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Commento al Vangelo di domenica 20 agosto. Un Gesù che si converte: la dimensione umana che lo rende sempre più vicino

Commento al Vangelo della XX domenica del Tempo Ordinario - Anno A

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di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

XX domenica del Tempo ordinario – Anno A
Is 56,1.6-7; Sal 66; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28

Che strano l’evangelo di questa domenica d’estate!
Un evangelo in cui i soliti ruoli sono sovvertiti, negati in qualche modo…per lo meno nell’apparenza: un Gesù che non mostra compassione, dei discepoli che si fanno intercessori (forse più per fastidio che per convinzione: «Vedi come ci grida dietro!») e una pagana che “converte” il Figlio di Dio!

Incredibile!

Matteo, che pure ci tiene a che Gesù non varchi il confine di Israele (per Marco nel passo parallelo non è così! cf. Mc 7,24) e che mette sulle labbra di Gesù il comando esplicito ai suoi di «non andare dai pagani» (cf. Mt 10,5ss), pone qui una scena che ha per protagonista una pagana, una pagana che va da Lui. È lei che ha sconfinato, è lei che si avvicina a Gesù e lo chiama con titoli di grande spessore: Signore e Figlio di Davide! E Davide aveva dato pane a tutto il popolo (cf. 2 Sam 6,19) e Gesù ha appena fatto lo stesso (cf. Mt 14,13-21) … e il pane equivale alla vita…e quel pane dato da Gesù è stato sovrabbondante (le dodici ceste avanzate!) perché, quando Dio dà la vita la dà in sovrabbondanza e nessuno rischia di restare senza…

La donna sembra quasi sapere di questa sovrabbondanza quando parla del pane che cade dalla tavola dei figli.
A Gesù, che pare insensibile e chiuso a una via nuova, la donna ricorda quella sovrabbondanza di pane e Lui, che non si era fatto smuovere né dai titoli teologicamente corretti che gli aveva dato, né dalle sue grida, dalle sue invocazioni e dal racconto delle sofferenze della sua figlioletta, si lascia smuovere da quest’umile notazione: il suo pane è tanto sovrabbondante che cade dalla tavola dei figli!

Gesù prima non l’ha degnata di una parola e poi le ha detto delle parole perfino scortesi paragonandola a un cagnolino (si ricordi che “cane” per un ebreo corrispondeva a “pagano”); la donna riconosce che quel che ha detto Gesù è vero…non nega la parola di Gesù, ma si richiama proprio ai doni che sono scaturiti dalla sua parola; questo – incredibile! – apre gli orizzonti delle prospettive della missione di Gesù.

Il rifiuto e la freddezza di Gesù provenivano dalla convinzione che un’azione miracolosa fuori dal popolo di Israele non corrispondesse ai progetti del Padre; che il Padre l’aveva inviato ai figli di Israele; questo certo non escludeva che l’Evangelo dovesse poi raggiungere tutti gli uomini, come già i profeti avevano detto e oggi abbiamo sentito, nella prima lettura, in un oracolo di Isaia proprio su questo tema, ma Gesù sa che Lui deve predicare ad Israele, che è il Messia di Israele; poi l’Israele fedele farà giungere l’Evangelo ai confini della terra.

D’altro canto, per Gesù i miracoli devono essere segni leggibili e solo Israele aveva la chiave per leggerli; infatti, Gesù aveva risposto agli inviati del Battista con un collage di una serie di citazioni di Isaia attraverso cui un ebreo poteva leggere la sua identità proprio guardando a quelle opere di salvezza («i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati e i sordi odono, i morti sono svegliati e i poveri evangelizzati», Mt 11,5).
La donna, essendo fuori dalla tradizione ebraica, come leggerebbe un gesto miracoloso? C’è il rischio che lo legga solo come un prodigio e non come un segno! E Gesù rifiuta!

La donna però ha dimostrato con la sua fiducia in Gesù e con la sua straordinaria intuizione dell’abbondanza dei doni di Lui, di saper leggere oltre il gesto che gli chiede, mostra a Gesù la possibilità che i lontani si nutrano, fin da quei giorni, di quel pane sovrabbondante che è l’annunzio dell’Evangelo che dà la vita…non disconosce sdegnata il suo status di cagnetta (cioè di non-figlia!), lo accetta e si pone nella speranza!

La sua è la speranza del creato tutto che attende la rivelazione dei figli, come scriverà Paolo (cf. Rm 8,19-22); e Gesù apre il suo cuore ad orizzonti più vasti e più immediati…e compie il prodigio che ora sa che la donna sa leggere come segno; Gesù ha capito che questo prodigio è un segno anche per Lui stesso!

Non dobbiamo aver paura di affermare che Gesù abbia imparato da questa donna; la sua vera umanità è talmente vera che ha dovuto e voluto fare anche la fatica di una comprensione sempre maggiore di se stesso e della missione che il Padre gli aveva dato da compiere.

Non bisogna temere questa visione dell’umanità senza sconti di Gesù, essa spalanca a noi la meraviglia dell’amore di Dio che, per raggiungerci, non ha ricusato nessuna delle nostre fatiche; in questo essere davvero nelle nostre fatiche il Figlio di Dio ci ha salvati! Ci ha salvati prendendo su di sé tutte le nostre lotte e le nostre fatiche, anche la fatica dolorosissima di lottare contro le proprie visioni e le proprie convinzioni.

Questo Gesù che “si converte” mi convince ancor più della sua divinità e mi convince ancor più della bellezza del nostro Dio che vuole essere con noi fin nel profondo delle nostre fatiche umane.

Così Gesù è veramente via per noi e per le nostre lotte e per le nostre “conversioni” …

 

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