Il Matese si conferma location ideale per la ricerca e l’aggiornamento scientifico: le cime e i vasti campi carsici restano spazi di appostamento ideale per lo studio degli uccelli migratori che transitano sull’appennino centrale, spesso sostando per brevi periodi.
Anche quest’anno l’Associazione Ardea collabora con il raggruppamento Carabinieri Biodiversità (reparto Biodiversità Castel di Sangro AQ) per il consueto conteggio simultaneo dei Grifoni (Gyps fulvus) che ha come scopo la quantificazione della consistenza della popolazione dell’Appenino centrale e meridionale.
Ad occuparsi del monitoraggio sulle cime più alte, la Gallinola (1923 m slm) e monte Mutria (1823 m slm), sono stati i soci Ardea Danilo Coluccio, Carlo Fracasso e Giovanni Capobianco posizionati con i loro cannocchiali di precisione per osservazioni nella prima parte della giornata – momento ideale per raccogliere il maggior numero di dati – in simultanea con colleghi dall’Abbruzzo.
Nessun grifone intercettato sul versante campano – spesso tale vantaggio è frutto anche di casualità – ma non è mancato all’appello il Piviere tortolino (Eudromias morinellus) migratore della tundra artica e degli altipiani del nord Europa, censito da ormai 13 anni sul Matese quando erano i tempi di Migrandata, campagna di inanellamento che per alcuni anni ha permesso di qualificare il Matese come luogo chiave per questo tipo di lavoro utile alla ricerca. Una seconda giornata di osservazione sotto forti raffiche di vento, lunedì 18 settembre, oltre a riportare davanti ai cannocchiali il tortolino, ha offerto la straordinaria visione dell’aquila reale (Aquilae chrysaetos) la cui presenza è ormai accertata nel Matese, la visione di albanelle e del falco pecchiaiolo in migrazione.
Non solo occasioni di rara bellezza e di inevitabile stupore alla vista, ma importante occasione di studio che consente al mondo scientifico di aggiornare lo stato di vita del Pianeta, dei suoi abitanti e delle abitudini di essi; ma anche per verificare le favorevoli condizioni di vita delle specie e il loro mutare a seconda dell’antropizzazione o meno dei luoghi con conseguenze – per gli animali – di nuovi spostamenti o adattamenti. Il cerchio della vita include tutti: il Matese fa la sua parte e ancora potrebbe farne. I monitoraggi appena effettuati confermano che il luogo, unito alla professionalità di esperti e ricercatori e magari anche a politiche di sviluppo aperte alla conoscenza e alla scienza, direbbero fuori dai confini locali il primato di un territorio sano, capace di suscitare sapere e garantire ogni tutela alla biodiversità presente (uomini e animali).
Matese. Cosa desideriamo veramente? Scelte coraggiose per compiere un passo avanti occorrono da parte degli enti preposti. Solo la sinergia e la volontà di Comuni, Parco Regionale del Matese, Comunità Montane garantirebbero il salto di qualità come testimoniano esempi virtuosi nel resto d’Italia.
A tal proposito torna utile conoscere come in Abruzzo venga studiata questa specie di avvoltoi molti dei quali sono stati dotati di sistema GPS per seguirne gli spostamenti, i comportamenti e controllare attraverso di essi i territori: risulta in questo modo facile capire del tipo di carcasse di cui si cibano i grifoni (questa specie non caccia prede vive) e verificare la presenza o meno di esche avvelenate in modo da ridurre al minimo il rischio anche per aquile, lupi, orsi e altri volatili. Dalla vita dei grifoni dipende così il benessere dei territori perché ripulendo le montagne (e talvolta i centri abitati) dalle carcasse impediscono la diffusione di malattie infettive trasmissibili per contatto diretto o indiretto, e possono condurre Carabinieri forestali ed esperti su carcasse-prede tante volte vittime di illeciti da parte dell’uomo.