Daniele Rocchi – Da Barbiana, piccola e sperduta frazione di Vicchio, zona montuosa del Mugello, a Rondine, piccolo borgo medievale in provincia di Arezzo. Cittadella della Pace, racconta al Sir come don Lorenzo Milani, sacerdote, educatore e scrittore, abbia ispirato l’azione della sua organizzazione impegnata per la riduzione dei conflitti armati nel mondo. Lo scorso 27 maggio a Barbiana è giunto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella per celebrare i 100 anni della nascita del sacerdote (1923-2023) morto a soli 44 anni. Visita che fa seguito a quella di Papa Francesco, il 20 giugno 2017, suggello al riconoscimento della sua opera di alfabetizzazione degli ultimi, dalla quale sarebbe nato il libro “Lettera a una professoressa”.
Il prete don milaniano. “Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia gioventù un prete dell’appennino tosco-emiliano, mio insegnante di religione, che potrei definire ‘don milaniano’. Fu lui a proporre a me e ad altri studenti, di andare a fare doposcuola ai ragazzi delle scuole elementari figli delle famiglie contadine sparse nelle campagne vicino ad Arezzo. Per me che ero nato da una famiglia borghese – spiega Vaccari – vedere quel mondo rurale fu una enorme scoperta e compresi il divario che esisteva tra la città e la campagna limitrofa. Capii che quei ragazzi non avevano le stesse possibilità che avevamo noi in città. Così mentre facevo doposcuola conoscevo don Milani. Sono arrivato a don Lorenzo grazie a questi giovani delle campagne aretine”.
Ispirazione per Rondine. Ma fu anche l’incontro con “con la passione educativa e
l’impegno nel sociale che hanno caratterizzato la missione di don Milani” e che, rivela Vaccari, “mi hanno poi fatto compagnia in tutta la mia vita. Infatti, quando è nata Rondine Cittadella della Pace, nel 1976, li ho in maniera del tutto naturale, riversati in questa esperienza dalla quale è scaturito il metodo Rondine che vede ragazzi provenienti da luoghi di conflitto in tutto il mondo convivere ‘con il proprio nemico’, imparando ad affrontare il conflitto e a gestirlo, ponendosi come agenti di cambiamento attraverso azioni e progettualità concrete. Come don Milani a Barbiana accoglieva giovani emarginati dell’Appennino, a Rondine accogliamo i giovani emarginati dalla guerra, che muoiono sotto le macerie dei conflitti, intrappolati da dinamiche di violenza e di odio”.
La lezione di don Milani. Per il fondatore di Rondine il motto di Don Milani “I care” (mi interessa) contiene un messaggio potentissimo: “la cura delle relazioni. Prendersi cura dell’altro, per noi di Rondine, è prendersi cura del nemico della guerra. L’inimicizia si nasconde in ogni relazione e bisogna prenderne coscienza in maniera realistica”. La proposta di don Milani, allora, è dirompente perché rivela il tema del prendersi a cuore il giovane, lo studente che si ha davanti”. “Don Milani ci insegna a ripartire dalla relazione educativa e tutto questo gli deriva anche dal suo essere prete”. Ripartire dalla relazione educativa, aggiunge Vaccari, “è quello che facciamo nelle sezioni Rondine sparse per l’Italia: mettiamo le discipline dentro la relazione educativa. Da qui parte tutto, se non teniamo in considerazione questo aspetto, non incidiamo sul cuore. La relazione non può fare a meno di nutrirsi del conflitto inteso come dimensione positiva non negativa. Conflitto non è sinonimo di guerra ma è l’urto tra differenze. Nell’educazione questo è pane quotidiano, pensiamo alla differenza tra alunno e insegnante, a quella tra alunni, alle sollecitazioni che vengono quotidianamente dal mondo della scuola. La scuola è un laboratorio aperto a ogni differenza e ogni giorno vive il conflitto. Viverlo senza averne paura significa fare promozione umana e sviluppo”.
La forza della parola. In don Milani, poi, c’è un altro grande tema, quello della parola. Dice Vaccari: “Don Lorenzo ci consegna la potenza della parola, la forza della parola. Le ricerche di oggi mostrano che i ragazzi di 10 anni fa usavano un vocabolario di 1500 parole, oggi ne usano solo 500. Basta questo per capire come la povertà di parola tagli fuori dalla cittadinanza. Don Milani riconsegna ai ragazzi dell’Appennino, figli di montanari, la ricchezza della parola. Oggi, come allora, i giovani anche delle città, delle metropoli, con i mezzi di comunicazione non usati bene, diventano poveri di parole e di cittadinanza, dunque sudditi”. Nel suo libro “Lettera a una professoressa” il sacerdote di Barbiana parla del “divario tra ricchi e poveri” che è specchio della situazione attuale: “Pensiamo alla povertà nel Sud del mondo, ai ricchi e poveri nelle città, alla ricchezza e povertà culturale, alla ricchezza e povertà economica, alla ricchezza e povertà ambientale. Nel mondo i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Divari su cui oggi don Milani avrebbe puntato la sua azione”. “C’è la sua eredità da portare avanti – conclude Vaccari -: mettersi a servizio dei giovani. Servire i giovani senza servirsene. Don Lorenzo lo diceva dei poveri. E i giovani sono poveri di futuro, come ci ricorda Papa Francesco quando dice che abbiamo rubato il futuro ai giovani”.
Fonte SIR