero orgoglio da una parte, vittime di ingenui ideali, di un odio costruito dall’altra.
In questo senso, si evidenzia una linea narrativa condivisa con un altro film sul tema, Uomini contro di Francesco Rosi, con Gianmaria Volontè, tratto stavolta dal libro Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu, che sottolinea l’ipocrisia dei potenti, di chi impartisce ordini disumani, degradando l’esistenza altrui, pur non scendendo direttamente sul campo di battaglia.
Questo focus è più volte ripreso da Berger, con lo scopo di demitizzare le personalità che con la guerra hanno solo saziato il proprio ego.

Questi sentimenti riescono, tuttavia, ad emergere dalle immagini grazie soprattutto agli interpreti che offrono un profilo personale prezioso, commovente: la brutalità del contesto plasma inevitabilmente i loro animi e volti, come già sottolineato, ma l’esperienza non riesce ad abbrutirli del tutto.
Gli sguardi con i loro nemici, solo di circostanza, esprimono la consapevolezza di un destino comune non scelto, la sincera, tenera, reciproca pietà, che più volte assume la forma della lingua dell’avversario, una scusa accennata, come già quel “Fratelli” di Giuseppe Ungaretti.
In tal senso, emergono le performance di Felix Kammerer, Albrecht Schuch e Edin Hasanovic, cui è riservato un minutaggio maggiore, ma anche il più noto Daniel Brühl, nel ruolo del politico e diplomatico Matthias Erzberger, personaggio realmente esistito, fautore e firmatario per la Germania dell’armistizio di Compiègne.

Niente di nuovo sul fronte occidentale è certamente un film di impatto, meritevole di ogni singola candidatura ricevuta: la colonna sonora di Volker Bertelmann e la fotografia di James Friend contribuiscono in modo determinante alla confezione artistica del film, mentre la presenza nella categoria Miglior film, data la triste e inverosimile attualità della pellicola, è senza dubbio un forte segnale di attenzione (strumentale o meno ad una visione politica nazionale più ampia, questo è ad libitum) da parte dell’Academy.

In tal senso, l’invito a guardare il film da parte di chi scrive è altrettanto sentito: rifuggendo il puro scopo di intrattenimento, Niente di nuovo sul fronte occidentale è un war-movie che si presenta come una pragmatica analisi di una tragedia (la Prima Guerra Mondiale ha causato 17 milioni di vittime) che induce a riflettere, ancora una volta, duramente, sull’inutilità di una vicenda, purtroppo, contemporanea, satura di retoriche fini a sé stesse, di minacce e appelli agli armamenti da parte dei potenti che stanno a guardare, chi da un palazzo, chi da un bunker, esistenze dilaniate per i loro tronfi colpi di fiato.

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