Giovanna Corsale – Giovani e lavoro per nutrire la speranza: è intitolato così il messaggio pubblicato dai Vescovi cattolici italiani per la prossima Festa dei lavoratori che ricorre il 1° maggio. Il primo aspetto messo in risalto dalla Conferenza Episcopale Italiana è il dato di fatto scoraggiante che “un quarto della popolazione giovanile del nostro Paese non trova lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno”. Ciò induce a chiedersi quali siano le cause e quanto la società e le istituzioni si impegnino per facilitare l’accesso al mondo del lavoro da parte dei ragazzi, i quali, inoltre, “pagano anche il conto di un modello culturale che non promuove a sufficienza la formazione, fatica ad accompagnarli nei passi decisivi della vita e non riesce a offrire motivi di speranza”.
Così, per molti giovani il mondo lavorativo si rivela una dimensione discriminante, come lo stesso Papa Francesco osserva nell’Esortazione apostolica Christus vivit e, nei casi estremi, il solo pensiero di mettersi alla ricerca di una professione che restituisca dignità alla persona diventa fonte di stress e preoccupazione. Ad aggravare un quadro già complicato sono “la crisi demografica in corso nel nostro Paese” e “la situazione di precarietà lavorativa che vivono molti giovani” e che li costringe a rinunciare alla progettualità e a nutrire sfiducia nei confronti della società di cui sono figli.
Chiara l’intenzione della Chiesa cattolica di “condividere percorsi di vera dignità con tutti” e “la bellezza e la fatica del lavoro, la gioia di poterci prendere davvero cura gli uni degli altri, la fatica dei momenti in cui gli ostacoli rischiano di far perdere la speranza, i legami profondi di chi collabora al bene in uno sforzo comune. Sollecitiamo la politica nazionale e territoriale a favorire l’occupazione giovanile e facciamo sì che il rapporto scuola-lavoro, garantito nella sua sicurezza, aiuti a frenare l’esodo e lo spopolamento, soprattutto nei territori con maggiore tasso di disoccupazione”. Le aspirazioni, le critiche e le paure che accomunano i giovani vanno ascoltate con atteggiamento comprensivo e attento: “Vogliamo trovare il modo ed il tempo per sognare il loro stesso sogno di un’economia di pace e non di guerra; un’economia che si prende cura del creato, a servizio della persona, della famiglia e della vita; un’economia che sa prendersi cura di tutti e non lascia indietro nessuno”. Affinché una società goda di fondamenta stabili è necessario investire sulle generazioni future, permettere loro di credere nella vita e nei valori di “solidarietà e cura reciproca”.
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