Noemi Riccitelli – Sin dall’annuncio del cast e della sua realizzazione, questo film ha animato le cronache di critica e, come il costume moderno vuole, anche la sezione commenti dei vari social network, dividendo gli spettatori.
Infatti, cospicuo e aspro è stato il dibattito a proposito della scelta della giovane protagonista che avrebbe dovuto interpretare, e poi di fatto ha interpretato, Ariel: la principessa dei sette mari, figlia del re Tritone, dagli iconici capelli rosso corallo e gli occhi azzurro oceano.
La chioma rosso corallo c’è, ma la novella sirenetta ha destato critiche per il colore della pelle, in quanto la scelta è ricaduta su un’attrice americana dalla pelle ambrata, Halle Bailey, capovolgendo così il tradizionale profilo della principessa dell’originario film animato, tratto dalla fiaba (ben più malinconica) del danese Hans Christian Andersen.
Politically correct? Sì, forse; c’è da dire, tuttavia, che Disney già da qualche tempo ha intrapreso un percorso di narrazione che vuole essere più inclusiva, adattandosi giustamente a questi tempi in cui più sensibilità e caratteri rappresentano la contemporanea (e bella) composita realtà.
Così, questa scelta appare del tutto naturale se si considera questo punto di vista, inoltre, quanto importa che un personaggio rispetti delle caratteristiche fisionomiche particolari se la storia di cui è protagonista deve, in realtà, veicolare altro e di più rispetto la sua pura apparenza?
Un discorso delicato, all’interno del quale sono necessari dei distinguo per i singoli personaggi che animano la realtà e l’immaginario collettivo, che non è l’oggetto di questa riflessione.
Nell’anno del Centenario della sua fondazione, Walt Disney Pictures porta in sala il live-action di uno dei suoi classici di punta, La sirenetta (The little mermaid), con la regia di Rob Marshall, regista di celebri musical come Chicago (2002) e Nine (2009), oltre che per la stessa Disney, del quarto capitolo della saga Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare (Pirates of the Caribbean – On Strangers Tides, 2011) e Il ritorno di Mary Poppins (Mary Poppins’ Return, 2018).
Protagonisti la già citata Halle Bailey, Jonah Hauer-King, Javier Bardem e Melissa McCarthy.
Il film è uscito al cinema in Italia e in tutta Europa il 24 maggio.
Ariel (Halle Bailey) è una sirena, la più giovane tra le sette figlie del re dei mari Tritone (Javier Bardem), che nutre una particolare curiosità per il mondo degli uomini in superficie, di cui vorrebbe conoscere di più, nonostante il fermo divieto di suo padre.
Un giorno, durante il naufragio di una nave, Ariel salva Eric (Jonah Hauer-King), principe di un regno della vicina terraferma: la sirenetta se ne innamora e il suo desiderio di raggiungere gli esseri umani diventa più intenso, nonostante i suoi migliori amici Flounder (Jacob Tremblay) e Sebastian (Daveed Diggs) tentino di dissuaderla dal suo proposito, non privo di pericoli.
Tuttavia, Ariel si affida ingenuamente alla temibile Ursula (Melissa McCarthy), nemica di Tritone, che le promette l’innamoramento di Eric in cambio della sua voce, stringendo con lei un patto iniquo.
I giovani spettatori cresciuti “a pane e Disney” da qualche anno a questa parte, con l’avvento al cinema della serie di live-action dei rispettivi originali animati, siedono in sala sempre un po’ scettici e titubanti riguardo l’esito di queste operazioni: La sirenetta, tuttavia, risulta un buon prodotto, arricchendosi anche di nuovi aspetti che nulla tolgono al cuore della storia.
La regia di Rob Marshall riesce a bilanciare in modo armonioso le sequenze di recitazione degli interpreti e quelle in CGI (computer-generated imagery), un connubio che trova il suo culmine nelle parti musicali.
La sirenetta, infatti, conserva le inimitabili canzoni che hanno contribuito al suo originario successo: “In fondo al mar” (Under the sea), “Parte del tuo mondo” (Part of your world) e “Baciala” (Kiss the girl), composte da Alan Menken, la cui esecuzione da parte del cast resta coinvolgente, trasmettendo quell’allure magica.
Accanto ai classici brani, se ne aggiungono altri sempre composti dal veterano Menken, con le parole di Howard Ashman e Lin-Manuel Miranda, attore e regista, già autore di altre colonne sonore di recenti film Disney, come Oceania (2016) ed Encanto (2021).
Tuttavia questi nuovi pezzi, per quanto belli, non posseggono la stessa incisività e brillantezza degli altri; inoltre, rispetto alle sequenze canore, appare purtroppo evidente la discrepanza tra il labiale degli attori e le parole dei testi, segno che l’adattamento italiano non ha prodotto un risultato ottimale.
Va però fatto un plauso a Mahmood, che nella versione italiana dà voce al granchio Sebastian sia nei dialoghi che nelle parti canore, riuscendo nella personalizzazione in modo efficace.
Il cast, che tanto ha destato preoccupazione, alla fine risulta tutto bene in parte: Halle Bailey è incantevole e dà ad Ariel una nuova connotazione, senza tradire la personalità della figura di origine, la sua voce è cristallina e la sua interpretazione merita un ascolto anche in lingua originale, per quanto la giovane cantante Yana C nel doppiaggio italiano sia stata lodevole.
Jonah Hauer-King, come Bailey, riesce in una prova d’attore completa tra canto e recitazione.
Menzione particolare, inoltre, ai due outsider: Javier Bardem e Melissa McCarthy.
Bardem conferisce la giusta autorevole presenza a Tritone e McCarthy ha il giusto piglio ironico per Ursula, il cui ruolo, tuttavia, sembra essere stato un po’ ridimensionato, oscurato, rispetto all’estrosità che la contraddistingueva nel cartone.
Curiosità è che nella versione italiana Ursula sia doppiata da Simona Patitucci, l’attrice che nel film del 1989 prestava, invece, la voce proprio ad Ariel.
Da citare, senza dubbio, le suggestive ambientazioni: infatti, tutte le sequenze riprese in esterna sono state realizzate in Sardegna, nella parte settentrionale dell’isola, tra Santa Teresa di Gallura, Aglientu, Castelsardo e Golfo Aranci.
Nel complesso, La sirenetta risulta un live-action ben riuscito: la magia e lo spirito dei classici Disney abbracciano il messaggio (forse retorico, ma sempre necessario) dell’importanza della diversità, della necessità di avvicinarsi alla conoscenza di ciò che esiste intorno, non rimanendo ancorati ai propri pregiudizi e il film, a ben vedere, affida questa nuova istanza di cambiamento alla nuova generazione: i giovani Ariel ed Eric che con il loro amore e la comune passione per la scoperta, abbattono l’ostico pensiero distorto e dominante delle vecchie generazioni, le loro rispettive famiglie, dimostrando come nulla è mai ciò che appare superficialmente.