Stefano De Martis – Nonostante i tanti segnali positivi, il Rapporto Bes redatto dall’Istat documenta come il Paese sia ancora in forte sofferenza per l’impatto degli ultimi tre, drammatici anni dominati dalla pandemia, dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina. Bes sta per benessere equo e sostenibile, rilevato secondo una serie molto articolata di indicatori (oggi sono ben 152) messi a punto e costantemente aggiornati da quando si è preso coscienza del fatto che il famoso Pil, il prodotto interno lordo, non potesse essere l’unica misura della crescita di una società.
Il Rapporto di quest’anno, relativo al 2022, era atteso soprattutto in quanto orientato a mettere in luce le trasformazioni avvenute nel Paese rispetto al 2019, l’ultimo anno prima del Covid. “Le misure del Bes – spiega, presentando il Rapporto, Francesco Maria Chelli, membro del Consiglio dell’Istat e ordinario di statistica economica nell’Università delle Marche – ci mostrano come i divari territoriali, molti dei quali di lungo periodo, siano aumentati e, a mano a mano che ci si sposta del Nord verso il Sud e le Isole, prevalgano indicatori con segno negativo rispetto al periodo precedente”. A essere penalizzati sono soprattutto i giovani e, in termini diversi, le donne.
Infatti – sottolinea Chelli – “se più della metà degli indicatori riferiti agli adulti ha registrato un miglioramento del benessere tale da superare, nell’ultimo anno disponibile, il livello precedente alla pandemia, per i giovani con meno di 24 anni, invece, è migliorato solo il 44% degli indicatori e una quota quasi equivalente (43%) è peggiorata”. I dati disaggregati secondo il genere richiedono una lettura particolarmente attenta perché il confronto con il 2019 evidenzia per le donne un miglioramento della maggioranza degli indicatori (il 52,8%) mentre per gli uomini l’andamento è inverso (positivi solo il 38,9% degli indicatori). “Tuttavia – rileva ancora Chelli – il 39% degli indicatori fotografa ancora uno svantaggio netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile” e in particolare “un tasso di occupazione così basso da vedere escluse dalla indipendenza economica quasi la metà delle donne”.
Rispetto al 2019 l’andamento più critico riguarda i “domini” Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico. La percentuale di famiglie che reputa peggiorata la propria condizione economica è aumentata di dieci punti. I progressi si registrano invece nei settori Sicurezza, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita e Qualità dei servizi. Il raffronto con gli altri Paesi europei attribuisce all’Italia una situazione “peggiore” nella maggior parte degli indicatori. Spicca – e purtroppo non è una novità – il dato dei giovani che non studiano né sono occupati: i Neet sono il 19% rispetto alla media Ue dell’11,7%. Più in generale il tasso di occupazione italiano è di dieci punti inferiore alla media europea, con uno scarto ancora maggiore tra le donne (55% contro 69,4%).
Fonte SIR