“I Giudei […] chiesero a Pilato che fossero spezzate le gambe ai condannati e fossero portati via i corpi”. Gv 19, 31
Vitaliano Mandara* – Solo il vangelo di Giovanni attesta di questa petizione che i Giudei rivolgono a Pilato: essi chiedono di far spezzare le gambe ai condannati e di farli togliere dalla croce. Davvero non so come suonasse alle orecchie di Pilato questa ennesima richiesta dei Giudei. Vi invito a riflettere insieme con me prima in termini romani e poi in termini giudaici. Innanzitutto, in termini romani il crurifragium, cioè l’atto di spezzare le gambe con una pesante mazza, aveva la connotazione di essere una forma indipendente e ulteriore di punizione, per giunta alquanto brutale. Essa era riservata solitamente a tipi poco raccomandabili! E comunque sia, quand’anche venisse inferta, essa era eseguita non immediatamente. Le ragioni sono piuttosto ovvie. Il crurifragium affrettava la morte, perché rompere le gambe produceva forti emorragie e asfissia. Inoltre il peso del corpo non poteva più sorreggersi sulle gambe e tutto tirava sulle braccia. Ciò rendeva fatale la mancanza di circolazione. Ma se ci pensiamo bene, i romani non sempre avevano l’interesse di affrettare una morte. Essi, al contrario, tendenzialmente lasciavano gli uomini crocifissi a indugiare sulle croci a volte anche per diversi giorni, lasciando in non pochi casi che fossero gli avvoltoi a finirne i corpi. In tal modo essi volevano dare la giusta ammonizione per i criminali potenziali!
Al contrario in termini giudaici, per lo meno in questo specifico caso, questo atto del Crurifragium è necessario. La ragione potrebbe essere solo che la morte di Gesù doveva essere affrettata – e naturalmente quella dei due crocifissi con lui – perché l’inizio del sabato era vicino. Per quanto questa loro richiesta tradisca ancora una certa ulteriore ostilità, chiedendo a Pilato di agire così, essi intendono osservare la loro Legge, che proibiva l’esposizione dei cadaveri nei giorni di festa.
Insomma, se mettiamo come presupposto implicito l’idea che i romani non avessero alcun interesse oggettivo di affrettare la morte di un condannato possiamo ipotizzare che il vangelo metta in scena, implicitamente, un ironico confronto tra chi vuole, con motivi “politici” ritardare questa morte e chi, seppur con motivi “religiosi” la vuole affrettare. Ma ahimè il Signore si sottrae a questa contesa. Quando i soldati arrivano Lui è già morto. Gli altri due crocifissi non ancora, ma Lui si. Né i romani né i giudei hanno alcuna disponibilità sulla morte del Signore. Il suo corpo non subisce nessuna mutilazione. Non si dà spazio ad alcun sfiguramento. Nessun osso gli può essere spezzato. E’ alquanto singolare che l’evangelista Giovanni non ci dica neppure l’ora della morte di Gesù. L’ultimo riferimento cronologico era stato al capitolo 19,14 quando Pilato aveva presentato Gesù al popolo… «ed era mezzogiorno»! Questa morte è liberamente scelta dal Signore. Lui si offre. Anche il momento è deciso da Lui. Nessuno lo conosce. Non dipende da loro, non può dipendere da nessuno. Tutto sfugge!
Dalla Parola alla vita
Amici, io vedo questa contesa tra i romani e i giudei presente e riflessa anche in noi. Quanto ci affatichiamo anche noi per affrettare o ritardare alcune cose nella nostra vita! Anche nelle nostre relazioni a volte ci affrettiamo o siamo affrettati ahimè, altre volte ritardiamo e arriviamo troppo in ritardo! Nei giudizi su noi stessi e sugli altri siamo affrettati o ci attardiamo. Strano che ci attardiamo quasi sempre in giudizi spesso negativi. Leggerai questo contributo in ritardo o sarai andato di fretta. Così facciamo con il Signore e con la fede: o andiamo di fretta o siamo in ritardo.
Attenti questa Pasqua ci sfugge: tu andrai di fretta o arriverai in ritardo? Auguri!
*Don Vitaliano Mandara è un biblista, presbitero della Diocesi di Teano-Calvi, parroco di San Marcello Papa in Teano.