Accade che Fiorello decida di fare una delle sue incursioni a Sanremo – in collegamento da Viva RaiDue – vestito comodo per affrontare la notte che l’attende (a lui tocca la conduzione del dopo festival, anticipando di qualche ora il programma mattutino in cui lo vediamo da qualche mese), e che tra gli abiti di scena appaia avvolto da un largo e morbido piumino verde, di colore intenso e deciso, sorprendente per quella forma così fuori misura.
Accade che quel piumino, un po’ sgualcito nel contesto da ‘accampamento fortuito’ che il bravo conduttore ha saputo creare per i suoi spazi televisivi notturni, porti in etichetta un nome e un cognome del Matese: Matteo Fortini, giovane designer di Letino laureatosi a luglio all’Accademia di Costume & Moda di Roma (fondata nel 1964 ma con una nuova sede aperta a Milano).
Se avevamo parlato su Clarus delle incursioni matesine nel Festival con i fuochi pirotecnici che hanno aperto la kermesse curati dalla ditta Pirostar di Alife, e della partecipazione al Festival della Musica Cristiana (sempre nella città dei fiori) del gruppo Nova di Alvignano, questa volta la storia riguarda un altro aspetto della manifestazione canora e non si limita alla sola settimana appena trascorsa. Da quando infatti è iniziato il programma Viva Rai Due condotto da Fiorello ogni mattina sulla seconda rete del servizio pubblico, sono diversi gli abiti di scena a firma di Fortini passati in Tv: il mondo della moda e dello spettacolo sono in dialogo, il primo per soddisfare le attese del secondo, e viceversa tv e giornali per mostrare ciò che l’arte italiana nel campo della creazione è capace di generare. Dunque è andata così: presso l’Accademia di cui Fortini è stato allievo giunge la richiesta di costumi per Rosario Fiorello; interpellato, il giovane designer, concede volentieri le sue creazioni e inaspettatamente se le ritrova non solo in trasmissione ma nel passaggio di Fiorello a Sanremo, transitando anche per i Telegiornali delle sere scorse.
Soddisfazioni che si sommano ai primi traguardi artistici di questo giovane, classe 1999, che dopo aver frequentato il Liceo Artistico “G. Manuppella” di Isernia ha lasciato il paese natale per realizzare nella Capitale il sogno coltivato fin da bambino: creare abiti, dare vita a fantasie ed accessori. Il suo vestire le bambole che realizzava da bambino, ora ha un perché; Matteo ha scorto in se stesso quale sia la meta da raggiungere. Quelle valigie e la partenza per la Capitale, il ritorno a Letino legato solo alle feste comandate esprimono il bisogno di essere altrove, di cercare fuori dal piccolo paese d’origine la strada per il futuro. Un distacco, e inizialmente uno strappo, reciso con determinazione, secondo il racconto di Matteo, “perché solo altrove e non qui, sarebbe possibile vivere di moda, creazioni, contatti…”.
Poi qualcosa cambia: resta la certezza che il mondo e l’esperienza professionale nel settore è lontano da da casa, “ma quel mondo da cui provieni diventa voce narrante che suggerisce le tue creazioni che ispira concetti, che si somma al percorso di studi fatto non solo di colori e tecniche, ago e filo ma soprattutto tanta introspezione, studi filosofici e artistici”, come lui stesso racconta, dopo mesi e qualche anno di confronto con numerosi artisti e colleghi. La Natura, DNA inscritto nella sua storia d’origine, si esprime in ciò che crea attraverso la contaminazione di linguaggi forti e pervasivi di opere letterarie, di musica, di arte in genere…
È stato così per la collezione “Ophelia” presentata all’evento Alta Roma per la sezione ACM Talents 2022 in cui Matteo ed altri colleghi dell’Accademia hanno potuto esprimere creatività e lavoro: Matteo in passerella ha portato sei capi di abbigliamento maschile con “sfumature di colore con outfit monocromatici che giocano con il ton sur ton, ma anche con effetti dégradé che rendono le proposte molto sofisticate”, come recensito da Vogue, rivista internazionale di moda e costume (clicca). L’acqua, come nell’opera che ispira il titolo della collezione, ha un ruolo centrale traduce in materia il concetto di amore filosofico su cui poggia il risultato che Matteo mostra in passerella. La medesima collezione, con le opportune integrazioni di commenti e approfondimenti, è diventata la tesi di laurea con cui si è congedato dall’Accademia. Ma non solo Vogue per Matteo Fortini perché il suo nome e i suoi capolavori sono anche su Luce Magazine.
Ora il passo da compiere è un altro: Matteo conferma la volontà di crescere e conoscere, di imparare e approfondire, di essere “alla scuola” dei grandi maestri, cosa che gli costa qualche chilometro ancor più lontano dal Matese, ma adesso non più con l’urgenza di recidere una radice sacra, piuttosto portarla con sé e lavorare per rivendicare valori nascosti, su quelle veirtà (artistiche, culturali e filosofiche) non opportunamente considerate (l’indipendenza femminile è un concetto che trova già posto nelle sue creazioni e che intende liberare con forza ancora maggiore). E dunque, accade che bisogna partire di nuovo: lo attende uno stage di sei mesi a Parigi presso Balmain, costosissimo brand internazionale dedicato all’abbigliamento di uomo, donna e bambino; qui Matteo Fortini si inserirà nel Print Design Team occupandosi di stampa e progettazione grafica.
A lui, e ai giovani che sognano, senza dimenticare la propria casa, buona cammino.