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Commento al Vangelo, terza domenica di Quaresima. Gesù e la Samaritana, un incontro chiarificatore

Commento al Vangelo della III domenica di Quaresima - Anno A

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

III Domenica di Quaresima – Anno A
Es 17 3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42

Henryk Hektor Siemiradzki (1843-1902): “Cristo e la Samaritana”. Galleria nazionale d’Arte Leopoli – Ucraina

La scena di Gesù al pozzo con la donna samaritana introduce alla prima delle ultime tre domeniche di Quaresima che, nel ciclo liturgico A, attraverso l’ascolto del Quarto vangelo, fanno percorrere alla comunità cristiana un itinerario battesimale, al fine di condurre ciascuno, nella notte di Pasqua, a rinnovare con maggiore coscienza e con potente slancio la propria identità di battezzato. In effetti, questa pagina evangelica si presenta come teologicamente densa di significati battesimali, che risultano strettamente intrecciati alla concretezza delle vite degli uomini che vivono le loro vicende nella storia tra desideri, “seti” che paiono inestinguibili, cadute che sembrano disperate, aridità, slanci che cercano un “oltre”, domande che anelano a risposte.

La donna samaritana di questa pagina giovannea è una figura quasi paradigmatica, che assomma in sé tutte le dinamiche umane, con le loro bellezze, ma anche con le loro fragilità. La pagina di Giovanni, però, è evocativa anche di un’altra dimensione: la fatica di Dio, che si muove alla ricerca dei passi dell’uomo perduti fin dal giardino dell’in-principio e che alla sua creatura rivolge instancabilmente la sua domanda: «Dove sei?» (Gen 3,9). È mezzogiorno, quando Gesù siede stanco al pozzo di Sicar e ha sete: quest’ora forse evoca la condizione moralmente ambigua della donna! Quando infatti, secondo un proverbio popolare ebraico, si diceva «Quella è una che va al pozzo a mezzogiorno», si intendeva dire che si trattava di una prostituta o comunque di una donna di pessima fama: tali donne usavano quell’ora “strana” per non fare incontri imbarazzanti e per non essere insultate, mentre le altre donne, quelle “perbene”, a quell’ora erano in casa impegnate per i preparativi del pasto.

Quell’indicazione del mezzogiorno, poi, è la stessa che verrà annotata scrupolosamente dall’Evangelo al momento dell’intronizzazione del Messia coronato di spine sul Litostrotos (cf. Gv 19,14): è l’ora della rivelazione del Re-Messia. Proprio qui, infatti, al pozzo di Sicar, Gesù si rivela quale Messia capace di togliere ogni sete che tormenta l’uomo e che lo fa cadere in quelle cisterne screpolate (Ger 2,13), in cui la setenon solo non viene appagata, ma diviene tormento che mette in balia di idoli: in tal senso, i cinque mariti della Samaritana  adombrano probabilmente i cinque baalim (i cinque padroni) che, secondo il Talmud, i samaritani adoravano.

Questo incontro al pozzo ha, poi, un sapore nuziale: al pozzo di Nacor, infatti, sono combinate le nozze di Isacco (cf. Gen 24,10) ed è ancora a un pozzo che Giacobbe incontra Rachele (cf. Gen 29,9). Al pozzo di Sicar, la sete di Gesù e la sua stanchezza incontrano la vita ferita di una donna che racconta le vite ferite e le seti senza risposta di ogni uomo: è l’incontro che l’evangelo – e con esso la liturgia di questa terza domenica di Quaresima – vuole che avvenga tra i credenti e il Signore, tra coloro che di continuo rischiano di cedere alle seduzioni degli idoli e Colui che, vittorioso sulle tentazioni, è portatore di luce e bellezza. In questo cammino il Signore incontra una Samaritana, che intreccia con lui un dialogo davvero “ironico”: chi è che ha sete? Chi ha l’acqua? Chi fa le domande più vere?

Sembra che la sete sia di Gesù, che l’acqua la possa attingere solo la donna e che questa abbia delle domande importanti da fare: in realtà, però, il racconto intende mostrare che la sete di Gesù è vera, ma serve a parlare di un’altra sete, quella che abita inestinguibile la donna; che la brocca ce l’ha la donna e sembra che sia lei a poter attingere alle profondità del pozzo, ma è Gesù che si rivela capace di un dono che toglie ogni sete; che le domande “teologiche” le esprime prima la donna, ma alla fine è Gesù che la provoca a credere di trovarsi dinanzi al Messia. È questo, dunque, un itinerario battesimale, un itinerario di verifica del battesimo per chi ha già il dono di Dio, ma non lo conosce per davvero, perché non ne ha fatto appieno esperienza e non ha permesso al battesimo di portarlo là dove Dio voleva!

Questa pagina provoca il credente a chiedere a Dio di essere Egli stesso la risposta alle proprie seti: provoca a chiedersi con coraggio se sa di vivere, in quanto credente, una vita “alla presenza” del Signore. Gesù si è accostato a questa donna non come il Dio che giudica, ma come Colui che le parla, rivelandole un evangelo di presenza e di vita nuova, in cui la sete umana ha una risposta in quei passi stanchi di Dio che viene a cercare l’uomo fin nella sua carne. Ed ecco che la donna lascia lì la sua brocca: è questa un’immagine potente di ciò che è necessario anche a ciascuno: abbandonare le brocche con cui ci si illude di attingere per le proprie seti; lasciare ciò che si ritiene essenziale per volgere il cuore a quello che davvero lo è!

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