Giovanna Corsale – “Memoria” è una parola che vediamo protagonista di riflessioni e dibattiti, studi e approfondimenti relativi ad eventi o personaggi che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia umana. Tuttavia, dietro la scorza morfologica e oltre la componente fonetica si trova il nucleo valoriale di un termine, spesso abusato, che ci chiama invece ad un’analisi più profonda del suo significato: fare memoria di un avvenimento o di un personaggio, distintosi per meriti specifici, non può né deve essere solo un’occasione celebrativa, ma motivo per fare luce sulla sua essenza etica e spirituale. “Rinnovare la memoria è un segno di civiltà”: Stefano Giaquinto, primo cittadino di Caiazzo, ricorre a queste parole concise nel riferirsi alle stragi accadute nell’ottobre del 1943, di cui furono vittime persone innocenti. “Il mese di ottobre del 1943 segnò la nostra città per l’elevato prezzo che pagò in termini di vite umane nella guerra contro il Nazifascismo“.
Esistenze andate in fumo a causa dei colpi di un odio efferato e la cui memoria è un dovere morale da parte di chi vive un presente condizionato da quei sacrifici in maniera strutturale. “Il 3 ottobre moriva sotto i colpi di mitra tedeschi Angelo De Masi, il quale fu la prima delle innumerevoli vittime civili che si contano soltanto in questo mese“, prosegue Giaquinto, evento che anticipa “il momento più drammatico di quell’ottobre” ossia la strage consumatasi in località Monte Carmignano, nella frazione di San Giovanni e Paolo, la sera del 13 ottobre del ’43, quando il giovane sottotenente Wolfgang Lehnigk-Emden del commando nazista Wehrmacht 22 persone civili – uomini, donne e bambini – vennero fucilate.