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L’Azione Cattolica racconta Rosario Livatino. Si chiude con il magistrato D’Onofrio il ciclo “Voce ai testimoni”

Dopo gli appuntamenti dedicati ad Armida Barelli e a Giorgio La Pira, il Settore Adulti dell'Azione Cattolica della Diocesi di Alife-Caiazzo riflette sulla testimonianza di fede del "giudice ragazzino" beatificato nel 2021

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Con l’incontro dedicato al beato Rosario Livatino, l’Azione Cattolica della Diocesi di Alife-Caiazzo ha concluso il ciclo Voce ai testimoni; e lo ha fatto nell’auditorium comunale di San Potito Sannitico con la partecipazione del Dott. Giovanni D’Onofrio, magistrato presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Generosa la risposta del pubblico: oltre ai membri di Azione Cattolica provenienti da alcune parrocchie della Diocesi, numerosi anche gli Avvocati presenti (Giuristi Cattolici e membri dell’Associazione Avvocati del foro di Piedimonte Matese); anche dalle istituzioni un significativo segnale di partecipazione, in questo evento come nei precedenti: erano presenti a San Potito il sindaco del paese Franco Imperadore (il Comune ha patrocinato l’evento) con alcuni rappresentanti dell’amministrazione; il vicesindaco del Comune di Piedimonte Matese Bernarda De Girolamo con l’assessore alla cultura Loredana Cerrone; il parroco don Franco Pinelli.

Dopo gli appuntamenti dedicati ad Armida Barelli, fondatrice dell’Università  Cattolica e a Giorgio La Pira sindaco di Firenze, la scelta è stata per Rosario Livatino, l’uomo e il giudice, credente e credibile (prendendo in prestito sue importanti parole): questi nomi, con il carico di esperienza umana, sociale e spirituale sono provocatoriamente modelli di santità quotidiana, di impegno per la verità e la giustizia, per la cultura, per la libertà e la dignità dell’uomo. La storia di Livatino giudice si concentra in pochi anni di intensa carriera; D’Onofrio ha sottolineato l’alto senso del dovere, l’intensità delle sue giornate lavorative accompagnate dal constante pensiero per l’altro, per l’uomo e per la relazione con esso, presupposto fondamentale per riconoscerne anche pubblicamente la dignità (Rosario Livatino era solito stringere la mano agli imputati, in segno di profondo rispetto per la persona); “perché un processo si fonda sul dialogo, sull’ascolto, sulla relazione” ha ricordato D’Onofrio nel suo intervento appassionato ed emozionato. E poi la fede, il faro ad accompagnare le sue giornate: Sub tutela Dei il motto con cui ha vergato appunti, quaderni e documenti perché non c’era azione che non fosse per lui condotta da Dio e realizzata per Dio.

“Che cosa vi ho fatto picciotti?”, la frase con cui interroga in fin di vita i suoi uccisori la mattina del 21 settembre 1990 è ancora una volta da parte del giudice ragazzino (l’appellativo forse attribuitogli con poco rispetto, poi divenuto un inno alla suo giovane coraggio), il mettersi dalla parte di chi gli sta di fronte, è un voler sentire, capire, cercare le ragioni di ogni gesto “come ha sempre fatto anche quando pur sapendo di avere ragione non trascurava di ascoltare il suo interlocutore”, ha sottolineato D’Onofrio. È la frase che ha richiamato la Chiesa ad approfondire le sue virtù e a sceglierlo come modello di santità.

Ma Rosario Livatino oltre ai meriti di ieri, è nel presente ancora un segno forte, che parla di giustizia e di legalità: fu tra i primi a lavorare sulle confische di beni ai mafiosi avviando quei processi virtuosi di civiltà che oggi trasformano i beni materiali sottratti alla criminalità organizzata in segni di speranza: il Dott. D’Onofrio ha infatti citato il Progetto Policoro della Chiesa Cattolica e il lavoro di Libera che sui beni confiscati hanno impiantato cooperative sociali per dare lavoro e dignità a tanti giovani.

La serata di San Potito si è aperta con un giovane, un altro segno di speranza: Nicolas Porto, chitarrista, alunno del Liceo Musicale “Galilei” di Piedimonte Matese ha accompagnato con la musica un breve testo biografico di Livatino affidato alla voce di Emilia Conte, vicepresidente di Azione Cattolica (che ha coordinato l’incontro e introdotto al tema della serata) e poi cantato Don Raffaè di Fabrizio De Andrè  trasportando i presenti su contenuti forti, sugli ideali e i drammi per i quali Livatino ha dato la vita. Nelle parole di Emilia Conte il riferimento al giudice impegnato nel lavoro, come nella preghiera, e in Azione Cattolica: tutto un rendere giustizia per amore: “in questo cogliamo la straordinaria unità di questo giudice perchè amava Dio ma amava allo stesso modo i fratelli; questo amore trascendente ed immanente camminavano insieme (…). La sua apertura verso tutti, credenti e non credenti, lo ha reso un testimone senza tempo“.

A Daniele Martino, vicepresidente del Settore Adulti il compito di fare sintesi delle ragioni che hanno spinto l’Azione Cattolica ad organizzare questi tre appuntamenti di carattere pubblico innestati nell’ordinario cammino di formazione: “L’AC è da sempre sulle strade della vita, immersa nel mondo, con le radici innestate nella Storia d’Italia (sociale, politica, culturale) e con i rami nel Cielo, a prendere luce da lì, da dove tutto ha inizio per ogni credente. Dal Cielo alla Terra, la storia di noi credenti, l’esperienza di questa Associazione”.

Si è unita alla riflessione la delegata regionale del Meic, Rosaria Capone (il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale nato in Italia dalla Azione Cattolica, nella sua sezione diocesana guidata da Cristina Volpe, ha collaborato all’incontro). Le conclusioni affidate a Cinzia Brandi, presidente Diocesano di Azione Cattolica: dalle sue parole il grazie ai presenti per la risposta vivace, partecipe, segno di forte condivisione, ma soprattutto l’ulteriore spinta a fare insieme, a “costruire insieme, a tenere salde le comunità sui valori comuni che salvano l’uomo, lo aprono alla relazione e alla felicità”.
Vai al video dell’evento. 

 

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