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Abiteremo tutti nel Metaverso? Come ci cambia la comunicazione, conoscere per “stare al gioco”

L'associazione Web Master Cattolici pubblica settimanalmente contributi formativi ispirati al mondo della comunicazione: attingono da esso ma in esso portano anche una riflessione etica e morale aiutandoci nell'approccio con i mutevoli mezzi e metodi della comunicazione web: oggi si parla di metaverso e di come cresce questo nuovo spazio

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Il metaverso è una parola misteriosa, ma di grande successo. Inventata da Zuckerberg, che l’ha copiata da un romanzo di fantascienza degli anni ’90, per un rilancio delle attività legate a Facebook, l’idea ha suscitato l’interesse di altri grandi attori della scena di Internet, che hanno indirizzato su progetti analoghi un fiume di miliardi di dollari. Stanno promuovendo progetti metaverso Microsoft, Google, Apple, Amazon, Sony. Ma non solo loro, come vedremo tra poco. E il nome metaverso viene abbinato a tante altre innovazioni tecnologiche, come cloud, blockchain, o NFT, anche se non esistono tra loro relazioni effettive, creando un immaginario collettivo di aspettative per il futuro.

Metaverso è parola magica che promette tante cose diverse, tutte legate all’idea di una realtà virtuale con caratteristiche tridimensionali, condivisa in rete, in cui gli utenti fanno esperienze “immersive” dentro una realtà “aumentata” da caratteristiche digitali. L’intento è quello di rendere più attraente la permanenza degli utenti nella rete e trattenerveli il più a lungo possibile, in un ambiente che riproduce la realtà o ne crea una immaginaria, tanto che metaverso è ormai considerato il termine per indicare il futuro di Internet.

La presentazione che ne viene fatta porta sempre più spesso a identificare ogni forma di realtà virtuale con il metaverso. Ma nei diversi settori applicativi – commercio e servizi professionali, intrattenimento e gioco, formazione, riunioni e conferenze a distanza – il metaverso assume caratteristiche diverse. Il settore dei giochi, con Roblox, Fortnite, Minecraft come principali produttori, propone soluzioni di realtà virtuale “disegnata” istantaneamente in base alle situazioni di gioco. Per il commercio sono disponibili show room virtuali, sale-mostra in cui gli oggetti da acquistare sono riprodotti con fedeltà rispetto agli originali, e corredati di schede informative dettagliate. I servizi professionali vengono forniti attraverso la rete, personalizzati in base alle esigenze dell’utente, aggiungendo il tocco di veridicità della simulazione fedele di un incontro “personale” con l’interlocutore, o meglio con il suo “avatar”, versione visiva dell’assistente vocale già molto diffuso. Altrettanto avviene nelle conferenze e nelle riunioni. L’ambito della formazione conta di avvalersi del metaverso per rendere esperienziale l’apprendimento. E ovviamente il mondo dell’arte e dei musei può trasferire le proprie esposizioni negli ambienti virtuali del metaverso.

Tanti settori, tanti metaverso. OsservatorioMetaverso.it di Vincenzo Cosenza ne conta più di 40, che beneficiano di un effetto moltiplicativo dell’attenzione da parte del pubblico,  anche se diversi tra loro.

Il metaverso è già intorno a noi?
Sebbene se ne parli molto, attualmente sono disponibili solo alcune delle soluzioni tecniche necessarie alla diffusione del metaverso. In particolare l’immersione nella realtà virtuale necessita ancora di particolari visori, occhiali da indossare per vedere intorno a sé la ricostruzione di un mondo virtuale. Presto però gli occhiali potrebbero non essere più necessari. Tuttavia ci sono altri aspetti critici da considerare.

Quali difficoltà sulla strada del metaverso?
La principale è la definizione di tecnologie standard, per consentire agli utenti di passare da un ambiente all’altro, da un mondo all’altro, senza difficoltà dovute a chi ha realizzato i vari metaverso. Allo scopo è stato costituito un consorzio, con  più di 30 aziende partecipanti, che raggruppa tutti i principali produttori eccetto Apple, Roblox e Niantic. Ma la difficoltà principale è probabilmente la mancanza di contenuti, e il costo necessario per produrli. Ricostruire una scena storica in realtà virtuale richiede infatti un notevole lavoro, tanto più quando si voglia ottenere un effetto realistico. E molti ambiti di apprendimento, si pensi ad esempio alla chirurgia, sono legati a macchine sempre più sofisticate che sviluppano oggi corsi di formazione in ambiente virtuale, e domani potrebbero essere interessati a svilupparsi su piattaforme metaverso.

A fronte di questo, l’interesse degli utenti rappresenta ancora una scommessa. Se si eccettua l’ambito dei giochi, non è ancora certo che gli utenti preferiscano soluzioni di realtà virtuale per incontrarsi, socializzare, apprendere. Forse solo nei settori commerciali e dei servizi professionali si può prevedere una rapida diffusione, a patto che le aziende sappiano cambiare le loro strategie e i modelli di business per adattarli alla nuova realtà, in cui l’acquisto è solo un momento di un rapporto continuativo tra cliente e fornitore, che entrano a far parte di un ecosistema fatto di ambienti virtuali.

Il futuro è degli avatar?
La continua novità è una esigenza di sviluppo, anche economico, della tecnologia che invade sempre più la nostra esistenza. Il metaverso promette di rinchiuderci in un mondo virtuale, assicurandoci che gli incontri e l’esperienza sociale che vi faremo saranno equivalente a quelli reali. Se guardiamo ad un recente passato, il fallimento di “second life” fa pensare che il metaverso non otterrà tutti i risultati attesi. Ma l’idea che trasmette disegna un’immagine di futuro di grande impatto, con cui dovremo fare i conti sempre più, nella vita individuale e sociale.

A cura di Fabio Bolzetta, presidente WeCa
Testo di Andrea Tomasi

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