Home Chiesa e Diocesi Commento al Vangelo, prima domenica di Quaresima: possedere o condividere?

Commento al Vangelo, prima domenica di Quaresima: possedere o condividere?

Commento al Vangelo della I Domenica di Quaresima - Anno A

928
0

di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

I Domenica di Quaresima – Anno A
Gen 2,7-9;3, 1-7; Sal 50; Rm 5,12-19; Mt 4 1-11

Le tentazioni di Gesù nel deserto (mosaico, XIII secolo, Basilica di San Marco, Venezia)

La prima pagina evangelica che la Chiesa invita ad ascoltare e meditare all’inizio della Quaresima è quella delle tentazioni di Gesù, che aiutano immediatamente a cogliere il tempo quaresimale come tempo di grazia, in cui è richiesta l’assunzione di una lotta. Per i discepoli del Signore, come già per Gesù, la lotta non costituisce una condizione “eccezionale”, straordinaria: essa è la loro condizione quotidiana. Tuttavia, la Quaresima riserva una particolare attenzione a questa dimensione di vita per mettere in evidenza l’esigenza che il credente si lasci sempre più plasmare dal mistero di Cristo.

La lotta alla quale introduce l’evangelo non è un’impresa titanica affidata alle sole forze dell’uomo: d’altro canto, se così fosse, essa sarebbe destinata al fallimento. È la presenza di Gesù a garantire la possibilità di vittoria sulla tentazione: il fatto che egli abbia affrontato tutte le umane tentazioni – di cui la pagina matteana è una mirabile sintesi antropologica, oltre che teologica –, il fatto di averle attraversate custodendo la fedeltà al Padre, non è solo un “esempio”, ma è mistero che già mette l’umanità in contatto con quella vittoria che Gesù ha conseguito.

D’altro canto, al di là del contenuto specifico che la tentazione può avere, ciò che è in gioco in essa non è altro che la libertà dell’uomo, posto di fronte alla costante alternativa tra l’assumere e lo smarrire la libertà del figlio (ciascuna delle tentazioni, infatti, è introdotta dalla insinuazione: «Se tu sei Figlio di Dio…»).

Gesù lotta per questo: vivere da Figlio – vale a dire tutto ricevendo dal Padre – o vivere nella rapina – accaparrandosi ciò che si reputa necessario per la propria vita. Letta in questa prospettiva, la pagina delle tentazioni mostra in Gesù il nuovo Adamo: Adamo nel giardino dell’in-principio aveva teso la sua mano per “rubare” il dono di Dio; Gesù, nel deserto, tende la propria mano, attendendo da Dio il pane che sazia la sua fame («Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio») e ciò è possibile nella logica di un ascolto fiducioso e obbediente, che sa credere alla promessa di vita da parte di Dio, sa custodire la memoria di quella parola anche quando le condizioni contingenti sembrano contraddirla e sa attenderne il compimento.

Adamo nel giardino dell’in-principio aveva teso la sua mano per disporre di Dio, per essere addirittura come Lui; Gesù, «pur essendo nella condizione di Dio» (Fil 2,6), non ha voluto disporre di Dio, ma si è offerto a Lui senza sfidare la sua potenza («Non metterai alla prova il Signore Dio tuo»), anzi scegliendo la via dell’impotenza del crocifisso.

Adamo nel giardino dell’in-principio aveva cercato il potere, ergendosi a signore di sé stesso; Gesù non si è prostrato a Satana e lo ha respinto («Vattene, Satana!»), perché solo Dio si adora («Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto»). Il primo Adamo è capovolto dal nuovo, Cristo Gesù, l’Adamo definitivo. Il primo rapinò, il secondo si fece figlio obbediente e tutto ricevette in dono dal Padre.

L’alternativa è esattamente questa: rubare o accogliere il dono. Rubare è di chi vuole salvare la propria vita (cf. Mt 16,25); ricevere il dono è di chi si fida mettendo la propria vita nelle mani di un Altro. Rapinare e possedere è diabolico, ricevere e condividere è da figlio! Gesù, scegliendo la via della figliolanza, rende gli uomini capaci di percorrere con lui quella stessa strada.

La Quaresima inizia così, con un invito ad attraversare la storia da figli, perché la meta dell’umanità è essere il Figlio di Dio! In fondo è questa la grande lotta: lasciare che Dio sia Dio, custodendo nell’obbedienza e nella libertà la sua parola, perché con essa Egli ci plasmi.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.