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Il lungo episcopato di Mons. Nicola Maria Di Girolamo, quarantuno anni di “ansia pastorale”. A Caiazzo una serata in ricordo

Questa sera alle 19.00 dopo la messa, un approfondimento sulla figura del Vescovo a sessant'anni dalla morte: ne parlano Gino Tino, già Dirigente scolastico e Maria Carmela Caiola, architetto e docente di Storia dell’Arte. Prevista la distribuzione di un opuscolo a firma di Antonio Sgueglia. In allegato uno studio dello storico Sergio Tanzarella

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Veduta di Caiazzo

A luglio 2013 nel cinquantesimo anniversario della morte del vescovo di Caiazzo Nicola Maria Di Girolamo, la Diocesi di Alife-Caiazzo dedicava un’ampia riflessione sulla sua missione pastorale durata ben 41 anni (mentre nella vicina Diocesi di Alife si alternavano 5 vescovi). In quella occasione fu il professore Sergio Tanzarella, docente di Storia della Chiesa a tracciare un attento e aggiornato profilo biografico senza esitare a lanciare una proposta: l’intitolazione di una strada a quel Vescovo in ognuno dei comuni dell’ex Diocesi caiatina. Il motivo era senza dubbio nella memoria che si aveva e ancora oggi si ha di lui per la passione con cui guidò la piccola chiesa incidendo non poco anche sul contesto sociale del tempo. La storia personale del vescovo Di Girolamo si incrociò con quella di un popolo coinvolto nell’avvento del fascismo, della guerra in Abissinia, della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista che anche nella piccola Caiazzo portò morte e dolore, della ricostruzione post-bellica e l’alba della ripresa economia in Italia. L’appello di Tanzarella è rimasto lì perché spesso (e a causa di chi resta) la Storia rimane sulle pagine, con il rischio che il presente si impoverisca di stimoli che illustri e brillanti uomini e donne ancora oggi possono suggerire. La forza degli ideali, l’atteggiamento propositivo e profetico sono solo alcuni segni che ancora fanno bene e fanno dire che la santità che emerge dal quotidiano è frutto di scelte libere, sincere, commisurate al Vangelo, ieri come oggi. Riproponiamo l’approfondimento del prof. Tanzarella per ripercorrere tappe e tempi della storia locale. 

Sergio Tanzarella – L’episcopato di mons. Di Girolamo (1922-1963) è singolare innanzitutto per la sua durata. Quarant’uno anni non rappresentavano la media degli episcopati del tempo anche se allora non vi era il limite per i vescovi dei 75 anni che vi è oggi, infatti la diocesi di Alife ha, quasi negli stessi anni, ben 5 vescovi. Si tratta di un quarantennio che comprende esattamente ben tre pontificati: Pio XI, Pio XII e Giovanni XXIII ed è già solo questo un dato di grande interesse cui si accompagnano per la storia civile problemi aperti come: l’avvento del fascismo, la sua affermazione e la fine della questione romana del 1929, la crisi del maggio 1931, la guerra di Abissinia, quella di Spagna, la II guerra mondiale e la tragedia dell’occupazione nazista che tocca direttamente anche la città di Caiazzo, il lungo dopo guerra teso tra ricostruzione e guerra fredda, l’avvio della Repubblica, la Costituente del ‘46 e le elezioni politiche del ‘48 con i primi voti concessi alle donne, il collateralismo e l’effimero boom economico. Di quel lungo tempo Di Girolamo fu testimone e protagonista e così la storia nazionale può essere riletta attraverso le scelte pastorali e le riflessioni di un vescovo di una piccola diocesi meridionale. Tuttavia, un lavoro storico compiuto su questo episcopato è ancora tutto da farsi, nonostante la sua memoria – una positiva memoria – permanga forte nella diocesi e una serie di fortunate circostanze abbia permesso ad una parte considerevole del suo archivio di salvarsi dalla distruzione e dall’incuria. Resta però oggi grave la responsabilità di avviare al più presto la catalogazione dell’archivio per permettere agli storici di poter studiare le carte. Queste ultime, ad un primo carotaggio, mostrano materiali di grande varietà ed interesse dai documenti ufficiali (tra cui lettere pastorali e bollettini diocesani) ai carteggi, dai diari di lavoro a quelli personali. Già però le prime letture mostrano un impegno e un’ansia pastorale assidua, unita ad una spiritualità ispirata ai modelli tradizionali dell’epoca ma attenta a prendere le distanze da forme religiose effimere o dalla giustificazione del privilegio: “Come potrei permettermi certe comodità … quando vedo che ai miei sacerdoti manca il necessario?”. Su questo aspetto Di Girolamo diede prova di una esemplare sensibilità nei confronti di tutti coloro che erano nel bisogno realizzando per se una vita di esemplare povertà. Ciò si può verificare se si rilegge il testamento olografo che Di Girolamo scrisse  nel gennaio del 1963 quasi presago della propria morte che sarebbe avvenuta pochi mesi dopo a causa della rottura del femore ancora, in quegli anni, causa di morte per le persone anziane. Si tratta di appena 13 righe nei quali è contenuto il senso della ispirazione di tutta una vita:
“Vescovo di Caiazzo – Jesus Caiazzo lì 8 Gen. 1963.
Nel pieno possesso delle mie facoltà spirituali lascio quanto comunque mi appartiene nell’ora della morte alla diocesi che la divina Provvidenza si degnò di affidarmi e governare per oltre quarant’anni […].
+ N.M. Di Girolamo, Vescovo di Caiazzo”.   

Mi appare come queste poche parole restituiscano l’uomo, il prete e il vescovo nella sua reale grandezza. Realmente povero ed esclusivamente impegnato per la Chiesa senza alcun tornaconto personale, lasciò tutto quello di cui aveva fruito nella vita, come pellegrino di passaggio, alla diocesi che fu il centro della sua esistenza e delle proprie cure.
E’ poi certo sorprendente leggere nei Vota – presentati per il Concilio Vaticano II – che il Di Girolamo ormai quasi ottantenne mostri una attenzione al dialogo interreligioso che allo stesso Concilio troverà forti resistenze per  affermarsi: «Al Concilio Ecumenico siano invitati come “spettatori” e uditori le guide spirituali dei maomettani. I seguaci di Maometto, come ritengono famosissimi scrittori cattolici, sono molto più vicini alla fede cattolica di quanto la gente possa credere». Basterebbe già quanto qui richiamato per comprendere l’urgenza di cominciare a studiare la figura di Di Girolamo e il suo episcopato mentre alle comunità civili occorre chiedere un gesto riparazione alla disattenzione di questi decenni: tutti i comuni dell’antica diocesi di Caiazzo dovrebbero sentirsi impegnati in occasione di questo cinquantenario dalla morte a dedicare da subito una strada alla memoria di questo vescovo così lontano dal modello di vescovo principe e così umilmente compreso nel ministero di vescovo pastore: padre, maestro e fratello del popolo della Piana di Caiazzo.

Fonte Clarus 5 luglio 2013

 

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