“Il tema deve tenere sempre conto del contesto più ampio e della sfida educativa, di quel patto che sta venendo meno tra le diverse agenzie educative. Occorre ripartire da lì. L’inasprimento delle pene può essere un deterrente per affrontare una situazione che ha caratteristiche nuove, ma occorre investire ad esempio sulle carceri minorili, aiutare il reinserimento dei minori che lasciano gli istituti di pena, lavorando sulla giustizia riparativa, garantendo i mezzi e la continuità perché possa svolgere il suo ruolo”.
Lo sostiene il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, in un’intervista a “Il Giornale” all’indomani dell’approvazione in Consiglio dei ministri di tre decreti legge, tra cui il cosiddetto Decreto Caivano sulle “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”.
Dopo la violenza di gruppo perpetrata da minori ai danni di due cuginette di 11 e 12 anni, polemiche e proposte: in campo associazioni a tutela dei diritti dei bambini, agenzie educative, la Chiesa, e il Governo, ma anche l’attesa dell’opinione pubblica che non sia soltanto un’attenzione momentanea. Il Decreto introduce misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile; dunque pene più severe ai giovanissimi, ma anche carcere ai genitori che non ne curano la formazione scolastica (leggi il Comunicato con i dettagli).
Per il cardinale Zuppi, “non si può solo intervenire dopo”: “Per affrontare la grande questione educativa, perché non diventi velleitario e quindi illusorio o addirittura nocivo, servono interventi concreti. Facendo tesoro anche dei fallimenti, dei ritardi, delle omissioni che favoriscono la crescita di disagi giovanili”. “Confondere l’attività della magistratura minorile e di quanti si occupano di minori con buonismo è sbagliato!”, prosegue il presidente della Cei: “Su Caivano, così come su quelle che vengono considerate periferie, tutti sappiamo qual è la situazione: è necessario lavorare quotidianamente, tutti insieme, sull’ordinario. Esperienze come quelle dei doposcuola sono importantissime perché ritessono comunità e relazioni”.