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Oppenheimer: la Storia in chiaro-scuro. Scienza e coscienza in un serrato (e lungo) confronto

Dal 23 agosto al cinema l’atteso ultimo film di Christopher Nolan sull’inventore della bomba atomica

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Noemi Riccitelli – Un’attesa lunga circa un mese rispetto alla data di uscita ufficiale quella per le sale italiane dove, finalmente, dal 23 agosto è disponibile Oppenheimer, l’ultimo film di Christopher Nolan che, negli Stati Uniti e nei Paesi in cui è già stato distribuito, ha conquistato il box office estivo insieme a Barbie di Greta Gerwig.
Tratto dal libro premio Pulitzer del 2005 Robert Oppenheimer. American Prometheus di Kai Bird e Martin J. Sherwine, la sceneggiatura è curata da Nolan stesso che dirige anche un cast di primo livello, tra protagonisti e personaggi secondari.
Il film, della durata di ben 180 minuti, racconta le vicissitudini di Robert Oppenheimer, appunto, il fisico che diede origine all’arma letale per eccellenza: la bomba atomica.

Stati Uniti, 1943. Il fisico Robert Oppenheimer (Cillian Murphy), dopo una brillante formazione giovanile nei più importanti atenei d’Europa, riceve l’incarico dal governo statunitense di presiedere il delicato progetto Manhattan.
Infatti, il secondo conflitto mondiale imperversa e gli USA cercano una risoluzione definitiva alla guerra.
Così, Oppenheimer lavora in modo incessante con una squadra di esperti colleghi e, non senza dubbi e incertezze, sgomento egli stesso, arriva alla creazione della bomba atomica.
Il resto è Storia, ma alla fine della guerra il fisico si trova a fronteggiare l’accusa per una sospetta collaborazione con l’Unione Sovietica e a fare i conti con le conseguenze della sua creazione.

Per quanto la fervida immaginazione umana possa creare storie uniche e affascinanti, niente probabilmente rimane più stimolante della realtà stessa.
E se Christopher Nolan nel suo ricco catalogo di narrazioni è sempre riuscito a raccontare e plasmare, sorprendendo, universi e dimensioni immaginifiche, con Oppenheimer ha ceduto al racconto della Storia.
Del resto, la vicenda del fisico statunitense rappresenta un caso di indubbio interesse, una storia di dilemmi etici, come lo stesso regista ha affermato, che muove interrogativi e riflessioni personali tutt’altro che banali.

Ciò che, infatti, emerge dalla storia è soprattutto il confronto tra la scienza, il progresso, la volontà di andare oltre ed esplorare i limiti e le possibilità della conoscenza, insieme alla coscienza, alle intime implicazioni personali di Oppenheimer.
Dunque, l’uomo e lo scienziato. Una frattura profonda evidenziata più volte attraverso sequenze che ritraggono il protagonista assalito da visioni che lo eccitano e turbano al tempo stesso.
Il focus rimane proprio sul protagonista, un Cillian Murphy maiuscolo, già in odore di premi, i cui primi piani sono sempre vividi, lasciando trasparire in modo inequivocabile i suoi stati d’animo, con una fotografia a colori (Hoyte van Hoytema) che si oppone alle sequenze dedicate, invece, al suo antagonista Lewis Strauss (Robert Downey Jr), in bianco e nero.

Eppure, nel complesso, l’intera narrazione tende a risentire della sceneggiatura-fiume di Nolan, che corre tra presente, passato, personaggi, situazioni, suggestioni, dialoghi che non facilitano la progressione del racconto, ma anzi la frenano tendendo a generare un po’ di confusione.
La perizia tecnico-artistica del film, indubbia, mentre per alcuni aspetti, si veda la musica e la colonna sonora (Ludwig Göransson) che enfatizza la tensione, la solennità di momenti cruciali del racconto, sublima la pellicola, per altri, invece, prende il sopravvento sul coinvolgimento emotivo, non permettendo allo spettatore di entrare fino in fondo in empatia con i personaggi, soprattutto il protagonista, che rimane vincolato alle sue visioni inquiete, senza scandagliare oltre la sua interiorità.

Il cast, con nomi brillanti e unici, è prezioso, e anche i ruoli secondari sono eseguiti con incisività: Cillian Murphy e Robert Downey Jr sono centrali, appartengono a loro, infatti, i due punti di vista del film, ma anche Matt Damon, Emily Blunt e Florence Pugh catturano lo sguardo in performance di spessore.
Kenneth Branagh, Casey Affleck, Rami Malek, Josh Hartnett, Matthew Modine, Gary Oldman, Tony Goldwyn, Jason Clarke, James D’Arcy e Dane DeHaan completano la ricca compagine di interpreti.

Oppenheimer è certamente una valida visione, in cui la forte autorialità di Nolan caratterizza l’ispirazione con uno stile che, forse, premia più la tecnica, la cinematografia in sé, che non l’emozione che una storia umana dall’impatto così forte come questa dovrebbe suscitare.
Il film, tuttavia, riesce comunque a lasciare il pubblico coinvolto, con riflessioni e pensieri che abbracciano anche i complessi tempi contemporanei.

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