Il Matese a settembre, un popoloso laboratorio di biodiversità: specie vegetali che si riadattano alle nuove temperature della stagione autunnale che in quota arriva prima del tempo; specie animali (anfibi in modo particolare) in cerca dell’ultimo sole; e i funghi protagonisti dei boschi. Ma la scena principale resta quella degli uccelli migratori e sono molteplici le specie che dai paesi nordici al continente africano scelgono in modo particolare i monti del Matese: la schiribilla, il voltolino, il canapino maggiore, la cannaiola verdognola, il pettazzurro sono queste (e non solo) approfonditamente studiate in occasione di alcune campagne di inanellamento (Migrandata) per 8 anni a partire dal 2010 da parte dell’Associazione Ardea che confermava la naturale vocazione di laboratorio scientifico dei luoghi naturali come prati e canneti. Da allora non sono mancate altre occasioni di studio da parte di Università, Istituti di Ricerca o semplicemente appassionati di ornitologia. L’importanza di chiamarsi “Parco Nazionale del Matese” che il mondo scientifico, culturale e associativo attende (solo in parte quello politico) attesterebbe l’autorevolezza dell’appennino centrale in contesti anche internazionali creando quel tornello di informazioni, conoscenze, contatti, comunicazioni, visibilità, garanzie di tutela che servono al territorio per migliorarsi, per crescere e per conservarsi, ma anche per essere scuola aperta a supporto della Ricerca.
Su Clarus, un precedente intervento di Rosario Balestrieri, Ornitologo e Divulgatore scientifico, segretario del Centro Italiano studi Ornitologici e Presidente dell’Associazione ARDEA ma anche volto televisivo, era l’occasione e lo è ancora, per pensare il valore del nostro laboratorio matesino: “Gli uccelli migratori spesso si fermano nei siti più idonei lungo la loro rotta e da questo punto di vista l’Italia, essendo un ponte naturale fra Africa ed Europa, è percorso da innumerevoli rotte. Il Matese ha di speciale un’enorme varietà ambientale, che consente ad innumerevoli specie di trovare un sito di soste ideale per il riposo ed il foraggiamento, dal piviere tortolino, che staziona in vetta a Miletto, Gallinola e Mutria, al cannareccione, che dall’Africa Meridionale riempie il canneto del Lago Matese, ai tordi, i luì e i fringillidi, che prediligono le varie tipologie di boschi che cingono il massiccio”.
Tanti i risultati fissati dopo ogni campagna di inanellamento: la certezza che molti uccelli (gli stessi) stanziano periodicamente nel Matese; la conferma che questo luogo è habitat privilegiato e unicamente scelto da altre specie, ma anche che provato a studiare virus potenzialmente pericolosi per gli uccelli.
E per i non addetti ai lavori? Cosa rappresenta per gli abitanti del luogo tutto ciò? E cosa per il turista occasionale della domenica? Il Matese, un luogo sacro da calpestare con cura, in punta di piedi, in silenzio immersi nella sua cornice. Altro non serve.