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Migranti e povertà al centro del Convegno di Caritas Italiana a Salerno fino al 20 aprile

Presenti i delegati Caritas di tutta Italia; le maggiori presenze saranno quelle campane, sia di laici che di vescovi; all'incontro anche le Diocesi di Teano-Calvi, Alife-Caiazzo e Sessa Aurunca guidate dal vescovo Giacomo Cirulli

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Marco Pagniello* – “Chiediamoci – ha detto Papa Francesco nel Regina Caeli di ieri – se siamo disposti ad aprire le braccia a chi è ferito dalla vita, senza escludere nessuno dalla misericordia di Dio, ma accogliendo tutti”. Un interrogativo che risuonerà anche nel 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane a Salerno dal 17 al 20 aprile “Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni” (vai al programma).

Uno stimolo per tutti a riflettere sulle ferite dei nostri tempi, a partire dalla situazione dei migranti, che continuano a morire in mare in cerca di futuro.

Su scala globale il fenomeno è in aumento: il numero di rifugiati e sfollati ha già superato i 100 milioni. Sulle coste italiane dall’inizio dell’anno a oggi sono stati oltre 30mila i migranti sbarcati, poco meno del quadruplo nello stesso periodo dell’anno passato, ma ben lontani dagli oltre 170mila sbarchi dal 2014, in buona parte da Siria e da Stati africani, e dai più di 180mila sbarchi del 2016, molti dei quali dalla Nigeria. Dopo la strage di Cutro il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale per 6 mesi. Una soluzione che consente di stanziare fondi ad hoc e anche l’emanazione di ordinanze, in deroga alle norme in vigore. Il fenomeno è però strutturale e chiede l’impegno di tutti per uscire dalla logica emergenziale e trovare rispose organiche, di medio-lungo periodo, coordinate anche a livello europeo. Il decreto 20/2023 (detto anche “decreto Cutro”), attualmente in discussione, si occupa di “disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione illegale”. Senza entrare qui nel dettaglio delle varie previsioni, accenno solo all’istituto della protezione speciale che ha garantito a persone irregolarmente presenti sul territorio di poter sanare la propria posizione tenendo conto del grado di integrazione raggiunto nel nostro Paese.

Se fosse cancellato o ridotto, molte persone, una volta scaduto il permesso di soggiorno, rischierebbero di essere espulse, a patto che esista un accordo in tal senso tra l’Italia e il paese di origine, oppure finirebbero in una condizione di irregolarità, vulnerabilità e marginalità. Una marginalità alimentata anche da un altro fenomeno ormai strutturale nel nostro Paese, cioè quello della povertà. Il 9,4% della popolazione vive infatti in una condizione di povertà assoluta: quasi 5,6 milioni di persone, oltre 1,9 milioni di famiglie, che non hanno il minimo necessario – in termini di beni e di servizi – per vivere dignitosamente. Anche su questo fronte adesso è tempo di concretezza e spirito costruttivo. Per poter elaborare un progetto condiviso sulle politiche contro la povertà.

 Le novità sul Reddito di Cittadinanza e il commento di Caritas 
Il Governo ha dichiarato l’intenzione, condivisibile, di sostituire il Reddito di Cittadinanza con due misure, una rivolta ai poveri che non sono in condizione di lavorare e l’altra destinata a quelli che, invece, lo sono. È la strada scelta anche dalla proposta Caritas, con Assegno sociale per il lavoro e reddito di protezione. Seguendo i modelli europei, una è una misura di inserimento lavorativo per persone occupabili in difficoltà economica e l’altra è una misura di tutela di un reddito minimo per le famiglie povere. Puntare su due misure distinte e con profili chiaramente definiti e differenziati, come nel caso di Rep e Al, avrebbe vari vantaggi, renderebbe più semplice ed efficace la gestione degli interventi e l’organizzazione dei servizi e offrirebbe maggiori possibilità di costruire risposte adatte alle specifiche caratteristiche dei diversi percettori.

(*) direttore direttore di Caritas Italiana

Fonte SIR

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